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Nell’attesa della ripresa delle ostilità, molti patrioti democratici si misero all’opera a Firenze e a Roma.
A Firenze il Granduca Leopoldo II, malgrado la sua volontà, si era piegato alla politica della causa nazionale. Il 27 ottobre del 1848 assegnò l'incarico al democratico Montanelli di formare il nuovo governo. Questi sviluppò una politica volta all’unione con gli altri stati italiani.
Intanto a Roma con l’uccisione di Pellegrino Rossi, prese il governo il partito democratico. Vista la situazione, Pio IX fuggì da Roma (il 15 novembre) per rifugiarsi a Gaeta (il 24 novembre). A sua volta Leopoldo II lasciò Firenze (il 30 gennaio) e raggiunse il papa nella fortezza di Gaeta (il 21 febbraio del 1849).

Intanto a Roma, formato un governo temporaneo, si indirono nuove elezioni da tenersi il 21 e il 22 gennaio del 1849. Il 12 dicembre giungeva a Roma Garibaldi, con un corpo di volontari. Il nuovo parlamento, il 9 febbraio, approvò il decreto fondamentale per la  proclamazione della Repubblica Romana.
L’Italia ribolliva di rivolte e guerre. Carlo Alberto, il 20 marzo, ruppe gli indugi e passò all’attacco contro gli Austriaci. Ma la fortuna non era con lui: il 22-23 marzo a Novara, l’esercito piemontese subì una pesante disfatta. Fu stipulato subito l’armistizio di Vignale, a cui seguì la pace di Milano del 6 agosto 1849. Carlo Alberto, sconfitto, abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II, che si trovò la pesante eredità di una politica interna confusa e caotica.
Le successive rivolte a Milano, Como e Brescia, furono sedate dal generale Radetzky  nel sangue.

A Gaeta Pio IX e Leopoldo II, intanto, spodestati, chiesero la protezione e l’intervento delle potenze europee. il 24 aprile a Civitavecchia sbarcarono truppe francesi, inviate da Luigi Napoleone, e sotto il comando del generale Oudinot. Questi cercò di entrare a Roma, ma fu bloccato e respinto dai repubblicani romani, il 30 aprile. Il generale si ritirò a Civitavecchia, chiedendo l’invio di nuovi rinforzi dalla Francia. Intanto anche l’esercito austriaco si mosse verso la Toscana, l’Emilia e le  Marche. Nel frattempo truppe borboniche avanzarono da sud verso la città eterna, che, però, vennero fermate a Palestrina, il 9 maggio, da un corpo di repubblicani romani comandato da Giuseppe Garibaldi. L’armata austriaca, guidata dal generale d'Aspre, prese Livorno l'11 maggio, e Firenze il 25 maggio, mentre una seconda armata, assediò ed espugnò Bologna il 15 maggio. Un corpo di spedizione spagnolo giunse a Gaeta alla fine di maggio: senza grandi combattimenti si appropriò della zona umbra.
Resistevano ai soldati stranieri, ormai, solo Roma, Venezia ed Ancona, che si era legata alla difesa della Repubblica Romana. Gli Austroungarici misero sotto assedio la città marchigiana. Dalle Marche, dalla Lombardia, da Roma, migliaia di patrioti accorsero in difesa della città. Lo strapotere austriaco (5000 uomini contro 50.000 austriaci) non lasciavano dubbi sul vincitore finale, ma ciò che contava per gli italiani era la chiarezza dei loro ideali di libertà ed indipendenza. Anche Ancona alla fine capitolò, il 21 giugno, dopo 26 giorni di furiosi scontri. Gli Austriaci concessero l'onore delle armi ai loro avversari, e fucilarono Antonio Elia, amico di Garibaldi e capo dei difensori (Ancona venne premiata, nel 1899, con una medaglia d'oro al valor militare, per la strenue difesa opposta agli austriaci).

Luigi Buonaparte, per salvare l’onore della Francia, dopo la sconfitta subita il 30 aprile, decise di concludere il capitolo Repubblica Romana. Oltre 30.000 soldati francesi, armati di tutto punto, raggiunsero Civitavecchia. Stavolta il generale Oudinot credeva di piegare la volontà degli insorti con grande facilità e il 1º giugno, rinnegando un trattato firmato nel frattempo dal generale Lesseps, riprese le ostilità. All'alba del 3 giugno, Roma circondata, fu messa sotto assedio. La tenacia dei romani respinse ripetutamente gli assalti francesi, che ebbero ragione dei difensori solo un mese dopo, il 2 luglio. Garibaldi, insieme a 4.700 volontari, lo stesso giorno, lasciò Roma diretto verso nord, nel tentativo di raggiungere Venezia, ancora libera. Inseguito dal d'Aspre, fu raggiunto nei pressi di Comacchio e anche questo tentativo fallì. Miracolosamente Garibaldi riuscì a sfuggire e, passando per la Liguria, raggiunse, nel 1850, New York, dove fu ospitato da Antonio Meucci, l’inventore italiano
La città di Venezia era rimasta l’ultima a non arrendersi. Vari furono i tentativi di penetrare nella città lagunare da parte del generale Radetzky. Alla fine, non trovando accessi, si limitò a bombardarla. Dopo una prima richiesta di capitolazione, rifiutata dai veneziani, una seconda ottenne l’effetto sperato. Venezia, dopo lunghissima resistenza, stremata, affamata e decimata da un’improvvisa epidemia di colera, il 23 agosto del 1849, sottoscrisse la resa.


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