Stanislao Napolano: Divenire, noi del Mezzogiorno, la locomotiva d’Italia

 

In queste pagine presentiamo alcuni degli interventi al Convegno del 7 settembre 2018 presso la Stazione Marittima del porto di Napoli in occasione della presentazione del libro “Per la Macroregione de Mediterraneo occidentale” dei professori Renato D’Amico e Andrea Piraino (Franco Angeli, editore). L’appuntamento è stato organizzato da Paolo Pantani, presidente emerito di Acli Beni Culturali, Stanislao Napolano, presidente dell’Associazione Carlo Filangieri, Giordano Editore e quotidiano online Il Denaro.it.

 

>>> Intervento di Stanislao Napolano

Permettetemi di ringraziare Paolo Pantani per l’invito a partecipare a questo importante convegno che con l’occasione della presentazione del libro dei prof. Piraino e D’Amico, ci permette di confrontarci su una tematica di fondamentale importanza, ci obbliga a fare delle riflessioni sull’Europa e sull’emergere di nuove istanze che portano ad aggregazioni tra aree del vecchio continente e aree extra europee, appunto la macro area del Mediterraneo Centro Occidentale, è qui dove la cultura europea si incontra con la cultura araba, creando opportunità di confronti culturali ed economici, non senza difficoltà e interrogativi.

Questa iniziativa può avviare quel processo virtuoso, che permetterebbe ai paesi del nord Africa di svilupparsi con l’aiuto dell’Europa, consentendo di ridurre i flussi di migrazione, che stanno creando forti tensioni all’interno di diversi paesi europei.

Dobbiamo essere grati a Paolo per la grande intuizione che ha avuto nel credere in questa iniziativa per la costituzione della Macro Regione del Mediterraneo Centro Occidentale, opportunità in cui il Mezzogiorno d’Italia deve poter guadare con interesse e come un’occasione di sviluppo per sé stesso. Il confrontarsi con i grandi paesi rivieraschi del Mediterraneo Centro Occidentale, sia della sponda nord che quella sud, ci permette a noi del Mezzogiorno di avviare iniziative che creerebbero sviluppo con potenzialità molto interessanti.

L’Associazione Carlo Filangieri, di cui mi onoro di presiedere, composta per la maggior parte da giovani professionisti è intitolata al generale e politico della nazione napoletana, figlio di Gaetano Filangieri illustre giurista e filosofo ritenuto tra i massimi giuristi e pensatori napoletani ed europei del diciottesimo secolo, Carlo fu a fianco di Napoleone e fino all’ultimo tentò di modificare le sorti della nazione napoletana. Egli ha incarnato tutto il travaglio di questa nostra terra nel XIX secolo.

La nostra associazione è nata un anno fa circa, con il proposito di rivedere attraverso nuovi percorsi di studio e di ricerca la questione del Mezzogiorno ed ha permesso di riunire intorno a se, giovani professori universitari, imprenditori, economisti, come il prof. Lepore della facoltà di Economia dell’università Parthenope, il prof. Trione dell’università di Bari, il dott. Pierluigi Sanfelice imprenditore attivo nel settore della solidarietà nazionale e internazionale, il dott. Emanuele Raimondo ricercatore presso l’università Luiss Guido Carli di Roma e lo stesso Paolo Pantani motore infaticabile e insostituibile che ci unisce nelle nostre finalità. Abbiamo stabilito una serie di obiettivi definendo anche un cronoprogramma, affinché al termine di questo studio, possa essere presentato ai nostri rappresentanti politici, agli imprenditori, ai media, al mondo universitario, dimostrando che il Mezzogiorno può risollevarsi, può riscattarsi con le proprie forze, attraverso nuovi modelli di sviluppo, scevri da preconcetti ideologici e storici.

La nostra associazione nasce con le stesse motivazioni per cui si è costituita l’Unione Europea. Abbiamo pensato, che anche le nostre sei regioni peninsulari del Mezzogiorno, avessero questa esigenza, in quanto, se prendiamo in considerazione solo il numero di abitanti della Basilicata o del Molise riescono a stento ad eguagliare numericamente un quartiere di Napoli, ma analizzando anche gli altri dati presi a prestito da SVIMEZ, vediamo che ogni regione del Mezzogiorno peninsulare presenta numeri insignificanti in un contesto europeo, se invece immaginassimo insieme le sei le regioni, qualcosa in più rappresenteremmo e da questo qualcosa in più vorremmo partire e capire fin dove si può arrivare.

