Piacenza: Klimt. L’uomo, l’artista, il suo mondo – Le sezioni della mostra

Dal 12 aprile 2022, gli spazi della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi e dell’XNL – Piacenza Contemporanea ospitano “Klimt. L’uomo, l’artista, il suo mondo” una grande mostra dedicata al maestro della secessione viennese e al suo mondo, con oltre 160 opere, tra dipinti, sculture, grafica, manufatti d’arte decorativa provenienti dal Belvedere e dalla Klimt Foundation di Vienna e da molte altre prestigiose collezioni pubbliche e private.

LA MOSTRA

LE SEZIONI

Prima sezione – Il contesto. Il Simbolismo europeo
Se gli impressionisti dipingono solo quello che vedono, i simbolisti dipingono soprattutto quello che non vedono. Alla concezione evoluzionistica e positivista della civiltà, i simbolisti contrappongono un’età dell’oro che è esistita prima della civiltà e che affonda le radici nel mito; all’attimo dipinto da Monet e compagni sostituiscono un mondo senza tempo; alla realtà dell’impressione antepongono il sogno, l’apparizione, la fantasia; alla vista la visionarietà.
Anticipatore del clima simbolista è il belga Felicien Rops (1833-1898), che mescola nei suoi lavori eros e misticismo.
I miei doni mi hanno introdotto al sogno: ho subito i tormenti dell’immaginazione e le sorprese che la fantasia mi dava quando disegnavo” scrive Odilon Redon (1840-1916), uno dei padri del Simbolismo francese.
Max Klinger (1857 – 1920) nel ciclo Un guanto immagina che un guanto cada di mano a una giovane donna mentre sta pattinando a Berlino e venga raccolto dall’artista innamorato di lei. Questo episodio dà avvio a una narrazione illogica e sfuggente, simile a una trama di sogni.
In Belgio Fernand Khnopff (1858-1921) circonda le sue figure di un alone di mistero (Maschera bianca, 1907), mentre Ensor (1860-1949) rappresenta le folle tra apparizioni visionarie (Il trionfo della Morte) e

L’esposizione si avvale di un comitato scientifico composto da Gabriella Belli, Fernando Mazzocca, Lucia Pini, Elena Pontiggia, Franz Smola, Valerio Terraroli, Alessandra Tiddia e Sandra Tretter.

il norvegese Edvar Munch (1863-1944) crea un mondo abitato da fantasmi spettrali (L’urna) e vizi (Vanità).
Il tedesco Franz von Stuck (1863-1928), uno dei fondatori nel 1892 della Secessione Monacense, dà un’interpretazione carica di pathos del mito antico (Medusa). Il tirolese Leo Putz (1869-1940), anch’egli esponente della Secessione monacense, si ispira in Parzifal al mondo wagneriano, reinterpretato fra estetismo e sensualità.

Seconda sezione – Le opere giovanili di Klimt e il sodalizio con il fratello Ernst e con Matsch
Nel 1878-79 Gustav Klimt, che ha tra i sedici e in diciassette anni, studia pittura alla Scuola d’arti e mestieri di Vienna. A questo periodo si riferiscono i disegni di figura, le “accademie”, qui esposti. Tra il 1882 e il 1884 esegue invece, per il portfolio Allegorien und Embleme, alcune incisioni in cui il modello classico è tradotto in toni estetizzanti.
Nel 1879 Klimt fonda con il fratello Ernst e l’amico Franz Matsch la Compagnia degli Artisti, che nel decennio successivo riceve vari incarichi di decorazioni pittoriche. Tra queste ci sono i dipinti per il soffitto del Teatro comunale di Fiume (di cui vediamo qui un delicato studio di Ernst); per il sipario del teatro di Karlsbad, a cui i tre artisti lavorano insieme; per i soffitti dello scalone del Burgtheater di Vienna (si veda il bozzetto di Matsch).
Ernst Klimt, fratello minore di Gustav, che scomparirà prematuramente a ventotto anni nel 1892, dimostra nelle sue opere un gusto aggraziato, analitico nel disegno, con risvolti simbolici. Nella Natura morta con armatura affianca l’elmo e la corazza a un ramo di alloro, simbolo della gloria, e a una statua di Atena, la dea guerriera.
Franz Matsch (1861-1942) rivela un accento romantico e intimista nel giovanile ritratto di Hermine e Klara, le due sorelle di Klimt che non si sposeranno mai e vivranno con lui – celibe, nonostante i vari legami e i figli – fino alla sua morte.
Georg Klimt (1867-1931), più giovane di Gustav di cinque anni, lavora invece da solo, creando opere d’arte decorative e approdando a un più spiccato simbolismo (Satiro e ninfa, 1900 ca.).

