Antonio Meucci – Quando 10 dollari possono defraudare un’inventore

 

Antonio Meucci

 

Martedì 11 giugno 2002, a Washington, il congresso degli Stati Uniti, con la risoluzione 269, ha riconosciuto ufficialmente che Antonio Meucci è il vero inventore del telefono. Dopo la dichiarazione del congresso, si è mosso anche il museo Garibaldi-Meucci. Dal 1962, infatti, la fabbrica di candele di Antonio Meucci a Staten Island, New York – dove ha lavorato anche Giuseppe Garibaldi – è stata restaurata e i cimeli esposti al pubblico. «Per oltre 50 anni il museo ha svolto la sua missione di preservare le eredità di questi grandi uomini e di promuovere la comprensione del patrimonio italo-americano attraverso programmi e corsi culturali, artistici e educativi», così nella nota d’accoglienza. In virtù di ciò, la direttrice del museo Garibaldi-Meucci, Emily Gear, e il Comitato degli italo-americani, presieduto dal giudice della Corte Suprema Dominic R. Massaro, hanno chiesto in modo formale che anche nei libri di testo scolastici statunitensi la scoperta del telefono sia rettificata e attribuita correttamente ad Antonio Meucci e non all’americano Alexander Graham Bell. Lo scozzese passa, dunque, in secondo piano, anche se Meucci morì povero in canna, mentre Bell non solo assurse a gloria, ma accumulò una fortuna proprio grazie all’invenzione. Un caso esemplare che la storia ripete con ordinaria facilità.

Il fiorentino Meucci, non è un vero e proprio scienziato, ma un autentico e brillante inventore, titolare e depositario di ben 22 brevetti. Ne enumeriamo solo alcuni: filtri per la depurazione delle acque (1835), sistema per la doratura galvanica delle spade (1844), apparecchio per elettroterapia (1846), procedimento per la pietrificazione dei cadaveri (1849), metodo per decolorare il corallo rosso (1860), bruciatore per lampade a cherosene (1862). Ma chi è Meucci? La scheda che troviamo su Wikipedia (di seguito) è precisa, per cui vale descrivere solo i tratti salienti. Antonio Meucci nasce a Firenze nel 1808. Conclusi gli studi all’Accademia di Belle Arti, per sette anni svolge l’attività d’impiegato doganale, poi è assunto dal Teatro della Pergola quale aiuto attrezzista. Non si limita al lavoro ordinario, ma grazie alla sua creatività escogita strani macchinari di scena. La sua fama è tale da essere richiesto nel 1835 dal Teatro Tacon dell’Avana. Con lui parte la moglie Ester, che fa la costumista. Meucci idea un nuovo complesso di sipari e installa una macchina, importata dagli Stati Uniti, con la quale alzare e abbassare il livello del palco. Ben presto gli amici, a conoscenza delle sue elaborazioni, gli consigliano New York. Nel 1850 vi si trasferisce e qui conosce anche Giuseppe Garibaldi, che lo convince ad avviare una qualche attività e dare lavoro non solo a lui, ma anche agli altri esuli italiani. Meucci apre la prima fabbrica di candele steariche delle Americhe. Ricorderà Garibaldi: «Antonio si decise a stabilire una fabbrica di candele e mi offrì di aiutarlo nel suo stabilimento. Lavorai per alcuni mesi col Meucci, il quale non mi trattò come un lavorante qualunque, ma come uno della famiglia, con molta amorevolezza». Meucci ha però una invenzione da perfezionare, un chiodo fisso: quand’era ancora alla Pergola aveva già architettato un primitivo apparecchio: una sorta di tubo per comunicare dal palcoscenico. A Cuba, grazie ai suoi studi sull’elettricità, aveva poi scoperto il modo di trasmettere la voce. Una volta a New York gli esperimenti sono ora condotti in modo più sistematico. Il caso vuole che nel 1854 Ester, sua moglie, è immobilizzata a letto dall’artrosi deformante. Occorre concepire un sistema di comunicazione tra il laboratorio, posto nello scantinato dell’edificio, e la camera matrimoniale al secondo piano. Con qualche mezzo di fortuna idea il “teletrofono”: gli bastano una scatola di sapone da barba e un diaframma di metallo. È il vero prototipo del telefono. Le avversità, però, non mancano, perché nell’estate del 1871 è ferito ad una gamba dall’esplosione della caldaia, mentre è in viaggio sul traghetto Westfield, di collegamento fra Staten Island dove abita e New York. Non può camminare; perde il lavoro. La situazione economica precipita e si riduce al buon cuore degli amici.