Indico sei regioni per motivi oggettivi, la Sicilia e la Sardegna sono regioni a statuto speciale, che avrebbero già le possibilità di poter attuare iniziative autonome per avere un buon sviluppo, e tra l’altro si rimane basiti quando si confronta la realtà siciliana, con quella del Trentino Alto Adige. La Sicilia, una Regione ricca, che potrebbe essere la locomotiva del nostro Mezzogiorno è sempre additata per le sue “performance” negative.

Noi vogliamo focalizzare la nostra attenzione e i nostri sforzi inizialmente sul territorio peninsulare, poi ci confronteremo con le altre due regioni, ma prima vogliamo fare ordine qui, trovare qui le prime risposte all’esigenza di creare un mondo dove i nostri figli non debbano più emigrare, dove si possano creare nuove opportunità di lavoro, dove si possa ricostruire una solidarietà civile, dove la legalità non debba essere sollecitata e bramata. Noi puntiamo e crediamo molto nei giovani, essi sono il nostro target, noi lavoriamo per loro!

Noi guardiamo ai nostri concittadini e tentiamo con la nostra iniziativa, di contribuire a un miglioramento della qualità della nostra vita per dare speranza in queste terre, migliorare il rapporto tra domanda e offerta facendo crescere le occasioni di lavoro per tutti, far sì che vivere nel Mezzogiorno d’Italia non sia più una iattura!

Dobbiamo immaginare come se fino ad oggi avessimo vissuto una tragica guerra, ora ci troviamo tra le macerie di questo conflitto, per cui da adesso, in una fase post bellica vogliamo avviare una nuova fase storica, per cui come è avvenuto in altre parti del mondo, come ad esempio in Corea del Sud, in Indonesia, nel Vietnam, rimetterci in gioco, senza recriminare nulla, senza lamentose questue, partire da ciò che abbiamo, anche se questo può apparire a una prima lettura poco!

Da dove possiamo partire? Possiamo ad esempio partire dal nostro gettito fiscale, perché anche noi nel Mezzogiorno abbiamo un nostro gettito fiscale, dal sommerso da far emergere e tante altre risorse nascoste che potrebbero contribuire alla nostra ripresa. Poter partire da questa base individuando pochi, ma strategici investimenti per infrastrutture e fondi per incentivare l’imprenditoria, naturalmente ribadiamo, stiamo a un livello di studio che si sta approfondendo e sarà nostra cura far conoscere a voi tutti, i risultati.

Ritorniamo a questo costante richiamo e interesse verso il Mezzogiorno, che ha suscitato, ha provocato, ha sollecitato centinaia di convegni, dibattiti, confronti, senza mai riuscire a trovare il bandolo della matassa o tirare il ragno dal buco. Cosa ancora più stupefacente è che tutti questi dibattiti e confronti, ufficialmente richiamavano e richiamano il Mezzogiorno come tema, ma poi si discuteva e si discute delle singole regioni di questa vasta area del nostro paese, mai immaginate come una forza unica, accomunate da un unico destino!

Chiedo a voi esperti di economia, di finanza, di imprese, perché l’Europa ha deciso di unirsi? Ci è stato detto che la globalizzazione ci costringeva a confrontarci con realtà economiche e industriali molto forti, per cui l’Italia, la Germania, la Francia ognuna da sola non avrebbe avuta la capacità di misurarsi, con le economie emergenti della Cina, l’India, il Pakistan, il Brasile e quelle storiche come gli Stati Uniti d’America. Bene, se trasliamo tale esigenze nella nostra Italia e al nostro Mezzogiorno in particolare, la Basilicata, il Molise, la Calabria, la Campania, l’Abruzzo e la Puglia, ognuna da sola, cosa possono rappresentare? Che potenzialità hanno per potersi misurare in un contesto globale, come quello in cui viviamo ormai da oltre un ventennio? Come confrontarsi anche all’interno della costituenda Macro Regione del Mediterraneo Centro Occidentale?

