I maggiori teorici del Verismo furono Luigi
Capuana (1839-1915) e Giovanni Verga (1840-1922). Essi
condividevano con gli altri scrittori del movimento di trovarsi
a Milano. Nella città lombarda le teorie politiche ed
ideologiche, oltre che letterarie, del Naturalismo francese
avevano trovato grande diffusione. La città italiana era, in
quel periodo, la più vicina
all’Europa
industrializzata (e quindi alla Francia) sia nello sviluppo
economico che in quello sociale, era il terreno di coltura
intellettuale idoneo ad accogliere una teoria come quella
naturalista, propria dei tempi moderni. La corrente francese
d’origine positivista e realista, credeva che con il progresso
scientifico l’umanità si sarebbe liberata dalla povertà e dalle
ingiustizie. Grande risonanza a Milano ebbe proprio lo scrittore
francese Émile Zola, che faceva della denuncia sociale la
motivazione prima della sua opera letteraria. Romanziere
“scienziato” , egli combatteva contro i mali della società
borghese industrializzata, confidando nel progresso per il
miglioramento delle condizioni dell’umanità. Nasce con il
Naturalismo il romanzo sperimentale. Lo scrittore si considera
un intellettuale scienziato, che nella sua opera interviene
sulla società contemporanea. Al centro della sua analisi
scientifica, quasi una vera e propria dissezione, egli studia da
una parte l’animo umano, con la sua psiche, variegata di
debolezze e grandezze, e dall’altra l’ambiente dove si nasce e
si cresce,
sviluppando il carattere e la personalità. Individuata la
“malattia” si può intervenire sugli individui e sugli ambienti ,
estirpando il male e migliorando la società. Quella letteraria è
un’opera d’analisi, con un preciso impegno sociale e politico,
che può intervenire sulle scienze politiche, sociali ed
economiche, migliorando l’intera società.
Prendendo le
mosse dal pensiero positivista, il Naturalismo francese,
adottando il punto di vista proprio dello scienziato, distaccato
dall’oggetto scientifico, descrive oggettivamente le situazioni
e i personaggi, ma non vietandosi la possibilità del commento,
con giudizi a volte espliciti che impliciti. La narrazione è
quella di un borghese colto, in una società abbastanza
sviluppata. La realtà descritta dai veristi è tutt’altra: i
toni e i caratteri regionalistici, in un’Italia segnata dal
ritardo dell'industrializzazione, soprattutto nelle aree
meridionali, descrive, in pratica, la questione contadina,
inquadrata in una situazione economica di forte arretratezza.
Il Verismo nasce negli anni settanta del XIX secolo in
un’Italia da poco unificata, caratterizzata da problematiche
importanti, come la questione sociale incentrata sui rapporti
fra patronato e masse lavoratrici, il diverso sviluppo
economico, le caratteristiche e le tradizioni stesse tipiche di
realtà regionali differenti e, fino ad allora, separate da stati
e governi autonomi. Disinnescando il pericolo di scontri
sociali, il Verismo svolge il compito importante di far
conoscere gli italiani fra di loro, con le loro differenze, ma,
anche, con i loro problemi comuni. E in questo tentativo, con le
loro teorie letterarie, riuscirono a innovare il metodo
narrativo stesso e l’arte dello scrivere, in generale.
Il movimento italiano, pur essendo considerato di tipo
naturalista, se ne distacca nettamente nella metodologia
del narrare. In primis il "Principio
dell'Impersonalità", che, come abbiamo visto, risulta
addirittura opposto nei due tipi letterari. Se i francesi
risultano spregiudicati e chiari nel pensiero sul soggetto
narrato, gli italiani, quasi una cinepresa, descrivono
crudamente e apparentemente freddi le loro storie, dove il
giudizio, tutto implicito, fatalmente appare al lettore, in
un’evidenza tutt’altro che impersonale. Purtroppo, se i
francesi, operando con la scrittura, sono ottimisti verso la
possibilità di un cambiamento, con lo sviluppo degli eventi si
può raggiungere la felicità; i
veristi hanno una visione, come detto, pessimista. Essi non
hanno speranza alcuna di cambiare la classe sociale descritta, o
di un riscatto delle classi popolari: la loro visione è dolorosa
e, spesso, drammatica. Inoltre, se i naturalisti rivolgono la
loro attenzione verso le grandi città industrializzate, e,
quindi, verso operai ed inurbati, i veristi
preferiscono narrare di miseri paesi e delle campagne: i
loro eroi sono contadini, pescatori e piccoli artigiani.
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