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Gli illuministi del XVIII secolo, nella loro visione razionalistica, avevano sempre sostenuto che gli uomini, sorretti dalla ragione, potevano cambiare la Storia e costruire un futuro meno ingiusto e cupo. Ma, all’entusiasmo dei primi momenti  sulla rivoluzione francese del 1789, seguì la delusione più totale di fronte al periodo del Terrore che ne seguì. La stessa figura di Napoleone, a tutti gli effetti un tiranno, e le successive guerre, che avrebbero dovuto portare la libertà e l’unità europea, in realtà ebbero come frutto la ribellione popolare, legata ancora ad un forte senso nazionalistico. Lo stesso Vittorio Alfieri, prima entusiasta della rivoluzione in Francia, modifica il proprio giudizio in negativo, che diviene, nel periodo napoleonico, vera opposizione politica (nel periodo della conquista italiana da parte di Napoleone, l’Alfieri dovette nascondersi per non essere arrestato).
L’insuccesso delle teorie illuministiche di fronte alla realtà storica, dove l’uomo era tutt’altro che capace di modellare il proprio futuro in maniera razionale, porta alla nascita di una visione romantica della Storia. Questa non è guidata dagli uomini ma dalla volontà di Dio, e, quindi, solo la Provvidenza Divina, può realmente perseguire e raggiungere i risultati impossibili alla volontà umana.
Da questa teoria nascono due tipologie di pensiero: una reazionaria e una definibile liberale.
La teoria reazionaria sostiene che l’intervento divino, in una specie di Apocalisse, dove Napoleone è l’Anticristo, porrà fine alla storia scellerata e falsamente costruttiva. Gli esseri umani potranno e dovranno rivolgersi ancora al passato, riportando in auge le posizioni precedenti , realmente buone e positive. Insomma, si realizza la Restaurazione. Questa mistica teocratica e la necessità di un ritorno al passato è sostenuta da François-René de Chateaubriand nel suo Génie du christianisme (Genio del Cristianesimo)e, soprattutto, da Joseph De Maistre nel trattato Du pape (Il papa)  del 1819. Quest’ultimo arriva a sostenere la necessità del ritorno al periodo medievale, quando monarchia e religione erano erano inscindibili come due facce della stessa medaglia, cancellando secoli di liberalismo e di razionalismo.
Nella teoria liberale si cerca di mantenere una visione ottimistica dell’evoluzione storica. Dio non condanna l’uomo e i suoi sviluppi storici e non vuole farli espiare. Anzi, la Provvidenza divina, che vuole il bene degli uomini, accompagna la nostra volontà nel percorso storico da noi creato. Questa visione di un nuovo Cristianesimo progressivo viene esposta negli scritti di Saint Simon e di Lamennais, che vede nel cattolicesimo una energia rigeneratrice della società. Questa concezione della Provvidenza Divina è alla base degli scritti di Alessandro Manzoni, del pensiero politico neoguelfo di Vincenzo Gioberti e in quello stesso di Giuseppe Mazzini.
Al di là della definizione della religiosità mazziniana come "religione civile", il Mazzini dava grande importanza alla religione e all’opera di Dio, ma non come semplice causa-effetto. La Provvidenza era vista da lui come una forza che, comunque, avrebbe portato alla realizzazione di una nuova società e che l’uomo aveva “il dovere” di divenire uno strumento di Dio. L’uomo doveva: “…riconoscere ed accettare la missione che uomini e popoli ricevono da Dio (…) e mettere al centro della propria vita il dovere senza speranza di premio senza calcoli di utilità”. Ecco perché nella vita di Mazzini nessuna sconfitta o avversità lo portò a desistere e arrendersi. Di fronte alla serie di totali fallimenti, unico raccolto della sua vita politica, egli continuò a rilanciare per raggiungere il suo obiettivo, la sua missione:  Costituire (...) l'Italia in Nazione Una, Indipendente, Libera, Repubblicana”.
(G. Mazzini, Istruzione generale per gli affratellati nella Giovine Italia)



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