Come si divertivano i nostri bis-nonni?

Come si rideva all’inizio del secolo scorso? Siamo andati a spulciare nelle pagine de “Il libro allegro” di Ugo Vivarelli (1901) e ci siamo divertiti anche noi, coinvolti da quel pizzico di sana ingenuità, tanto da proporvi una selezione di battute di spirito che abbiamo rielaborato appena-appena per esporle con un linguaggio leggermente più attuale.

A scuola… e non solo

Un padre sdegnato di fronte ai pessimi risultati domanda al figlio:
– Ma tu, perché vai a scuola?
– Per aspettare l’ora di uscita!

Allora il padre, deluso, si confida con un amico, chissà che non sappia fornirgli qualche consiglio:
– Dovresti dare a tuo figlio un giusto rimprovero.
– Tempo perso, caro mio; non ascolta che gli imbecilli…
– Allora gli parlerò io.

Alle domande dell’amico del padre, il ragazzo risponde di non studiare perché stanco di imparare controsensi.
– Fammi un esempio – chiede l’uomo incuriosito.
– Anche più di uno: perché si chiama quadrante la mostra di un orologio, mentre è rotonda e si chiama circolare il foglio delle comunicazioni del preside che invece ha la forma di un rettangolo? Perché si dice rosso il tuorlo di un uovo che invece è giallo, e si dice nero il vino che è rosso?

Il figlio dell’amico del padre a queste domande sa rispondere, perché è un ragazzo studioso. Meravigliato della sua erudizione, un compagno gli ha chiesto:
– Ma come fai a trovare il tempo per leggere tanti libri?
– La maggior parte li leggo la notte.
– Di notte? E ci vedi?

Preso dall’emulazione, anche il ragazzo svogliato confessa all’insegnante:
– Sa, professore? Ho deciso di bruciarmi il cervello sui libri.
– Non ci riuscirai, il vuoto è incombustibile!

Il problema è che gli asini sono asini! Protesta il padre del ragazzo che di studiare non ne vuole sapere. E racconta di quando il suo vecchio insegnante entrato in aula per far lezione si accorse di un fascio di fieno che, per scherzo, gli avevano posto sulla cattedra. Comprese subito l’atto di spirito, ma senza scomporsi, lo prese e porgendolo alla scolaresca esclamò:
– Signori, chi non ha terminato di fare colazione?!

I figli, oggigiorno, sono pieni di riguardi da parte dei loro genitori, che al contrario li considerano geniali. Si racconta, infatti, che una buona mamma, parlando col professore gli abbia detto:
– Malgrado tutte le sue lagnanze, dovrebbe confessare che mio figlio ha una gran testa: sveglia, aperta.
– Molto aperta! Tutto ciò che gli entra da un orecchio gli esce dall’altro.

In classe l’insegnante spiega:
– Un nome astratto deve indicare qualche cosa che si può immaginare, che si può pensare, ma che non si può toccare. Sapresti farmi un esempio?
– Sissignore…. un ferro rovente.

Stessa scuola, stessa classe:
– Chi era Pitagora?
– Un falegname.
– Ma che dici?
– Non ci restano le tavole fatte da lui?

Di matematica capiscono poco, questi ragazzi; ma di scienze?
– Che cosa sono i quadrupedi?
– Quelli che hanno quattro gambe!
– Per esempio?
– La sedia… il tavolino… due galline…

Un ragazzaccio, però, la matematica l’ha usata a modo suo. All’uscita di scuola si è avvicinato al banco di un venditore d’arance e ha chiesto:
– Quante me ne date per quattro soldi?
– Cinque.
– E allora, quattro per tre soldi?
– Esattamente.
– Tre per due, due per uno e una per niente….
Così, acchiappata un’arancia, è scappato via.

La solita chiacchiera di una volta: ultimi a scuola, primi nella vita. C’è pure chi racconta una storiella. Sentite: un professore monta in una barca per attraversare un certo fiume che ha la corrente molto impetuosa.
– Conosci la storia? – chiede al barcaiolo.
– No, signore.
– Sventurato! Metà della tua vita è perduta!
Dopo una pausa:
– Almeno, conosci la matematica.
– Neppure.
Sciagurato! Tre quarti della tua vita sono perduti.
Di lì a poco un colpo di vento rovescia la barca.
Il barcaiolo grida:
– Signore! Sa nuotare?
– No, aiutami…
– Allora, l’intera sua vita è perduta!

Se le acque di quel fiume sono pericolose, si può fare sempre una passeggiata in campagna.
Un signore attraversando un bosco vede una signorinella raccogliere funghi, prendendoli alla rinfusa.
– Fai attenzione, ragazza mia, ve ne potrebbero essere di velenosi.
La ragazza si ferma, e, guardandolo con un sorriso dolce e ingenuo, esclama:
– Oh! non importa, signore. Sono da regalare.

IMMAGINE DI APERTURA rielaborazione grafica della copertina de “Il libro allegro” di Ugo Vivarelli.

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