Biografia.
Il grande scrittore, Federico De Roberto,
ritenuto siciliano, nacque, in realtà, a Napoli, il
16 gennaio del
1861. Ma questo è un dettaglio, perché la famiglia si
trasferì nella città di Catania quando lui era in giovanissima
età (a Catania era nata la madre: la nobildonna Marianna Asmundo).
L’amatissimo padre, Federico senior, ex ufficiale di
stato maggiore del
Regno
borbonico delle Due Sicilie, presto morì, investito da un treno
nella stazione di Piacenza. De Roberto visse
principalmente in Sicilia con la madre, a parte due brevi
periodi, uno milanese (il più importante) e uno romano.
Avviato verso studi di tipo scientifico, presso l’università di
Catania, ben presto manifestò un grande interesse verso la
letteratura classica e le lettere in generale. Nel
1881 pubblicò
il suo primo testo: il saggio Giosuè Carducci e Mario
Rapisardi. Polemica.
Ma la sua attività principale, che gli permise di farsi
conoscere, fu quella di consulente editoriale, di critico
e giornalista. Infatti, scrisse e poi diresse dal 1881 al 1882
per la rivista "Il Don Chisciotte", catanese, e dal 1882 al 1883
intraprese la collaborazione con "Il Fanfulla della domenica",
giornale romano, scrivendo sotto lo
pseudonimo
di Hamlet. In questo arco di tempo il giornale era
diretto da Luigi Capuana, che ebbe, quindi, modo di conoscere,
unitamente a Giovanni Verga. Dopo il 1884, sempre per "Il
Fanfulla della domenica", iniziò a pubblicare col suo vero nome,
e questo fino al
1900.
Con l'Editore Giannotta, catanese (che aveva editato il testo su
Carducci), avviò la collana di narrativa dei "Semprevivi".
Sempre nel 1883 De Roberto raccolse tutti i suoi scritti di
arte e
letteratura in un volume dal titolo "Arabeschi".
Fondamentale per la sua opera di scrittore fu il risiedere a
Milano dal 1888. Qui ebbe modo di approfondire la sua amicizia
con Capuana e Verga, ed ebbe modo di conoscere autori della
Scapigliatura e del Verismo. Nel suo periodo milanese, oltre a
collaborare con il
Corriere della
Sera,
scrisse e pubblicò diverse raccolte di novelle e romanzi. E’ in
questo periodo che dà alla luce quello che è ritenuto il suo
capolavoro: I Viceré (del 1894). Ma, come è
capitato a molti scrittori, la sua opera non viene subito capita
e apprezzata. E’ un chiaro insuccesso, che amareggiò De Roberto
nella sua restante vita. Nel
1897
ritornò a Catania, dove rimase chiuso nel suo lavoro di
bibliotecario (a parte qualche breve viaggio). Terminata la sua
opera narrativa, sviluppò quella critica e pubblicistica. Tra i
suoi studi quelli su
Giacomo
Leopardi e soprattutto sul Verga, tanto che, alla morte
di questo (il 24 gennaio 1922), il De Roberto riordinò e
catalogò con molta passione e perfezione le opere di quello che
egli considerava il suo maestro. Iniziò, anche, uno studio
biografico e critico molto attento, che, però, non potè portare
a termine: morì, prematuramente, a Catania,
il 26 luglio 1927.
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