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Giacomo Casanova scrisse parecchio, ma non ottenne mai riscontro nel pubblico. Il successo non arrivò mai, se si escludono le due opere autobiografiche: l’Histoire de ma vie, il cui esito positivo fu molto posteriore alla sua morte, e l’'Historia della mia fuga dai Piombi, pubblicato in  varie edizioni, sia in italiano che in francese, la cui affermazione, però, fu di limitate proporzioni.
Eppure se Casanova avesse puntato sull’autobiografismo, il successo non sarebbe mancato. Il principe Charles Joseph de Ligne, un memorialista suo contemporaneo, scrive che Casanova durante le discussioni salottiere, tanto più era brillante e coinvolgente nella narrazione della sua vita, quanto verboso e insignificante quando parlava su altri temi, da risultare del tutto noioso.
Purtroppo, tale genere fu scoperto in ritardo, nel 1787 per la fuga dai Piombi, o alla fine della sua vita, come per l’ Histoir.

Come in un libro moderno di gossip, nelle Memorie si parla di tutti e di…” tutto”. La buona società è narrata senza timore di rivelare circostanze, inclinazioni, attività e soprattutto confessioni assolutamente irriferibili. Si parla assolutamente di tutti, compresi i protagonisti principali della storia europea del XVIII secolo.

Un altro grande ostacolo era l’effettiva "immoralità" dell'opera di Casanova.
Abbiamo detto come la sua opera, e in particolare la sua autobiografia, fu ignorata per parecchio tempo e non a caso. Nel 1821, fu ristampata l’edizione francese, dall’editore Heinrich Brockhaus di Lipsia, ma rimaneggiata da Jean Laforgue. Questo non solo censurò tutto quello che poteva essere censurato, ma, addirittura, la modificò tanto da far divenire la figura del Casanova un giacobino contrario alla classe dominante (quando, invece, il veneziano era sostenitore dell’ ancien régime). Quello che veramente era successo è che la redazione originale era… impubblicabile. L’autore era stato così schietto nella narrazione, così reale, da scontrarsi con il bigottismo e il perbenismo del secolo successivo. E’ ovvio che la ristampa di Lipsia non ottenne nessun seguito. Solo molto dopo poteva arrivare il successo.
Quando la casa Brockhaus (dal 1960 al 1962 in sei volumi), con l’editore Plon di Parigi, pubblicò il testo originale (curato da Angelika Hübscher), quello che era stato definito cinismo nel racconto, fu invece considerato assoluta modernità. Egli risulta oggi uno scrittore di costume "moderno".
Casanova era un precursore dei nostri tempi, ed egli se ne rende conto nella lettera a Zuan Carlo Grimani, dove scrive:
… questa Storia, che verrà diffusa fino a sei volumi in ottavo e che sarà forse tradotta in tutte le lingue… ma … perché io possa porla nei codicilli che formeranno il settimo volume postumo della Storia della mia vita.”

In Italia ci si avvicinò all’opera del Casanova già a partire del 1911 con Salvatore di Giacomo che curò la prima edizione italiana della Historia della mia fuga dai Piombi, che studiò anche i diversi soggiorni napoletani del veneziano, su cui compose un saggio. Successivamente seguirono Benedetto Croce e molti altri fino a Piero Chiara.
Ma di chi non si parla è dell’esercito di ricercatori che da anni scoprono testimonianze e lettere autografe. Nell'Archivio di Stato di Praga sono stati ritrovati circa 10.000 documenti da vagliare. D’altra parte la grafomania di Giacomo Casanova è tale da aver inondato mezza Europa di lettere e scritti da ricercare negli archivi di famiglia di chi, allora, li ricevette.
Su Casanova, con il tempo, ne sapremo di più.

   
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