Remigio Zena (pseudonimo di Gaspare Invrea)
nasce nel 1850 a Torino da famiglia aristocratica. Come dovuto
seguì un regolare corso di studi di carattere tradizionalista e
religioso. Nel 1867 lo troviamo a Roma, dove si arruolò tra gli
Zuavi papalini per la difesa della città. Dopo la breccia di
Porta Pia nel 1870, rimase a Roma dove si laureò in
giurisprudenza. La sua carriera principale, quella di avvocato,
lo portò a significative posizioni all’interno della
magistratura militare. La sua attività di scrittore si
sviluppa tra la scapigliatura e il verismo, in ambito, quindi,
naturalista. Ha composto racconti ("Le anime semplici" del 1889)
e composizioni poetiche, con intonazioni religiose e
moraleggianti, ma vivaci e ricche di ironia, di vago sapore
scapigliato ("Poesie grigie" del 1880, "Le Pellegrine" del 1894
e "Olympia" del 1905). Nel suo primo romanzo, tuttavia, del
1892, "La bocca del lupo", la sua ispirazione si rifà ai
capolavori verghiani, soprattutto nell’utilizzo della narrazione
impersonale di sapore verista, anche se il libro va oltre, in
quanto la sua forza poetica sfocia in un testo ricco di umanità
e pieno della sua sottile ironia. L’ambientazione e i personaggi
sono quelli dei vicoli portuali, dove si muove un’umanità
dolorante, varia e composita.
Il suo secondo romanzo, "L'apostolo", del 1901, è, invece,
ambientato a Roma (quella di Leone XIII), narra di un giovane
inquieto, aristocratico, che, a causa delle sue convinzioni, si
scontra con le regole e i dogmi delle gerarchie ecclesiastiche.
Lo stile cambia (come erano cambiati i tempi), acquisendo un
carattere psicologico chiuso e morboso. Malato agli occhi,
trascorse gli ultimi anni ritirato e distaccato dalla società.
Morì a Genova nel 1917. Di lui Eugenio Montale ha scritto:
«Nessuno capì così bene i poveri, i diseredati, come lo Zena;
nessuno li lasciò ragionare con tanta indulgenza, con tanta
pietà superiore e nascostamente sorridente».
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