1/4 – Siamo tutti sotto una specie di incantesimo
2/4 – Ma è vero che, se non stai pagando, il prodotto sei tu?
3/4 – L’intelligenza artificiale sta già governando il mondo
4/4 – Come fai ad uscire da Matrix se non sai di essere in Matrix?

Ma è vero che, se non stai pagando, il prodotto sei tu? – 2/4

Google non è solo un motore di ricerca e Facebook non è una vetrina per vedere cosa fanno gli amici, con chi sono andati a cena e cosa hanno mangiato. In verità le società competono fra di loro per ottenere la risorsa più preziosa che tutti hanno disponibile: il tempo. – Quanti minuti avete trascorso quest’oggi su WhatsApp, Facebook, Twitter? Quanto avete conversato al telefono? Quante mail e massaggi avete inviato? Quante immagini avete salvato su Pinterest o Instagram? Quanti video avete caricato su Youtube? – Il tempo è una risorsa facilmente esauribile, perciò ognuno decide di dedicare il suo tempo a una o all’altra piattaforma. La lotta è concentrata sull’attenzione dell’utente. Per quanto tempo è possibile tenerlo incollato allo schermo? Quanto tempo si può trattenere una persona su di una determinata piattaforma? Si comprenderà, quindi, che quella serie di servizi che su Internet noi credevamo gratis, non lo sono affatto, perché sono pagati dagli inserzionisti, affinché le loro pubblicità siano mostrate all’utente quando utilizzano quella piattaforma. L’attenzione è dunque il prodotto venduto alle aziende. Una attenzione che tuttavia si modifica costantemente. Perciò, per essere più precisi, è il graduale e impercettibile cambiamento del comportamento e della percezione degli utenti ad essere il nuovo prodotto. Questa è l’unica cosa da cui le aziende oggi traggono profitto. Ecco perché occorre capire il modo in cui agisci, chi sei, come pensi. Possedere questi dati permette, dietro un compenso, di indirizzare una percentuale di persone nella direzione che le aziende vogliono. Questo vale moltissimo denaro.

Jaron Lanier evidenzia uno dei passaggi più sottili del documentario: «Il prodotto non siamo noi, ma la possibilità che le piattaforme hanno di cambiare il nostro comportamento». Perché? Semplice: il sogno delle aziende è avere la garanzia che se viene inserita la loro pubblicità questa avrà successo. Il vero affare è vendere certezza. Le previsioni hanno l’imperativo. Per questo motivo servono molti dati. Tale meccanismo è chiamato “capitalismo della sorveglianza”. Il nuovo modello imprenditoriale è che gli inserzionisti abbiano il maggiore successo possibile. Questo è un nuovo tipo di mercato mai esistito in passato.
Si comprenderà quindi che si sta commerciando il “futuro dell’essere umano”. Nel documentario si dice esplicitamente che così come si commercia il futuro riguardo alla pancetta o al petrolio (quanto se ne consumerà quest’anno?) ora si aprono mercati che commerciano il futuro dell’essere umano. Su larga scala. Per questo motivo tutto ciò che viene fatto su Internet è tracciato, monitorato, registrato. – Quale immagine hai osservato? Per quanto tempo? Sanno quando le persone sono sole o sono depresse, quando stanno cercando le foto dei loro ex fidanzati. Sanno cosa fanno a notte fonda; se sono persone introverse o estroverse, se soffrono di qualche nevrosi – Insomma, queste piattaforme hanno informazioni su di noi più di quanto fino ad oggi sia stato mai possibile. Tutti i dati vengono inseriti in sistemi, governati da algoritmi, che non prevedono alcuna supervisione umana. I quali sistemi fanno previsioni su chi siamo oggi e cosa faremo domani. Molti pensano che siano i dati ad essere venduti. Occorrerebbe chiedersi, invece, che uso si fa di questi dati. Si costruiscono modelli. Dall’altra parte dello schermo è come se fosse stato creato un nostro avatar sempre più accurato e somigliante a noi, in modo da “predire” quale sarà il nostro comportamento in un determinato momento. Che genere di video guarderemo e che genere di emozioni proveremo. Inserire, quindi, una pubblicità tra un video e l’altro è un gioco che vale milioni.

