Dagli eroi del cielo ai funamboli dell’aria: gli aeroplani dell’epoca non erano ancora strumenti di massa, né armi perfette. Erano sogni meccanici in cerca di coraggio.
All’inizio del Novecento, il volo era ancora un’idea più vicina al mito che alla tecnica. I primi aerei, fragili e leggeri, sembravano più giocattoli che mezzi di trasporto, ma bastò poco perché accendessero la fantasia di un’intera generazione di giovani avventurosi. Gli aeroplani non erano ancora strumenti di massa, né armi perfette: erano sogni meccanici in cerca di coraggio. Chi li pilotava era spesso spinto più dalla voglia di lasciare un segno nella storia che da un reale tornaconto. E in effetti, per un breve ma intensissimo periodo, l’aria fu dominio esclusivo di pionieri e visionari.
Il nome che aprì simbolicamente la stagione delle grandi trasvolate è quello di Louis Blériot. Ingegnere francese, nel 1909 costruì un monoplano – il Blériot XI – con un motore tricilindrico a W progettato da un altro pioniere, l’italiano Alessandro Anzani. Il 25 luglio di quell’anno, Blériot decollò da Calais per attraversare la Manica. Impiegò 32 minuti per raggiungere Dover, mantenendosi a una quota di circa 100 metri sopra il livello del mare, alla velocità media di 77 chilometri all’ora. L’impresa gli valse il premio di mille sterline offerto dal Daily Mail e l’ammirazione del mondo intero, che per la prima volta vedeva un “uccello meccanico” solcare il cielo come un essere vivente.
Il successo di Blériot fu un catalizzatore. Da quel momento, il volo diventò una prova di audacia, un terreno su cui misurare limiti fisici e psicologici. Ma come ogni conquista pionieristica, fu anche costellata di tragedie. Solo un anno dopo, il 23 settembre 1910, un giovane aviatore peruviano di nome Jorge Chávez – Geo, come era soprannominato – tentò la prima traversata delle Alpi, da Briga a Domodossola. Era uno dei cinque concorrenti di una competizione aerea, ma fu l’unico a superare le gole di Gondo e a sorvolare con successo il valico del Sempione, a bordo di un altro Blériot XI, spinto da un motore da appena 50 cavalli.
Purtroppo, l’impresa si concluse in tragedia. In fase di atterraggio, a soli venti metri dal suolo, la struttura alare cedette improvvisamente. L’aereo precipitò verticalmente, schiantandosi al suolo. Luigi Barzini, cronista dell’epoca, scrisse che le ali si richiusero “come quelle di una libellula”. Chávez morì pochi giorni dopo, senza aver mai ripreso conoscenza. La sua impresa, benché fatale, lo consacrò tra gli eroi dell’aria.
L’aeronautica di quegli anni non era ancora una scienza esatta. Era una pratica sperimentale fatta di prove ed errori, dove ogni volo era un salto nel vuoto, anche in senso letterale. Molti aviatori sfidarono i limiti del possibile inseguendo record di altitudine e velocità. Nel 1914 il tedesco Oelerich raggiunse i 7.850 metri, un primato vertiginoso per l’epoca. Già l’anno prima, il 29 settembre 1913, Maurice Prévost, con un aereo Deperdussin, toccò i 204 chilometri orari: una velocità impensabile solo pochi anni prima.
Nel frattempo, il volo diventava anche spettacolo. Gli aviatori si trasformarono in star popolari, spesso etichettati come esibizionisti o temerari. Partecipavano a esibizioni acrobatiche, si esibivano in piedi sulle ali durante il volo, gareggiavano in corse aeree attorno a torri e ostacoli – celebri quelle attorno ai pylons ideati da Harry Faulkner. Le acrobazie erano una miscela esplosiva di tecnica e spettacolarità, e contribuivano a costruire l’immagine dell’aviatore come figura borderline tra l’eroe e il circense.
Anche figure del mondo culturale si lasciarono sedurre dal fascino del volo. Gabriele D’Annunzio, poeta e propagandista, compì durante la Prima guerra mondiale la celebre trasvolata su Vienna del 1915. A bordo di un aereo italiano, sorvolò la capitale austroungarica lanciando manifestini – non bombe – con messaggi pacifisti destinati alla popolazione. Un gesto a metà tra il simbolico e il provocatorio, che confermava quanto l’aeronautica, ben prima di diventare industria o arma, fosse innanzitutto un linguaggio, un gesto politico, poetico, estetico.
I primi anni del volo furono quindi un’epoca di entusiasmi e di sacrifici, di prove e di cadute. Un’epoca breve ma cruciale, in cui l’aviazione non era ancora un settore industriale ma un’avventura individuale. I suoi protagonisti – Blériot, Chávez, Prévost, Oelerich, D’Annunzio – contribuirono, ciascuno a suo modo, a cambiare per sempre il nostro rapporto con lo spazio e con il tempo. Lo fecero senza radar né cabina pressurizzata, senza strumentazioni sofisticate né protezioni adeguate. Solo con un motore fragile, qualche metro d’ala e il coraggio di chi sa che, per volare, bisogna rischiare.

Storie-in-breve
A chiarimento delle problematiche relative al copyright delle immagini.
Le immagini eventualmente riprodotte in pagina sono coperte da copyright (diritto d’autore). Tali immagini non possono essere acquisite in alcun modo, come ad esempio download o screenshot. Qualunque indebito utilizzo è perseguibile ai sensi di Legge, per iniziativa di ogni avente diritto, e pertanto Experiences S.r.l. è sollevata da qualsiasi tipo di responsabilità.