Di conseguenza lo sviluppo del nostro Mezzogiorno deve essere affrontato, come sviluppo del Mezzogiorno, quindi non commettendo l’errore di voler programmare piani di sviluppo per ogni singola regione, ma definire piani di sviluppo per tutta l’area geografica del Mezzogiorno, da una comune cabina di regia. In quante occasioni si è parlato dello sviluppo dei porti del Mezzogiorno, Gioia Tauro, Brindisi, Salerno, Napoli, come porte d’acceso per l’Europa, da Sud. Bene, se vogliamo seriamente affrontare questo tema, il primo problema che ci troviamo d’avanti è l’interconnessione tra questi porti e la carenza d’infrastrutture, oltre ad aspetti di pari importanza di tipo organizzativo e di legalità, che non vanno dimenticati. Il settore marittimo che è stato uno dei maggiori punti di forza del Mezzogiorno da circa due secoli, deve essere potenziato e tutelato, come nostra eccellenza. Se invece continuiamo a ragionare con la visione regionalistica, ogni Regione potrebbe progettare iniziative non compatibili con le altre ed è il risultato che spesso abbiamo ottenuto. Quello delle infrastrutture è uno dei punti fondamentali, strategici per il nostro Mezzogiorno, in quanto negli anni passati sono state avviate moltissime opere, ma in larga parte sono rimaste incompiute, questo perché, alla base vi erano finalità esclusivamente regionali, mentre non vi era una programmazione strategica di ampio respiro che avrebbe dovuto coinvolgere anche le regioni limitrofe e l’intera area meridionale. Oltre a questi aspetti, si può considerare la realizzazione di una politica di sviluppo delle “Startup”, da ritenere come cellule staminali totipotenti che interconnettendosi creino una rete di industrializzazione, realizzando la spinta propulsiva per il Mezzogiorno, da questo, guardare alla sponda meridionale del Mediterraneo come area in cui noi del Mezzogiorno possiamo offrire il nostro know-how ai paesi del Nord Africa con ricadute dirette per la nostra imprenditoria. Il Mezzogiorno non può essere solo il mercato di altri, ma deve essere anche attore nella produzione industriale in senso lato, poiché solo in questo modo si creano posti di lavoro concreti e duraturi.

Colgo l’occasione per ricordare un recente articolo di Isaia Sales, sul bilancio fallimentare delle Regioni, ma quelle del Mezzogiorno, in particolare. La modifica del titolo V della Costituzione con la delega alle Regioni delle materie di legislazione concorrente quelle relative all’art. 117.3 della Cost.:

  • a) rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni;
  • b) commercio con l’estero;
  • d) istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;
  • f) ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;
  • g) tutela della salute;
  • l) protezione civile;
  • m) governo del territorio;
  • n) porti e aeroporti civili;
  • o) grandi reti di trasporto e di navigazione;
  • p) ordinamento della comunicazione;
  • q) produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;
  • r) previdenza complementare e integrativa;
  • s) armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
  • t) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;
  • u) casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;
  • v) enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

In queste materie concorrenti come sono intervenute le regioni del Mezzogiorno, come hanno sfruttato queste opportunità?

In realtà i risultati alla modifica del Titolo V della Costituzione sono stati a mio avviso, non il fallimento di una legge sbagliata, ma la cartina tornasole del valore dei nostri amministratori, in quanto le regioni del centro nord ne hanno beneficiato considerando l’opportunità che tale modifica offriva alle regioni stesse e traendone il massimo beneficio. Per noi invece vi è stato un arretramento generale, perché non si è compreso la portata di tale cambiamento, in quanto i nostri amministratori non sono stati all’altezza del momento storico, come è accaduto in più occasioni nel passato, per cui la modifica del titolo V° è stato un fallimento esclusivo per le nostre regioni. Bisogna anche smascherare il refrain che la solita Lombardia o il Veneto ci abbiano penalizzati con scelte egoistiche e antimeridionali. Posso affermare a ragion veduta in quanto presente alle trattative a livello ministeriale per la Sanità, negli anni ottanta e novanta, chi osteggiava le regioni meridionali, erano la Toscana, l’Emilia Romagna, l’Umbria! I contratti della Sanità, i modelli organizzativi in Sanità sono sempre stati realizzati da queste regioni e noi l’abbiamo subiti, perché assenti a quei tavoli e chi è assente ha sempre torto, questa è la realtà delle cose! Quanto affermo, non più di tre mesi fa, fu ribadito dal prof. Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore della Sanità ad un convegno qui a Napoli presso il CNR

