Dettaglio di Casa Batlló

In un panorama culturale spagnolo ancora lontano dai fermenti d’avanguardia europei, la figura di Antoni Gaudí (1852-1926) si staglia come un’anomalia carica di genialità. Architetto profondamente radicato nella terra catalana, ma aperto a suggestioni internazionali, Gaudí anticipa e reinterpreta le istanze dell’Art Nouveau attraverso un linguaggio architettonico assolutamente personale, che sfugge a ogni classificazione convenzionale.

La sua carriera si svolge per lo più a Barcellona, città che a fine Ottocento conosce un’espansione economica e una rinascita culturale. In questo contesto Gaudí si inserisce nei circoli intellettuali frequentati da ricchi mecenati e artisti, spinto da una duplice tensione: da un lato l’interesse per il gotico – ravvivato dalla riscoperta della città fortificata di Carcassonne e della cattedrale di Tarragona, entrambe visitate dal giovane architetto – dall’altro il desiderio di far rinascere la progettazione con spirito totalmente innovativo, pur se ispirato dal pensiero sociale e umanista di John Ruskin.

Fervente catalanista, Gaudí aderisce al Centre Excursionista, un gruppo di giovani che promuove il recupero della memoria storica della Catalogna. Parla catalano in ogni occasione, anche con i suoi operai, sebbene non tutti lo comprendano. La sua opera è un’estensione coerente del suo pensiero: una fusione tra tecnica avanzata, forme naturali, simbolismo religioso e identità territoriale.

Il rapporto con l’industriale tessile Eusebi Güell è fondamentale per lo sviluppo della sua carriera. Iniziato nel 1888 in occasione dell’Esposizione Universale di Barcellona, dove Gaudí presenta uno dei suoi progetti, il sodalizio con Güell si concretizzerà in sei importanti commissioni. Tra queste spiccano il Palau Güell (1885), in cui Gaudí sperimenta per la prima volta forme paraboliche e catenarie, anche nei cancelli in ferro battuto, e la Colonia Güell (1891), con la sua celebre cripta, dove le strutture oblique e i materiali grezzi prefigurano soluzioni architettoniche ardite. Ancora, l’edificio per l’azienda vinicola di Garraf (1895), esempio di architettura industriale reinterpretata con gusto plastico.

Il capolavoro di questa collaborazione è senza dubbio il Parc Güell (1903-1914), pensato inizialmente come quartiere residenziale d’élite secondo il modello anglosassone della “città-giardino”. L’impresa fallisce sul piano commerciale, ma lascia un segno profondo nella storia dell’arte: l’architetto trasforma il progetto in un’opera totale dove l’architettura si fonde con la natura. Padiglioni dai tetti cuspidati e ricoperti di maioliche colorate, percorsi sorretti da colonne oblique in pietra grezza, mosaici policromi disseminati ovunque: ogni elemento testimonia la padronanza di Gaudí nel fondere struttura e decorazione, forma e funzione, spirito e materia.

Contemporaneamente, Gaudí realizza opere residenziali che trasformano l’architettura urbana. La Casa Batlló (1905-1907), rielaborazione di un edificio esistente, è un inno al dinamismo e all’invenzione: pareti interne ondulate, prospetti vibranti, camini scultorei e ringhiere in ferro che sembrano crescere organicamente dall’edificio. Ancora più radicale è la Casa Milà, detta “La Pedrera” (1895-1910), dove la forma architettonica abbandona ogni geometria classica per abbracciare un fluire continuo di linee e volumi. Queste opere, con la loro forza primitiva e il loro carattere monumentale, anticipano suggestioni espressioniste.

La dimensione spirituale, tuttavia, è il nucleo più profondo dell’opera gaudiniana. Religioso fino al misticismo, Gaudí considera l’architettura un atto di fede. La Sagrada Família, iniziata nel 1883 e alla quale si dedicherà esclusivamente dal 1914 fino alla morte, rappresenta la sua visione più alta: una cattedrale moderna costruita nel nome della Sacra Famiglia, commissionata da una confraternita cattolica. Il progetto, ispirato al gotico ma reinterpretato in chiave organica, si distingue per l’audacia tecnica e la ricchezza simbolica. Le torri, la Facciata della Natività, le superfici curve rivestite di materiali e colori diversi raccontano una spiritualità intensa e popolare.

Gaudí arriva a vivere all’interno del cantiere, conducendo una vita ascetica. Per finanziare i lavori, gira casa per casa a chiedere donazioni. La chiesa, ancora oggi in costruzione, è diventata il simbolo universale del suo genio.

La sua morte, nel giugno 1926, è tragica e carica di significato. Investito da un tram mentre si reca a piedi dalla chiesa di Sant Felip Neri alla Sagrada Família, viene scambiato per un senzatetto a causa dell’aspetto dimesso. I tassisti si rifiutano di soccorrerlo; viene infine trasportato all’Ospedale della Santa Creu, destinato ai poveri. Rifiuta il trasferimento in una clinica, dicendo: «Il mio posto è qui, tra i poveri». Muore tre giorni dopo, a 73 anni.

Oggi Gaudí è considerato uno dei padri dell’architettura organica. Le sue opere, riconosciute dall’UNESCO, sono parte del patrimonio mondiale. Ma più che un innovatore stilistico, Gaudí è stato un costruttore di visioni, capace di tradurre fede, natura e identità in architettura viva.

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