La pasta ripiena e i ravioli ignudi (senza pasta)


Giovanni del Turco, cuoco dilettante, del XVII secolo, cucinerà diversi piatti di tortelli e di ravioli, con un ripieno, molto delicato, che primeggia sulla pasta stessa. Nel servizio settimanale dei cuochi, sono presenti piatti di magro e piatti di carne, richiesti dalle scadenze liturgiche della cristianità. Il venerdì era segnato di magro, quindi con verdure e pesce, mentre negli altri giorni si consumava carne, accompagnata sempre da verdure. Al venerdì si potevano gustare ravioli ripieni semplicemente con formaggio fresco o crema di formaggio. Nei giorni di grasso le possibilità erano numerose. Per lo più si consumava carne di maiale, pollame e in particolare cappone.

Dipendendo dal ripieno, ravioli o tortelli potevano essere sia di magro che di grasso. Esistevano, quindi anche i tortelli di Quaresima, confezionati con crema di formaggio unito a verdure e spezie. Il loro uso, tuttavia, non era rigidamente legato alla Quaresima, ma si cucinavano in qualsiasi giorno dell’anno. Per i tortelli di grasso, invece, il ripieno era realizzato con carne di maiale o pollame vario. In ogni caso, il ripieno poteva essere anche molto elaborato. Tra le antiche ricette ve n’è una molto ricca, con carne di maiale, formaggio, uova, datteri, uvetta secca, erbe aromatiche, zafferano e spezie varie. Un’altra è invece è composta di zucca unita a mandorle e aggiunta di zucchero. In pratica, i moderni ravioli di zucca mantovani.
Così come il ripieno era aperto alla fantasia, ciò valeva anche per il formato. Su tale aspetto non esistono documenti che ne trattino in particolare. Sappiamo che esistevano diversi formati, ma cucinati fritti. Per quanto riguarda ad uso di pasta, mastro Martino nella sua opera, ne cita diversi, perlopiù sul tondo o quadrato. Accenna anche all’uso di stampi.

Ravioli ignudi

I RAVIOLI IGNUDI
Ravioli e tortelli dovevano presentarsi con una pasta molto fine, per migliorare il gusto del ripieno. Si arriva anche a soluzioni particolari, come con i Ravioli senza sfoglia, citati da Salimbene da Parma, nel XIII secolo. Erano sostanzialmente ravioli senza involucro. Venivano indicati dall’autore come “raffinatezza della golosità umana”. I cosiddetti ravioli “ignudi”, si ritrovano nei testi successivi di Martino, Scappi e Romoli. Dal Rinascimento in poi, vengono utilizzati nei ricettari regionali soprattutto dell’Italia del Nord, con diverse ricette e varianti. Divennero, soprattutto, ad uso della cucina romagnola. La loro fattura fu consacrata, nel XIX secolo, nel libro di Pellegrino Artusi, che dà alcune ricette ad “uso di Romagna”. Volendo, però, utilizzare un taglio prettamente regionale, Artusi cita solo i ravioli romagnoli, ignorando tutte le altre tradizioni regionali, che riportano essenzialmente pasta ripiena. In un lento ma progressivo andamento, la pasta ripiena ha avuto una diffusione sempre più larga, anche oltrepassando i confini nazionali, come dimostra il loro successo in Francia.

Oggi quando si parla di pasta ripiena, ravioli e tortellini sono quelli ad involucro. Il consumo attuale si rifà a pochi tipi di formati, desunti soprattutto dalla tradizione dell’Italia del Nord, nati tra il XVI e XVII secolo. In particolare, della Lombardia dove venivano indicati, nel linguaggio popolare, come “annolini”, da cui il nome di agnolotti. Tuttavia, l’utilizzo della pasta ripiena, molto diffusa nelle Corti italiane, perse la sua importanza lentamente, al contrario che nella cucina francese, ed in genere europea. In Italia fu “riscoperta” agli inizi del XX secolo. Alcuni cuochi borghesi rilanciarono il loro consumo. L’iniziativa ebbe successo e portò, a metà del secolo, alla riscoperta della sua preparazione regionale. Tanto che, nel suo testo, Luigino Bruni suddivide la pasta tra “ricette storiche” e “ricette d’autore”.

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