Terza sezione – Gustav Klimt e la Secessione viennese
Il 3 aprile 1897 Gustav Klimt fonda la Vereinigung bildender Künstler Österreichs-Secession (Associazione degli artisti figurativi austriaci – Secessione), che rappresenta un gruppo di dissidenti all’interno della Wiener Künstlerhaus, l’associazione ufficiale degli artisti viennesi che detiene il monopolio dell’organizzazione delle mostre cittadine.

Il nome dell’associazione è mutuato dal termine latino secessio plebis. Anche la rivista creata dal gruppo prende il nome latino di “Ver Sacrum” (Primavera sacra), proponendo all’Austria una primavera innovativa nel campo delle arti.
Nel maggio dello stesso anno ben 13 artisti si staccano definitivamente dalla Wiener Künstlerhaus. Fra di loro vi sono artisti più legati al realismo e al naturalismo come Wilhelm List o Ferdinand Andri, come anche altri fortemente orientati verso lo Jugendstil, quali Carl Moll o Ernst Stoehr e Joseph Maria Auchentaller. Klimt – l’artista più rappresentativo di tale gruppo che reclama nuovi spazi espositivi e una nuova autonomia espressiva – ricopre la carica di presidente nel primo anno dell’associazione.

La Secessione viennese, soprattutto in pittura, non è un atto di rivolta contro l’arte del passato, quanto piuttosto un’iniziativa tesa a creare un’arte corrispondente alle esigenze del tempo in Austria.
Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”, questo il motto degli artisti secessionisti sulla facciata della loro sede espositiva – il Palazzo della Secessione su progetto di Joseph Maria Olbrich – caratterizzata dalla cupola decorata da foglie d’alloro dorate che campeggia nel cuore di Vienna.

Le annuali mostre della Secessione ospitano i grandi maestri dell’arte europea da Rodin a Segantini, da Khnopff a Hodler; leggendaria la grande esposizione degli impressionisti del 1903 con opere di van Gogh. Negli anni le divergenze fra “naturalisti” e coloro che, come Klimt, propendono per una maggiore stilizzazione e sintesi del linguaggio artistico si acuiscono fino all’abbandono nel 1905, da parte di Klimt e di altri artisti, fra cui Koloman Moser, Hoffmann e Moll che formano la Klimt – Gruppe (Gruppo Klimt).

Quarta sezione – Le Wiener Werkstätte
La Secessione di Vienna è caratterizzata sin dall’inizio dalla forte connessione fra arti figurative, scultura, architettura e design. Fra gli architetti figurano i nomi di Otto Wagner, Josef Hoffmann e Joseph Maria Olbrich, che trasformano Vienna in una moderna metropoli europea. Se Alfred Roller rinnova il mondo delle scenografie e del teatro, Koloman Moser incarna con le sue opere multidisciplinari il concetto della Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale).
Tale idea totalizzante informa la concezione artistica e didattica delle Wiener Werkstätte (Officine viennesi) fondate nel 1903 dall’industriale Fritz Wärndorfer sotto la guida di Josef Hoffmann e di Koloman Moser per la produzione di manufatti artigianali. Il modello di riferimento è il gruppo britannico “Arts and Crafts”.
L’obiettivo della ditta è quello di rinnovare il concetto di arte nel campo delle arti e mestieri e di assorbire gli allievi che si formano presso la Kunstgewerbeschule (Scuola d’arti applicate), dove insegnano molti artisti secessionisti, fra cui lo stesso Moser.
La produzione delle Wiener Werkstätte spazia dall’argenteria e dalla gioielleria ai vasi in vetro e metallo, fino ai mobili e agli arredi per la casa, compresi tessuti e arazzi, e include anche una sezione grafica per i manifesti e le cartoline.

