Brexit – Quando Londra sorseggiava tè di Ceylon con zucchero giamaicano

Il 23 giugno 2016 nel Regno Unito si è votato per il Referendum sulla permanenza o meno nell’Unione europea. L’esito finale, lo sanno tutti, ha scelto la “Brexit”, parola formata da “Britain“, Gran Bretagna e “Exit“, uscita, La volontà della maggior parte dei cittadini britannici, per la precisione il 52%, è stata favorevole all’uscita della Gran Bretagna dall’UE. L’attuazione pratica di tale volontà non sarà immediata, dal momento che da quel momento si è aperta una serie di negoziati, come previsto dall’articolo 50 del Trattato Ue. Theresa May, Primo ministro del Regno Unito dal 13 luglio 2016, ha provveduto ad un emendamento alla Withdrawal Bill, la legge quadro effettivo divorzio. La Withdrawal Bill è la legge approvata dal Parlamento del Regno Unito che consentirà l’attuazione della Brexit, abrogando automaticamente l’European Communities Act 1972, che ha recepito nel diritto del Regno Unito la ratifica all’adesione del 1 ° gennaio 1973 alle Comunità europee (CE), trasformate in quella che oggi è chiamiamo Unione europea (UE). La legge inglese ha poi fissato la data effettiva dell’uscita per venerdì 29 marzo 2019, alle ore 23,00.

Naturalmente gli eventi sono “in fieri” e presentano non pochi ostacoli. Le aziende che oggi operano nel Regno Unito, dal canto loro, chiedono chiarezza e sollecitano il governo a prendere decisioni sulle modalità di uscita dall’Unione europea. Theresa May andrà a Bruxelles a giugno per un summit che dovrebbe essere decisivo per i negoziati: ma c’è qualche dubbio, giacché il punto di discussione verterà sulle lentezze dei negoziati che presentano le avvisaglie per una possibile rottura. L’atto per il divorzio concordato dovrebbe essere firmato a ottobre; tuttavia i leader UE fanno presente alla Gran Bretagna che, se non verrà raggiunto un accordo di uscita “consensuale”, non si firmerà alcuna transizione. Ciò non consentirà alle imprese di usufruire di un periodo di garanzia nei primi 21 mesi successivi alla scissione. La tensione, dietro i sorrisi di circostanza, è alta. Ecco perché qualsiasi ispirazione di pancia e non di cervello è sempre pericolosa, perché le decisioni politiche si riflettono sul mantenimento dei posti di lavoro, a cominciare da quelli garantiti dagli investitori europei in Gran Bretagna.

Nel XIX secolo, il tè era coltivato in Oriente in piantagioni sostanzialmente industrializzate, gestite e finanziate da società prevalentemente inglesi.

Vale, a questo proposito, ricordare le recenti parole dell’economista inglese Richard Baldwin – PhD al Mit di Boston, ma anche professore alla Graduate School di Ginevra – a proposito dell’imprevista distensione fra America e Cina sul fronte commerciale: «Racconto una mia esperienza. Fra il 1990 e il ’91 ero uno dei consiglieri economici del presidente Bush Senior. Allora il nemico era il Giappone, il japanese bashing, “dagli al giapponese”, conquistava le copertine dei settimanali. Li si accusava di concorrenza sleale, di sovvenzioni inappropriate provenienti non dallo Stato ma dai keiretsu, enormi conglomerati industrial-finanziari ognuno dei quali grosso come uno stato, di furto di proprietà intellettuale. Anche loro avevano le loro colpe, come i cinesi oggi. Ma l’aggressione non risolveva nulla. Solo quando ci si è seduti a discutere in modo sobrio e circostanziato si è sbloccata la situazione e il Giappone è diventato un alleato. Lo stesso si è fatto con il Sud Corea dove i conglomerati si chiamano chaebol, e si deve fare con Pechino: mi piace pensare che sia iniziato un periodo di transizione che potrà durare, mettiamo, cinque anni. Dopodiché, diciamo fra quindici anni, Usa e Cina, saranno solo le più grandi economie mondiali. Il disavanzo commerciale americano si sarà risolto non difendendo le produzioni Usa ma esportando di più». Che questo clima sia ipotizzabile anche per il dopo Brexit? Occorrerebbe una convergenza di idee in un’epoca di globalizzazione, che contestabile o meno, è un dato di fatto. «Sarà la tappa finale – spiega Baldwin – La prima grande globalizzazione risale al 1820 quando la rivoluzione industriale porta al boom dei trasporti merci e per la prima volta a Londra si mangia pane fatto con grano americano sorseggiando tè di Ceylon dolcificato con zucchero giamaicano su una tovaglia di cotone indiano. La seconda ondata di globalizzazione è del 1990 quando la rivoluzione informatica abbatte i costi delle comunicazioni e del trasferimento di idee».

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L’USCITA DEL REGNO UNITO DALL’UNIONE EUROPEA, nota anche come Brexit (sincrasi formata da Britain ed exit), è il processo che porrà fine all’adesione del Regno Unito all’Unione europea, secondo le modalità previste dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea, come conseguenza del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea. L’idea di un’unione dei paesi europei nacque nell’immediato dopoguerra, dalla volontà di uscire dalla violenza del secondo conflitto mondiale, in nome di una stabilità politica ed economica del continente europeo; il primo politico a proporre una confederazione europea fu proprio il britannico Winston Churchill. Tuttavia, i rapporti tra il Regno Unito e l’Europa, fin dall’adesione alla Comunità economica europea (CEE) nel 1973, sono stati sempre caratterizzati da incertezze e ripensamenti. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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Brexit: cos’è e conseguenze

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