Saline joniche: errori del passato e prospettive future

PIERO MINEI

Sin dall’antichità lo Stretto di Messina è considerato un punto geografico strategico per il transito marittimo dal Mar Jonio al Mar Tirreno. Per tali ragioni, il controllo di quest’area riveste notevole importanza militare ed economica tale da attirare da sempre l’attenzione delle grandi potenze. Ogni anno vi transitano mediamente circa 200.000 navi sia mercantili che militari. In questi ultimi anni il trasporto marittimo ha assunto un ruolo determinante per lo sviluppo economico delle nazioni, soprattutto per quei paesi che, come l’Italia, hanno diretto accesso al mare. Tra i nuovi fenomeni commerciali, infatti, si sente parlare sempre più spesso della “nuova via della seta” e, secondo le previsioni del Global Marine Trends, nei prossimi 20 anni il livello di traffico marittimo mondiale si triplicherà al punto che anche l’area dello Stretto dovrà necessariamente prepararsi a sostenerne gli sviluppi. Gli ecosistemi molto complessi come quelli presenti nel Mediterraneo, potrebbero esserne seriamente minacciati ed il pericolo derivante da un evento negativo non dovrebbe essere in alcun modo minimizzato da parte dei governi. Un possibile incidente marittimo, inoltre, metterebbe in pericolo la vita ed il benessere di centinaia di migliaia di persone che vivono sia sulle coste dello Stretto di Messina, sia in altre aree ad alta tensione abitativa. Le nuove esigenze del mercato globale richiedono navi di tonnellaggio sempre maggiore con capacità di trasporto fino a 10.000 containers. Inevitabilmente, le tradizionali logiche di trasporto marittimo stanno cambiando velocemente e richiedono sistemi portuali e supporti logistici sempre più innovativi ed efficaci. L’attività di sorveglianza e controllo che svolgono quotidianamente la Marina Militare e le altre Forze di Polizia, sono indispensabili per prevenire ed evitare ogni attività illecita, monitorare lo stato di salute del mare ed intervenire tempestivamente in caso di necessità. In particolar modo, la Marina Italiana è in possesso di sei Unità Navali – operative nei porti di Augusta, Messina e Cagliari – dotate di specifici sistemi per le attività di antinquinamento che, a causa delle sempre più esigue risorse economiche destinate al Comparto Difesa, risultano insufficienti per fronteggiare la rapida evoluzione degli scenari geopolitici, i cambi di regime che hanno interessato i paesi travolti dalla c.d. primavera araba e il conseguente fenomeno migratorio che usa il mare come via di fuga. Il rapido ed inaspettato susseguirsi di quest’ultimi eventi ha evidenziato ulteriormente la carenza di visione, mezzi e strutture idonee a gestire le innumerevoli problematiche che l’Italia deve sostenere in materia di sicurezza marittima e tutela dei propri interessi nazionali in mare, tra cui la salvaguardia dell’ambiente marino e costiero. Tale questione, infatti, rientra tra i principali obiettivi da perseguire sia per la valenza economica e sociale che il Mediterraneo riveste per il nostro paese, sia per lo stesso valore naturalistico ambientale. Oggi si assiste ad un impiego “multitasking” delle varie Unità Navali della Marina: le anzidette predette Unità Navali con capacità di antinquinamento vengono molto spesso impiegate in altre attività operative che, gioco forza, snaturano il vero ruolo per le quali sono state inizialmente concepite. Per sanare questa carenza di strategia e mezzi, sarebbe necessario intraprendere in tale materia una politica innovativa che preveda investimenti in innovazione, formazione, infrastrutture e strumentazione. Investire nella salvaguardia dell’ambiente potrebbe, inoltre, rappresentare per l’Italia un’occasione utile per rimediare agli errori commessi nel passato, troppo spesso legati alle logiche di malaffare nonché per ricucire lo strappo economico e sociale con alcuni territori dapprima illusi e poi per tanti anni abbandonati a sé stessi. Un esempio su tutti è quello di Saline Joniche, una frazione costiera del comune di Montebello Jonico (Reggio Calabria), collocata all’ingresso sud dello stretto di Messina, che presenta 700.000 metri quadri di mostruosità architettoniche e paesaggistiche che potrebbero essere convertite in una moderna infrastruttura portuale adatta ad ospitare unità navali e reparti operativi di pronto impiego in grado di garantire la massima risposta operativa e tecnica in caso di sinistri marittimi e calamità naturali. Tale aera, per via della sua strategica posizione geografica più facilmente e velocemente raggiungibile dalla base Navale di Taranto, rispetto a quelle della Marina Militare di Augusta e Messina, è collegata a livello ferroviario sia dal lato Jonico con Taranto e sia dal lato tirrenico con Reggio Calabria. Nel raggio di poche miglia può disporre degli Aeroporti di Catania e Reggio Calabria. Il vecchio porto ormai completamente distrutto ed abbandonato è tutt’ora provvisto di un capolinea ferroviario concepito al tempo per l’imbarco e lo sbarco di containers che sarebbero dovuti partire sia lato versante jonico e sia lato tirrenico. Geograficamente è un ottimo avamposto navale che consente di raggiungere in tempi più rapidi l’intera area dello Stretto ed altrettanto velocemente i quadranti sud est e sud ovest del Mediterraneo. A ciò si aggiunga che l’area portuale di Saline Joniche è direttamente accessibile anche dalla s.s. 106, a sua volta direttamente collegata con la nuova A2 Salerno-Reggio Calabria. L’area di Saline al momento, però, si presenta come una delle aree più sottosviluppate del mezzogiorno in cui il falso progresso ha sfregiato un territorio dal patrimonio naturalistico inestimabile, ferendo la dignità della popolazione locale.
Saline Joniche, nonostante il mezzo secolo di abbandono, si presenta ancora oggi come un territorio geograficamente strategico e dalle grandi potenzialità. La possibile creazione di una nuova e moderna base navale, intesa come grande polo attrattivo per l’insediamento di amministrazioni pubbliche ed imprese, in sinergia tra loro con l’obiettivo di attrarre capitali per la ricerca, la produzione e l’ esportazione di strategie e tecnologie legate alla tutela dell’ambiente marino e costiero, sottrarrebbe l’area di Saline Joniche all’annoso tentativo di trasformare il sito della ex Liquichimica, in centrale elettrica a carbone e contemporaneamente potrebbe rappresentare un nuovo capitolo per le opportunità di sviluppo economico e sociale dell’intera provincia di Reggio Calabria.
In conclusione, se è vero che i porti italiani sono i principali motori di sviluppo economico che oggi devono confrontarsi in un mercato internazionale altamente specializzato e competitivo, è altrettanto vero che Saline Joniche potrebbe avvantaggiarsi della mancanza di servizi e dell’urgente bisogno da parte dei principali porti commerciali di strumenti efficaci in materia di antinquinamento e prevenzione di disastri ambientali, anticipandone le soluzioni.

Piero Minei, Agronomo, è Analista e collaboratore di Vision & Global Trends, Dipendente civile del Ministero della Difesa, lavora a La Spezia presso l’Ufficio Ambiente dell’Arsenale Militare. Particolarmente attento alle tematiche Ambientali, Marittime ed Agronomiche.

 

L’ARTICOLO È PUBBLICATO NEL PRIMO NUMERO DI ESPERIENZE MEDITERRANEE