Locandina di Luigi Caldanzano

Sin dalle sue origini, il cinema ha dimostrato una forte inclinazione per la narrazione epica, esplorando temi universali come l’amore, la gelosia, il crimine e le vicende di grandi personaggi storici. Tra i primi esempi di questo filone, spicca Quo Vadis (1912), diretto da Enrico Guazzoni. Sebbene considerato un precursore del cinema kolossal, non sfrutta ancora le scenografie monumentali e le grandi masse di comparse che diventeranno marchi distintivi del genere.

Due anni dopo, nel 1914, Giovanni Pastrone realizza Cabiria, un’opera che segna una svolta nella cinematografia italiana. La sceneggiatura, scritta con la collaborazione di Gabriele D’Annunzio, racconta la storia di una giovane rapita dai cartaginesi e salvata da un eroe romano. Il film introduce personaggi iconici come il dio Moloc e il possente Maciste, destinato a diventare una leggenda del cinema d’avventura. Con un budget superiore al milione di lire—una cifra straordinaria per l’epoca—Cabiria si distingue per l’uso innovativo della macchina da presa: Pastrone introduce movimenti fluidi come il carrello e la panoramica, rivoluzionando il linguaggio cinematografico.

L’influenza di Cabiria si estende fino agli Stati Uniti, dove David W. Griffith, impressionato dal successo del film, realizza The Birth of a Nation (1915), un kolossal sulla Guerra di Secessione americana. Sebbene tecnicamente innovativo—introduce il piano americano, il primo piano e il montaggio parallelo—il film è compromesso da una visione apertamente razzista che esalta il Ku Klux Klan. L’anno successivo, Griffith firma Intolerance (1916), un’opera colossale che intreccia quattro storie sul tema dell’intolleranza. Nonostante l’ambizione e la magnificenza delle scenografie, il film risulta frammentario e privo di un’efficace coesione narrativa. Tuttavia, il genere kolossal continuerà a evolversi, trovando in Hollywood il suo centro nevralgico e affermandosi come una delle forme di spettacolo più amate a livello globale.

Le Capitali del Cinema: Torino, Parigi e Hollywood

All’origine della settima arte, l’industria cinematografica si sviluppa principalmente in tre città: Torino, Parigi e Hollywood. Pur non emergendo uno stile distintivo per ciascuna di esse, questi centri diventano poli produttivi di fondamentale importanza.

In Italia, Torino si afferma come capitale del cinema. Arturo Ambrosio, appassionato di fotografia, fonda nel 1905 la Film Ambrosio, specializzata inizialmente in documentari. Parallelamente, Giovanni Pastrone dà vita alla Itala Film (1908), la casa di produzione che realizzerà Cabiria. La città ospita inoltre i primi teatri di posa italiani, tra cui i celebri studi Fert, destinati a restare operativi per decenni.

A Parigi, Léon Gaumont struttura il cinema come un’industria a tutti gli effetti: costruisce teatri di posa, sale di proiezione e laboratori di sviluppo, producendo opere di ogni genere, dal comico al drammatico, fino ai documentari. Nel 1912, crea un centro cinematografico d’avanguardia, dotato di officine meccaniche per la realizzazione di attrezzature cinematografiche. Registi come Marcel L’Herbier e Jacques Feyder emergono in questo ambiente, ma la Prima Guerra Mondiale segna un brusco arresto per la Gaumont, che non riuscirà più a competere con l’espansione americana. Un altro gigante del cinema francese, Charles Pathé, intuisce la crescente influenza di Hollywood e apre filiali negli Stati Uniti per integrarsi nel mercato internazionale.

Intorno al 1907, alcuni imprenditori del settore scoprono il clima favorevole della California e le opportunità offerte dalla località di Hollywood, nei pressi di Los Angeles. Nel 1913, Cecil B. DeMille gira il primo film hollywoodiano, The Squaw Man, avviando l’ascesa della futura capitale mondiale del cinema. Tra il 1914 e il 1920, l’industria cinematografica americana cresce esponenzialmente e inaugura il fenomeno del divismo. Hollywood si trasforma in una macchina miliardaria capace di creare e distruggere celebrità, oscillando tra l’essere la “Mecca” e la “Babilonia” del cinema.

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