In genere il Naturalismo, il Verismo e il Realismo, movimenti
della seconda metà del secolo XIX,
tendono a confondersi tra loro, anche se possiedono
elementi propri di caratterizzazione e quindi di
differenziazione. Il Simbolismo, movimento artistico
sviluppatosi parallelamente in Francia a quelli citati, si pose
all’antitesi di questi. Se i primi s’incentravano sulla
riscoperta della realtà, locale e popolare,
ricchi di contenuti e di intenti civili, sociali e
morali, il Simbolismo persegue il distacco totale da ciò, alla
ricerca della suggestione essenziale delle parole e dei simboli
incontaminati, sviluppando il concetto di “poesia pura”. Alcuni
critici considerano, perciò, il Simbolismo come l’iniziatore
della poesia moderna. Si tende a fissare la nascita del
movimento nel 1886, in Francia,
quando Jean
Moreas,
poeta,
pubblicò sul Le Figarò
il manifesto del Simbolismo, anche se abbiamo opere simboliste
già prima di questa data. La scuola ebbe espressioni in
letteratura, ma anche nell’arte figurativa e nella musica.
Tra i primi adepti del movimento vi fu
Charles
Baudelaire, anche se il suo lavoro si mantenne sempre in una
posizione autonoma e personale. La sua poetica ispirò in seguito
l’opera di Paul Verlaine, Arthur Rimbaud e Stéphane Mallarmé.
La realtà apparente e materiale è considerata, da un simbolista,
fuorviante per un poeta (sfiduciando, quindi, la scienza, il suo
metodo e la sua realtà fisica), in quanto esso esprime una
realtà più profonda e misteriosa, in quanto inconscia. Egli,
attraverso l’intuizione, deve saper cogliere l’intima essenza
delle cose, le più varie emozioni e stati d’animo, ma anche
saper comunicare impressioni, anche se incerte e indefinite. Le
profondità dell’animo umano non possono essere spiegate ma
intuite dal poeta, che, se anche non può spiegare i desideri
dell’inconscio o i sogni di un uomo, attraverso la
metafora,
l’analogia e la sinestesia (figure retoriche), trattando
delle proprie emozioni, penetra le simmetrie e i misteriosi
legami esistenti tra le cose. Per i simbolisti la poesia è
musica, cioè accordi musicali lievi, immagini e concetti sfumati
e l’uso di parole non descrittive (perché non potrebbero
esserlo) ma evocatrici e magiche.
Nasce la figura del “poeta maledetto”. La sua incarnazione per
eccellenza è
Arthur Rimbaud.
Egli teorizza la filosofia del poeta veggente: questo, ai
margini della società, conduce una vita disordinata ed estrema e
in questo caos penetra in una realtà profonda ed ignota, propria
dell’inconscio umano. Per descrivere queste sensazioni di
frontiera ha bisogno di
forme nuove
d’espressione, di una lingua nuova, quella, appunto, del
simbolismo.
Se non si può immaginare
una società senza simboli, in quanto questi relazionano l’umano
con il sovraumano, non
si può ne limitarne i significati, ne attribuirgli un rapporto
diretto con un significato specifico. Il simbolo, di per se,
non significa. Questo, infatti, è polivalente, possedendo
una molteplicità di sensi e riferimenti, che non si escludono
affatto tra di loro, ma si sovrappongono in una sintesi totale.
Il linguaggio simbolico, pur se criptico, è, quindi, molto più
ampio del linguaggio comune e per questo necessario in ogni
forma di didattica.
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