Roma, Cappella Orsini: “Anime Prive – in cerca di cibo” – Apre la Mostra dell’artista romano ANDREA MODESTI

Anime Prive – in cerca di cibo è la prima mostra dell’artista romano ventunenne Andrea Modesti.

Dal 27 maggio al 3 giugno, circa 30 opere di Modesti sono ospitate nella splendida cornice di Cappella Orsini in una mostra a cura di Claudia Rebecca Saso.

Testo di presentazione di Daniele Masini, presidente di Fulcro Lucem s.r.l.

La mostra Anime Prive – In cerca di cibo rappresenta per noi un passo importante per marcare il rapporto tra i giovani e il mondo dell’arte. Quell’arte che permette di provare la purezza delle emozioni, non un solo significato, non un solo pensiero, ma lo stupendo connubio tra artista, opera e spettatore.

Da un anno a questa parte, insieme ad Andrea Modesti, sentivamo il bisogno di dover donare un qualcosa alla nostra Città e ai nostri coetanei, e così un giorno passeggiando tra le vie del centro immersi nell’arte che ci circondava, ci siamo immaginati la mostra che avremmo voluto visitare. Proprio in quel momento abbiamo desiderato che questo nostro pensiero si tramutasse in qualcosa di concreto, in un luogo reale visitabile e aperto a tutti.

Un viaggio con sé stessi in cui la mescolanza tra gli elementi della natura e gli elementi dell’artista la fanno da padrone. Tutto ciò è stato realizzato in questa mostra, dove lo spettatore è immerso in quadri, bozzetti e sculture.

Ogni opera ha un segno distintivo che accompagna e unisce passo dopo passo il susseguirsi di emozioni. Modesti per la realizzazione delle sue opere passa infatti dai colori a olio all’argilla, dallo spago ai rovi.

Biografia raccontata di Andrea Modesti

“Sono nato a Roma il 24 luglio del 1999, dove vivo.
Durante l’infanzia abitavo in una casa a Talenti, verso i miei otto anni invece ci siamo trasferiti a Nuovo Salario, una zona a pochi minuti dalla prima ma completamente diversa. Qui ho frequentato prima le scuole elementari e poi le medie, iniziando un periodo pieno di novità, di cambiamenti, ma anche di sfide soprattutto a livello interiore.
A scuola non sono mai stato lo studente modello e, ad oggi, potrei dire perché probabilmente le emozioni mi hanno sempre portato altrove. Io ero uno di quelli sicuramente particolari, quelli che le insegnanti a scuola raccomandano alla madre di essere seguito in un certo e puntiglioso modo; io ero uno di quelli che alla magia ci credeva veramente, che fantasticava con le immagini e che volava con i pensieri.
Sono sempre stato un bambino, un ragazzo altamente emotivo, per cui gestire le emozioni non è mai stato semplice. Anche il mio continuo movimento, le mie mille domande, la continua ricerca di contatto con qualcuno o gli apparentemente insensati “strilletti” che ogni tanto uscivano da sè: tutta questa mia vivacità, che ha appartenuto tanto alla mia infanzia quanto alla mia adolescenza, esisteva perché ero sopraffatto dalle emozioni, ne avevo tante, erano forti, e fare rumore all’esterno era per me un modo per trasferirle sul piano della realtà. Il 2013 fu un anno catartico, segnato da un evento importante, di quelli che chiamerei “di svolta” – interiore – e che mi ha reso possibile conoscere il vero ed unico linguaggio esistente tra me, e me stesso.
Frequentavo le scuole medie avevo tredici anni, era l’anno della terza e un mio compagno di classe si ammalò di leucemia. Era Leonardo, un ragazzino piccolo come me e ingenuo come tutti noi, che però, a differenza nostra, non sapeva se sarebbe mai diventato grande davvero. Leo e la sua malattia erano stati per me così potenti, così coinvolgenti, che gli stati d’animo vissuti in quel periodo mi hanno per forza portato a scoprire la mia àncora di salvezza: l’arte, la pittura.
Quella volta mi ha salvato per la sua prima volta.
Dal quadro che divenne poi, “il quadro di Leonardo” decisi definitivamente di iscrivermi al liceo artistico -l’idea c’era già da prima- e così l’anno successivo mi iscrissi al Liceo artistico Cesi di Roma.
Non furono anni particolarmente brillanti per me quelli dell’adolescenza, anzi, è possibile che stia ancora oggi smaltendo le emozioni negative vissute in quel periodo.
Di fatto quelli sono stati sicuramente gli anni più duri ma allo stesso tempo, anche i più formativi; quell’ambiente non mi aveva mai stimolato, mai rispecchiato e ad oggi posso dire di aver imparato l’importanza che riveste il luogo in cui ti ritrovi a vivere tutti i giorni. Chi in tutti quegli anni sapeva davvero qualcosa di me erano i miei colori, i pennelli, i miei dipinti; per quanto riguarda questi ultimi, devo dire che al tempo nessuno avrebbe mai scommesso su di loro; per quanto riguarda me, fino a non molto tempo fa vale la stessa cosa. D’altronde non ho mai rispecchiato i canoni che la società pretende, sono sempre stato diverso e non ho mai tradito me stesso. Solamente, certo, il percepire questa mia diversità mi aveva portato lungo quegli anni a cambiare totalmente prospettiva: se da piccolo infatti ero un bambino iperattivo e sempre in cerca del contatto con gli altri, con il tempo l’esterno ha ceduto sempre di più posto all’interno.
Sono sempre stato molto sensibile ma un maschio non può esserlo; avevo più amiche femmine che maschi e poteva risultare strano. Ma come ho già scritto, e lo ripeto perchè mi sembra un aspetto molto importante, posso dire di non aver mai tradito me stesso.
Per quanto riguarda gli studi dopo il Liceo artistico mi sono iscritto all’ Accademia delle Belle Arti (anno 2018-2019). Qui ho iniziato a sprigionare tutto quello che volevo. Ho iniziato
a vedere la realtà diversamente e a sentirmi sempre più vicino al mio centro, io che avevo vissuto per anni nell’insicurezza.
Nel mondo stravagante dell’Accademia ho ritrovato un po’ di quella magia che avevo perso crescendo e che mi aveva posseduto per diversi anni. È stato come andare a una sorta di Hogwarts, in un certo senso. I miei quadri e la mia pittura, la totale devozione all’arte pittorica è avvenuta più o meno in quel periodo. Il mondo esterno non mi piaceva, quello interiore mi richiamava ad un continuo soliloquio.

Verso novembre dell’anno accademico accadde poi un incontro magico. Uno di quelli in cui sai che non è stato un incontro casuale, che c’è qualcosa di totalmente puro e familiare con quella persona. Mia sorella li definisce “re-incontri” con le anime che già conosciamo. Di molti che sono avvenuti in seguito, questo è stato il primo. È come se da lì si fossero mosse le acque in un continuo vortice di fortune e sincronicità, da lì, è come se avessi iniziato per la prima volta a volare.”


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