Le aziende informatiche hanno tre obiettivi principali. Primo: il coinvolgimento dell’utente, per fare incrementare l’utilizzo della piattaforma. Secondo: la crescita delle interazioni, per farlo tornare spesso, richiamando più amici possibili in modo che, a loro volta, invitino ancora più amici. Terzo obiettivo: assicurare la giusta visibilità di una inserzione pubblicitaria, per assicurarsi che mentre avviene tutto questo inserzionisti e piattaforme producano affari. L’algoritmo ha il compito di capire che cosa mostrare all’utente affinché i numeri continuino ad aumentare. Il fine è monetizzare. Per cui, se non sei al telefono una notifica ti solleciterà ad utilizzarlo. Come? Un amico è nelle tue vicinanze, un amico ha condiviso una notizia. Questo per attrarre l’attenzione e riportarla sulla piattaforma. A maggior ragione se due persone si connettono, perché l’unico modo per finanziare il meccanismo di interazione è che una terza paghi per inviare un messaggio pubblicitario. Possiamo chiamare tutto ciò comunicazione, ma i pentiti della Silicon Valley avvertono: tutto si fonda sulla manipolazione! Conosciamo la prestidigitazione, ovvero l’arte del prestigiatore, con particolare riguardo alla sua destrezza dovuta ad una pratica e a una tecnica ben precisa. Scriveva Arthur Clarke (il celebre autore di “2001: Odissea nello spazio”): «Una tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia». Il mago attrae l’attenzione del pubblico, distraendone la concentrazione con la destrezza delle mani e attuando un trucco di magia, che a tutti gli effetti vera magia non è. La scarsa conoscenza dei meccanismi della mente rende vulnerabile il pubblico. Per affrontare questi aspetti complessi esistono laboratori di “tecnologia persuasiva” che studiano il continuo cambiamento comportamentale, adottando, non trucchi da prestigiatore, ma vere e proprie tecniche capaci di incidere sulle attitudini e i comportamenti delle persone.

Immaginiamo, per esempio, il “rinforzo positivo intermittente”, applicato ogni volta che si aggiorna la schermata di un dispositivo. È lo stesso funzionamento delle slot-machine, che attuano una dipendenza emotiva, per tenere agganciati i giocatori e farli continuare a rilanciare grazie a delle continue suggestioni. Oggi sappiamo che la maggior parte delle persone non conforma pensieri e comportamento in relazione alle informazioni ricevute dal contesto, bensì in base a ciò che si preferisce credere essere vero. Questo è più adatto al raggiungimento di uno scopo: soddisfare un bisogno o un desiderio, ad esempio, a maggior ragione in un ambiente ludico come un social network. Si comprenderà che non basta più sapere usare consapevolmente un prodotto informatico, ma continuare ad usarlo come se fosse vitale. Ogni volta che, nel corso di una riunione, guardiamo il cellulare poggiato sul tavolo pensiamo che potrebbe avere un nuovo messaggio per noi. Dopo un certo tempo che non stiamo utilizzando il dispositivo saremo raggiunti da una notifica. Non è un caso, ma una tecnica di progettazione. Qualcuno ci ha taggato su di una foto? Saremo spinti a guardarla su quel preciso social. Perché il messaggio di notifica non conteneva già la foto? La risposta è che necessita acutizzare al massimo l’attenzione per far crescere le attività. Possibilmente, la foto in cui siamo taggati innescherà un commento e quel commento sarà seguito da una risposta. Allora varrà la pena di rendere noto il colloquio a qualche amico, che si unirà anche lui al gruppo in conversazione. La rete ha ripreso ad essere attiva in virtù di una tecnica chiamata “hackeraggio della felicità”. Maggiori iscrizioni alla piattaforma indurranno un più forte coinvolgimento di persone.

I social network attuano piccoli esperimenti con l’obiettivo di testare gli iscritti. È possibile, ad esempio, aumentare di sette amici in 10 giorni il tuo account? Questo significa provare a sviluppare il modo migliore per portare gli utenti a fare ciò che si chiede loro. È manipolazione come quella delle cavie in un laboratorio. Per gli utenti, ovvero per le cavie, non ci sono vantaggi da queste sperimentazioni. I vantaggi sono soltanto per le aziende che fanno più soldi. È dunque possibile sfruttare la vulnerabilità della psicologia umana. I creatori di tecnologia informatica l’hanno capito perfettamente e lo fanno indipendentemente da problemi etici.

The social dilemma – Trailer italiano

IMMAGINE DI APERTURA – Elaborazione grafica del logo del documentario Netflix – Disegno di Gordon Johnson da Pixabay