Non si perde d’animo: a fine anno con tre italiani dà vita alla Telettrofono Company. La società si propone di portare avanti gli esperimenti, di estendere le attività in Europa e in altre parti del mondo. Occorre però depositare brevetti, ma non c’è la giusta disponibilità di capitale. Dissolte le chimere della società nell’arco di un anno, Meucci si presenta al Patent Office di New York e versa 20 dollari raggranellati con una colletta fra gli amici per un brevetto provvisorio. Come finisce l’illusione lo sintetizza la risoluzione 269 approvata dal congresso degli Stati Uniti. Meucci, vivendo di assistenza pubblica, non è in grado di rinnovare l’avvertenza dopo il 1874. A marzo del 1876, Alexander Graham Bell, che conosce gli esperimenti e i materiali di Meucci, conservati dopo il fallimento della Telettrofono Company, ottiene il brevetto definitivo che lo accredita quale inventore del telefono. Meucci, naturalmente, solleva il caso in Tribunale. Il 13 gennaio 1887, il brevetto sta per essere annullato per frode e falsa dichiarazione di Bell, avendo asserito che i progetti da lui presentati si riferiscono ad una “nuova invenzione”, mentre le prove portate da Meucci dimostrano che il telettrofono è largamente documentato. Meucci però muore nell’ottobre del 1889, mentre il brevetto concesso a Bell scade a gennaio del 1893. Quattro anni per avviare e consolidare il business. La fortuna gli arride del tutto: il caso è interrotto senza mai raggiungere un verdetto definitivo sulla questione di fondo: a chi riconoscere l’invenzione del telefono. Occorre aspettare il 2002, quando il congresso degli Stati Uniti, in linea definitiva, decide di attribuire la paternità dell’invenzione ad Antonio Meucci, in considerazione del fatto che «se Meucci fosse stato in grado di pagare la tassa di $10 per mantenere l’avvertenza dopo il 1874, nessun brevetto avrebbe potuto essere rilasciato a Bell». Un fatto è certo: Graham Bell, abile businessman, accumulò un bel patrimonio. La verità sul primato dell’invenzione è stata infine ristabilita. Rimane la soddisfazione morale per un Meucci morto defraudato e in povertà.

LEGGI LA RISOLUZIONE: H.Res.269 – 107th Congress (2001-2002)

LEGGI ANCHE SU EXPERIENCES.IT: Massimo Sideri – Storia italiana delle scoperte dimenticate

VISITA IL MUSEO GARIBALDI_MEUCCI A STATEN ISLAND NEW YORK

Museo Garibaldi-Meucci

 

 

 

 

 

 

 

 

ANTONIO MEUCCIall’anagrafe Antonio Santi Giuseppe Meucci (Firenze, 13 aprile 1808 – New York, 18 ottobre 1889), è stato un inventore italiano, celebre per lo sviluppo di un dispositivo di comunicazione vocale accreditato da diverse fonti come il primo telefono, il cosiddetto telettrofono. Il brevetto del telefono fu ufficialmente intestato per la prima volta ad Alexander Graham Bell, che è anche noto nella cultura popolare mondiale e nella comunità scientifica internazionale come l’inventore dell’apparecchio. Una risoluzione approvata dal Congresso degli Stati Uniti d’America l’11 giugno 2002 ha comunque riconosciuto a Meucci l’invenzione del telefono, indicandolo ufficialmente come l’inventore e disconoscendo il dubbioso operato di Bell. Numerose enciclopedie accreditano Meucci come l’inventore del telefono. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

LEGGI LA SCHEDA SU WIKIPEDIA

RADIO RADICALE

Speciale Media e dintorni
Intervista a Massimo Sideri sul suo libro “La sindrome di Eustachio. Storia italiana delle scoperte dimenticate”

About the author: Experiences