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L’esperienza della prima guerra d’indipendenza di Carlo Alberto aveva dimostrato come il teatro italiano fosse d’interesse europeo. Erano intervenute tutte le potenze straniere contro il desiderio di libertà, unità ed indipendenza. Nel 1852, Camillo Benso conte di Cavour divenne presidente del Consiglio del Regno di Sardegna. Tenendo ben presente lo scopo finale, cominciò ad intessere una serie di alleanze con le potenze progressiste di Francia ed Inghilterra. Nel 1855 inviò un corpo di bersaglieri nella Guerra di Crimea, al fianco di Francia, Gran Bretagna e Turchia. Nel 1856, partecipò, quindi, alle trattative del Congresso di Parigi. Il suo obiettivo era Napoleone III e il suo appoggio nelle questioni italiane. Tant’è che le sue relazioni politiche portarono agli  Accordi di Plombières del luglio del 1858. Questo trattato segreto prevedeva l’intervento francese in caso di aggressione dell’Impero Austroungarico nei confronti del regno piemontese. Nel caso di annessione da parte del Regno di Sardegna di Milano, Venezia e Bologna, si stabilì la cessione alla Francia della Savoia e di Nizza.
Ora bisognava innervosire l’Austria, tanto da farle fare il primo passo in una nuova guerra. Smaccatamente iniziò una politica di riarmo, cosa vietata dal trattato di pace del 6 agosto 1849. Fu richiamato dall’America Garibaldi, allo scopo di formare un corpo di volontari (i Cacciatori delle Alpi), provenienti, soprattutto, dal Lombardo-Veneto, area governata dagli austriaci. Irritati da un simile comportamento e all’oscuro del trattato di Plombières, gli austriaci pensarono di replicare la facile vittoria del generale Radetzky a Novara del 1849. Fu dichiarata guerra al Regno di Sardegna, Il 26 aprile del 1859. Stavolta, però, i piemontesi non erano soli: costretto dagli accordi, Napoleone III doveva intervenire per la loro difesa. Cavour aveva costruito politicamente negli anni proprio ciò che era necessario.
L’avanzata in territorio piemontese degli Austriaci, al comando del generale Gyulai, fu facile e veloce. Passato il Ticino nei pressi di Pavia, il 29 aprile, l’esercito conquistò Novara il 30, Mortara e, più a nord, Gozzano, Vercelli il 2 maggio e Biella il 7.  Arrivarono fino a 50 km da Torino. L’esercito piemontese aspettava a sud nella zona fra Alessandria, Valenza e Casale. A questo punto arrivò al generale Gyulai un dispaccio da Vienna, che gli ordinava di ritirarsi verso la Lombardia, attestandosi sul Mincio, dove, 11 anni prima, gli Austriaci avevano fermato l'avanzata piemontese. L’intervento francese al fianco dei piemontesi aveva, ovviamente, spiazzato e confuso Vienna. L’errore fu che, così facendo, permisero il congiungimento dei due eserciti.
Partito il 10 maggio da Parigi, sbarcato il 12 a Genova, Napoleone III, giunto ad Alessandria il 14 maggio, prese il comando dell’esercito franco-piemontese.
Il generale austriaco si scontrò a Montebello (20-21 maggio) per la prima volta, con il generale francese Forey e, in questa occasione, col colonnello Morelli di Popolo della cavalleria sarda. i generali piemontesi Enrico Cialdini e Giacomo Durando e il colonnello de Chabron, con i suoi zuavi, ottennero una fulgida vittoria nella Battaglia di Palestro. Il 2 giugno i francesi superarono il Ticino (agli ordini dei generali Patrice de Mac-Mahon e d'Angely) e negli scontri di Turbigo e Magenta ebbero la meglio sugli austriaci. A capo dell'unico reparto sardo vi fu il generale Fanti. Continuando una lenta ritirata, gli Austriaci smobilitarono Milano, dove il 7 giugno entrava il generale Mac-Mahon con le sue truppe. Il giorno successivo vi fu  l'ingresso trionfale, acclamati dai cittadini, di Napoleone III e di Vittorio Emanuele II, che varcando l'arco della Pace giunsero alla piazza d'armi (oggi Parco Sempione), dove si trovava schierata la Guardia imperiale. Il consiglio comunale di Milano, il 9 giugno, ribadì il risultato del Plebiscito del 1848, che prevedeva l’annessione della Lombardia al Regno Sardo.

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