Quinta sezione – Il Fregio di Beethoven
L’opera è la fedele ricostruzione datata al 2019 del monumentale Fregio di Beethoven realizzato da Gustav Klimt per la XIV Mostra della Secessione del 1902, dedicata al grande musicista e si ispira all’interpretazione wagneriana della Nona Sinfonia.
PARETE LUNGA: Il volo delle Silfidi rappresenta il desiderio di felicità dell’uomo. Il cavaliere dall’armatura d’oro, spinto dalla compassione (la donna a mani giunte) e dall’ambizione (la donna con l’alloro) vuole aiutare le tre persone nude, simbolo del dolore.
PARETE CORTA. A contrastare il cavaliere ci sono le forze ostili: Tifeo, dal corpo di gorilla e serpente; le tre Gorgoni alla sua destra (simbolo di malattia, follia e morte); le tre donne alla sua sinistra (simbolo di lussuria, dissolutezza, intemperanza).
PARETE LUNGA. Il desiderio di felicità si placa nella poesia: il cavaliere ha vinto le forze ostili e le Silfidi hanno raggiunto una suonatrice di cetra, simbolo della poesia. Le fanciulle che rappresentano le Arti lo introducono in un universo abitato da un coro di angeli del Paradiso e dall’amore universale (l’abbraccio degli innamorati). Le Arti ci portano nel regno ideale, dove possiamo trovare la felicità.
Al di là della simbologia, il Fregio è di straordinaria importanza stilistica perché le grandi pareti orizzontali vuote sono un’innovazione assoluta, che anticipa certi esiti del suprematismo e del minimalismo. La mostra della Secessione voleva ispirarsi all’opera d’arte totale, e anche Klimt unisce pittura, disegno e arte decorativa, inserendo nella composizione materiali insoliti come madreperle, pietre dure, chiodi, vetri, frammenti di ceramica.

Sesta sezione – Il Ritratto di signora della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza
Il Ritratto di signora di Gustav Klimt viene acquistato nel 1925 dal nobile piacentino Giuseppe Ricci Oddi per la propria raccolta poi confluita nell’omonima Galleria istituita per volere del collezionista stesso e aperta al pubblico dal 1931.
La tela è databile tra il 1916-1917 e appartiene all’ultima fase di attività di Klimt: la sua pittura si fa meno preziosa e sorvegliata, abbandonandosi a pennellate quasi sbrigative che tradiscono un approccio più emozionale, aperto alle atmosfere espressioniste.
Spetta a una studentessa di un liceo piacentino – Claudia Maga – avere intuito nel 1996 la particolarissima genesi dell’opera poi confermata anche dalle analisi, cui la tela è stata sottoposta: Klimt la dipinge sopra un precedente ritratto già ritenuto perduto raffigurante una giovane donna identica nel volto e nella posa all’attuale effigiata, ma diversamente abbigliata e acconciata.
I colpi di scena non finiscono qui: il 22 febbraio 1997, la tela di Klimt viene rubata dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi con modalità che le indagini non riusciranno mai a chiarire. Non mancheranno sedicenti informatori, mitomani, medium, estorsori, dubbie confessioni… Per la ricomparsa del dipinto occorrerà aspettare quasi ventitré anni e il suo ritrovamento sarà ancora più enigmatico del furto. Il 10 dicembre 2019 sono in corso alcuni lavori di giardinaggio lungo il muro esterno del museo piacentino.

Qui, in un piccolo vano chiuso da uno sportello privo di serratura viene rinvenuto un sacchetto di plastica, dentro al quale vi è un dipinto: è il Ritratto di signora di Klimt.

Settima sezione – Egon Schiele e Oskar Kokoschka
I più importanti “compagni di strada” di Klimt sono stati Schiele e Kokoschka.
Più giovane di Klimt di quasi trent’anni, Egon Schiele (1890-1918) forza gli esiti della pittura klimtiana in direzione di una drammaticità nervosa e un linearismo tormentato e ansioso. Le sue figure si slogano in posizioni improbabili, a metà tra erotismo e disperazione, sensualità e sofferenza. Mentre Freud in quegli stessi anni dimostra il rapporto tra nevrosi e angoscia, Schiele la nevrosi la dipinge: anzi, la rivela nelle sue figure dai contorni stravolti. Schiele è stato uno dei maggiori disegnatori dell’epoca. Racconta Arthur Roessler che una volta il giovane artista, volendo avere dei disegni di Klimt, gli propose un cambio e Klimt obiettò: “Perché vuole fare un cambio? Lei disegna meglio di me”.
Oskar Kokoschka (1886-1980) lavora inizialmente per le Wiener Werkstätte, i laboratori d’arte applicata fondati a Vienna da Josef Hoffmann e da Koloman Moser nel 1903. Si dedica poi alla grafica e nel 1907 pubblica nelle loro edizioni un libro dedicato a Klimt, I fanciulli sognanti, che illustra con litografie sospese fra senso decorativo e gusto araldico, ricordi colti e reminiscenze d’arte popolare, mentre la natura si trasforma in un teatro incantato, venato di misticismo. Il contorno nero delle immagini dà loro una bidimensionalità quasi irreale, dove la figura diventa a volte una pura sigla astratta. Nel testo del libro però Kokoschka dissemina tracce di violenza e crudeltà, che anticipano la sua futura ricerca espressionista.

