17- Letture estive: “Feria d’agosto” di Cesare Pavese – L’estate

La scelta delle letture estive è talmente impegnativa che si preferirebbe essere già a settembre. Naturalmente stiamo scherzando, perché i suggerimenti offerti sono talmente tanti che potremmo trascorrere tutto il tempo a passarli in rassegna. La Redazione Il Libraio, ad esempio, fornisce una lunga e documentata lista di Libri da leggere: oltre 200 consigli per l’estate 2022. Dovete solo acquistare il libro che preferite e portarvelo sotto l’ombrellone.

In verità, l’espressione “libro da ombrellone” sembra alquanto irriverente trattandosi di letture, che certo non vorremmo fossero del tutto disimpegnate e superficiali. La proposta che vi facciamo è, quindi, (ri)scoprire un bel libro di un grande autore italiano del Novecento. Un libro solo, da leggere, capitolo dopo capitolo, dovunque voi siate.

Feria d’agosto di Cesare Pavese, raccoglie brevi racconti incentrati sugli anni giovanili dell’autore: la vita in campagna, le vigne, l’infanzia in contrapposizione col mondo degli adulti, la voglia di lasciare quelle colline e conoscere il mondo. Infine, la città, le case, le feste, le amicizie. Sono temi che si ritrovano anche in altri capolavori di Cesare Pavese. Sono i temi che per tutto il mese d’agosto ci accompagneranno sulle pagine di Experiences. Buona lettura e buone ferie, per voi e per noi.

Parte seconda: La città

L’estate

Di tutta l’estate che trascorsi nella città semivuota non so proprio che dire. Se chiudo gli occhi, ecco che l’ombra ha ripreso la sua funzione di freschezza, e le vie sono appunto questo, ombra e luce, in un passaggio alternato che investe e divora. Amavamo la sera, le nubi torride che pesano sulle case, l’ora calma. Del resto, anche la notte ci faceva l’effetto di quella breve penombra che inghiotte chi dal gran sole rientra in casa. C’incontravamo sull’imbrunire, ed era già mattino, era un’altra giornata tranquilla. Ricordo che la città era tutta nostra – le case, gli alberi, i tavolini, le botteghe. Nelle botteghe e sui banchi rivedo montagne di frutta. Ricordo il profumo caldo e le voci nelle vie. So dove cade a una cert’ora il riquadro di sole sul mattonato della stanza.

Di noi, invece, e delle nostre parole non ritrovo quasi nulla. So che mangiai molta frutta; che mi assopii tante volte abbracciato e abbracciando; che attardandomi a sera per via, godevo i passanti, i colori, gli istanti, sapendomi atteso. So che le mie mani e il mio corpo erano divenuti una cosa tenera e viva, come appunto le nuvole, l’aria e le colline in quelle sere d’estate. Tutto questo mi fu familiare, e direi quotidiano se il succedersi di quei giorni non mi paresse tuttora illusorio, tanto che a volte l’intera stagione mi riesce, a ripensarci, una sola giornata che vissi in comune. Questa giornata era dentro di me, e la compagnia che finí con l’estate le dava un senso e una voce. Quando ci lasciavamo non ci pareva di separarci, ma di andare ad attenderci altrove, come a un convegno, come in fondo alle vie scompare e riappare la collina. La vedevamo ogni sera coprirsi d’ombre, e ci piaceva tanto nella sua calma che divenne una delle cose della stanza, divenne parte della finestra e della via. Nella notte breve non scompariva, tant’era vicina. La giornata cominciava e finiva con lei. Mangiavamo la frutta guardandola. Adesso non resta che la collina e la frutta.

La città semivuota mi pareva deserta. Il gioco dell’ombra e del sole l’animava tanto, ch’era bello fermarsi e guardare da una finestra sul cielo e su un ciottolato. Sapere che oltre alla luce e all’ombra fresca c’era qualcosa che mi stava a cuore e rinasceva col sole e affrettava la notte, dava un senso a ogni incontro che avvenisse su quelle strade. C’erano gli alberi che bevevano il sole, c’erano i gridi delle donne, c’era un grande silenzio. Uscivo dalla stanza presentendo altri sentori e la frescura della sera. Potevo guardare e amare ogni cosa.

A volte, in tutt’altra parte della città, c’era una piazza che mi attendeva, con le sue nuvole e il suo calmo calore. Nessuno l’attraversava, nessuna finestra s’apriva, ma s’aprivano gli sfondi delle vie deserte in attesa di una voce o di un passo. Se tendevo l’orecchio, nella piazza il tempo si fermava. Era giorno alto. Piú tardi, a sera, ci pensavo e la ritrovavo immutata.

In quelle sere l’estate non perdeva vigore, giacché sapevamo che ciascuno di noi pensava all’altro. Ogni incontro consueto mi toccava nel cuore questa certezza, muovendola appena, e la faceva traboccare. Allora s’increspava la luce, che vedevo come un giovane ricordo, quasi rientrassi d’improvviso in un’estate diversa, di là dai corpi e dalle voci, e la stanza che avevo lasciato mi fosse valsa come un’ombra che discreta mi riaccoglieva. Ogni cosa, accadendo, si faceva ricordo, perché accadeva dentro di me prima che fuori. Era come se la lunga giornata l’andassi facendo io, e perciò niente, della stanza e della sera, mi era estraneo; nemmeno il corpo che accoglieva il mio, e la voce sommessa.

Una sera le nuvole si addensarono, e piovve tutta la notte. Io attendevo a una finestra che non era la nostra, e gli spruzzi e le gocciole mi giungevano in faccia. Sapevo che l’indomani la luce sarebbe stata piú viva e piú fresca l’ombra, e non ebbi fretta di rientrare dov’ero aspettato. Era l’ultima pioggia dell’estate, e cambiò il colore della città. Avrei potuto attendere, al riparo, ma discesi sotto la pioggia e percorsi altre strade. Pensavo intensamente alla nostra finestra, ci pensavo e me ne allontanavo. La collina era in fondo alle strade, oscurata e avvicinata dall’ombra accresciuta. Vidi sotto la pioggia davanzali e portoni che avevo sempre visto nel sole. Tutto era fresco e vicino, e veramente stavolta la mia città era deserta. Traversai molte piazze. Quando rientrai, innamorato e pensando alle strade dell’indomani, trovai la stanza vuota, e tale fu fino a notte. Mi misi allora alla finestra.

Stemmo insieme ancora molti giorni, fin che durò la stagione, ma entrambi sapevamo che tutto sarebbe finito entro l’autunno. Cosí fu infatti.


Edizione completa sulla pagina dedicata a Feria d’agosto di liberliber.it . Testo digitalizzato da Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it, revisionato da Catia Righi, catia_righi@tin.it, e Ugo Santamaria.

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