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Biografia
Nato a Napoli il 27 ottobre 1840, poco vi rimase, perché il padre, fervido liberale, andò in esilio portando con sé la famiglia. Visse a Nizza e poi Torino. Vittorio Imbriani seguì a Zurigo, nel 1858,  i corsi di Francesco de Sanctis sul Petrarca e la letteratura cavalleresca. Completò gli studi di letteratura e filosofia a Berlino, dove apprese il pensiero di Hegel, che, affascinato, diede una forte caratterizzazione politica (di destra monarchica) al suo credo politico. La politica e la collaborazione intensissima con numerose riviste del tempo, furono le sue attività principali lungo il corso di tutta la sua vita.
Partecipò come volontario sia alla seconda (1860) che alla terza guerra d’indipendenza (1866). In quest’ultima prese parte, tra i garibaldini, alla battaglia di Bezzecca, dove fu catturato dagli Austriaci e deportato (per breve tempo) in Croazia.
Tornato nella città natale (1861), Napoli, a parte brevi periodi di soggiorno a Firenze (1867- 1870) e Roma (1871), vi rimase per l’intera vita. Nella città partenopea, fondò con Bertrando Spaventa e Francesco Fiorentino il «Giornale napoletano di filosofia e lettere» (1872), d’ispirazione nettamente hegeliana.
Nel 1877, a causa di un concorso per la cattedra di letteratura italiana dell’Università di Napoli, entrò in polemica con Giosuè Carducci (che faceva parte della commissione esaminatrice) sospettando motivi politici alla base della bocciatura. Fece ricorso al re per cambiarne il giudizio. Solo molti anni dopo, nel 1884, gli fu fatta giustizia con l’assegnazione della contesa cattedra di letteratura italiana. Purtroppo, nel 1880, Imbriani aveva contratto la tabe dorsale, che progressivamente lo portò ad una paralisi completa. Non tenne mai la prima lezione: il primo gennaio del 1886 Vittorio Imbriani morì a Napoli.

     L’opera
Vittorio Imbriani nella sua opera realizzò scritti di carattere letterario, critico e politico.
In critica egli sosteneva l’approfondito studio del passato per integrare un presente, post Unitario, da lui giudicato alquanto deludente. I suoi studi sulla lingua italiana, la cui ricchezza era , a suo parere, legata ai contributi dei diversi dialetti d’Italia, lo portarono ad attenti studi sulla tradizione orale popolare. Ecco allora l’interesse verso fiabe, canti e novelle. Diverse furono le pubblicazioni sul genere tra il 1871 e il 1877, quali: La novellaja fiorentina, ripubblicata unitamente alla La novellaja milanese, i Canti popolari delle provincie meridionali e i XII conti pomiglianesi.
Sul tema della lingua come fatto sociale, sempre contrapposto alle tendenze a lui contemporanee, Imbriani scrive gli Appunti critici (Napoli, 1878), e gli studi rivolti verso gli autori del Cinquecento e del Seicento del meridione. Egli riscopre e riporta all’attenzione, ad esempio, autori quali Giovan Battista Basile, nel saggio Il gran Basile: studio biografico e bibliografico (Napoli, 1875). Sempr