Ottava sezione – Klimt. Le figure
Nella pittura di Gustav Klimt la figura reale o mitologica, ritratta dal vero o immaginata, realistica o visionaria, ha un ruolo centrale. L’artista austriaco è pittore di volti, di corpi, di immagini femminili e, più raramente, maschili di assoluta intensità.
Interprete della bellezza femminile fra i maggiori del moderno, Klimt ha dipinto episodicamente anche la vecchiaia, la malattia, la deformità, come nel crudo Vecchio sul letto di morte, 1899-1900 e nel successivo disegno Testa di vecchio, 1917-18 della Galleria Ricci Oddi, dove la figura dell’uomo è indagata impietosamente nel suo decadimento.
Le amiche o Le sorelle, 1907, dal raro taglio verticale a stele, in cui le due figure femminili si affiancano al puro motivo decorativo, affrontano il tema dell’amicizia femminile, che è stato interpretato anche come allusione a un legame omosessuale, all’epoca motivo di scandalo.
Sono poi esposte, per un ideale raffronto, tre opere avvicinabili cronologicamente al Ritratto di signora Ricci Oddi: Ritratto di Amalie Zuckerkandl, 1913-1917; Testa di donna, 1917; Ritratto di signora in bianco, 1917 – 1918, rimaste incompiute per la morte dell’artista. Sono ritratti incastonati in uno spazio- colore, dove non c’è il minimo accenno all’ambiente, e il volto isolato risulta ancora più espressivo. Amalie Zuckerkandl, figlia dello scrittore e commediografo viennese Sigmund Schlesinger moglie del facoltoso e rinomato chirurgo Otto Zuckerkandl, morirà nel 1942 in un lager nazista.
Completano la sezione, oltre a una serie di importanti disegni, i ritratti contemporanei di Otto Friedrich e Joseph Maria Auchentaller, esponenti della Secessione viennese; e di Leo Putz, protagonista della Secessione Monacense e, dal 1901, membro di quella viennese.

Nona sezione – I seguaci italiani
La presenza di Gustav Klimt alla Biennale di Venezia nel 1910 e alla Esposizione Internazionale d’arte di Roma del 1911 costituisce un momento cruciale nella storia artistica italiana. Gli esempi offerti dalle raffinate ed ‘eccentriche’ tele del maestro austriaco sollecitarono molti nostri artisti dell’epoca a ripensare al proprio operato in favore di uno stile più moderno e internazionale.
Personalità di rilievo come Galileo Chini e Vittorio Zecchin, ad esempio, così come personaggi meno noti quali Emma Bonazzi e Luigi Bonazza, traggono dalle opere del capofila della Wiener Secession quegli elementi formali e poetici necessari ad aggiornare il loro linguaggio in direzione di un decorativismo pittorico di gusto Déco.
Altri artisti, invece, reagiscono all’ascendente esercitato dal grande maestro viennese stravolgendolo dall’interno, costringendo la figurazione klimtiana nell’ampio contesto dell’Espressionismo italiano. Tra

questi Adolfo Wildt e Felice Casorati, promotori di un’arte in bilico fra estremo rigore formale, primitivismo e figurazione ‘selvaggia’.
In entrambi i casi l’opera di Klimt contribuì a ‘svecchiare’ il panorama nazionale e ad avviare quel processo di rinnovamento artistico che si sviluppa in Italia nei primi due decenni del XX secolo.

FOCUS
Il ciclo de
Le mille e una notte di Vittorio Zecchin
Nel 1914 il muranese Vittorio Zecchin (1878 – 1947) dipinge il ciclo de Le mille e una notte per la sala da pranzo dell’Hotel Terminus, albergo veneziano oggi non più esistente.
I dipinti sono emblematici dell’influsso esercitato da Klimt tra gli artisti italiani dopo che le sue opere erano apparse alla Biennale di Venezia del 1910 e alla Quadriennale di Roma dell’anno seguente. Figlio di un vetraio muranese, Zecchin declina l’ispirazione klimtiana in una grande partitura decorativa accentuatamente bidimensionale, ricca di dettagli dorati e motivi geometrici simili a murrine ingigantite. I dipinti hanno per tema uno dei racconti più famosi de Le mille e una notte, ovvero la storia di Aladino che riuscirà a sposare la figlia del califfo grazie alle incredibili ricchezze procurategli dal Genio della lampada. Le tele, che ne raffigurano il fastoso corteo nuziale, hanno la cadenza dell’arazzo: le principesse cariche di doni sfilano sotto gli occhi vigli dei guerrieri dando vita a una sequenza favolosa, dominata dall’atmosfera misteriosa e fiabesca di un oriente stilizzato, in bilico tra Egitto e Bisanzio.

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