Noi sosteniamo e propugniamo la piena nostra responsabilizzazione, come spesso mi trovo a dire, il nostro destino è nelle nostre mani, e quale miglior occasione in un confronto con le realtà che si trovano sulle sponde del Mediterraneo? Ma anche in questo caso, non possiamo affrontare questa importante e impegnativa iniziativa, in ordine sparso, senza la consapevolezza di una nostra forte responsabilità verso i nostri concittadini. Per vincere queste sfide bisogna essere attori attivi e sempre presenti nei momenti decisionali in quelli critici e definitivi.

Ho rappresentato in molte occasioni all’amico Pantani, che aderire all’area della macro regione del Mediterraneo Centro Occidentale, deve coincidere con la costituzione della macro regione del Mezzogiorno, in quanto gli altri partecipanti, hanno un background di notevole spessore. Ci troviamo di fronte a entità statali, come ad esempio Malta, di estensione pari alla nostra isola d’Elba, è però uno stato, per cui una regione come la Campania o la Puglia, da sole non sarebbero dei validi interlocutori.

Costituendo la Macro Regione del Mezzogiorno e utilizzando gli strumenti normativi previsti dall’art. 117 della Costituzione, si possono definire accordi internazionali e con l’Unione europea, facilitazioni per il commercio con l’estero, favorire con normative regionali specifiche, l’apertura del nostro Mezzogiorno a investitori stranieri.

Il nostro Mezzogiorno è costituito da 20 milioni di abitanti, una entità ragguardevole se rapportata ai 28 paesi della Comunità Europea, per comprendere cosa significa, solo la Germania, la Francia, il Regno Unito, Italia, la Spagna e la Polonia sono i paesi con un maggior numero di abitanti rispetto al Mezzogiorno. I paesi rimanenti ne hanno molto di meno, tra questi: la Norvegia, la Svezia, il Belgio, il Portogallo. Potremmo essere una realtà non di poco conto se ci crediamo e iniziamo a remare tutti nella stessa direzione.

L’importanza di dare vita alla Macro Regione del Mezzogiorno diviene strumento strategico anche per confrontarsi all’interno della nostra nazione. Pensate a un presidente di una tale realtà, che si confronta al tavolo della conferenza Stato – Regioni, non avremo più i timori, le perplessità, che a ogni finanziaria o ad ogni aggiustamento dei conti pubblici, giustamente l’autorevole Nando Santonastaso ci segnala con allarme e angoscia, ma essendo realista posso immaginare una tappa intermedia in cui la meta potrebbe essere un coordinamento funzionale delle Regioni Meridionali, dove si concordano gli obiettivi e si pianificano le tappe, con verifiche puntuali dei risultati che si ottengono, come avviene in ogni gestione imprenditoriale accorta e seria.

Cosa manca quindi per invertire la nostra attuale condizione? Essere convinti che ciò che facciamo lo facciamo per il nostro Mezzogiorno, una forte volontà a contrastare l’attuale stato delle cose, una forte motivazione a contare solo sulle nostre forze, poiché noi, fuori dalla nostra terra siamo i migliori e siamo gli artefici dei successi di altri in realtà lontane da qui, dare vita e formare un forte senso di appartenenza con la riscoperta del nostro passato, delle nostre tradizioni. Trovare le soluzioni per creare lavoro, permettendo ai nostri giovani di rimanere qui e dare la possibilità a chi è andato via, di ritornare aiutandoci con le loro positive esperienze a contribuire fattivamente alla crescita del nostro Mezzogiorno e anche dell’Italia, poiché potremo avere finalmente anche l’ambizione di divenire noi la locomotiva d’Italia.

 

About the author: Experiences