22 – La sera fu lunga … così la notte

Dove inizia una lunga notte durante la quale l’allieva spiega come questa Catharina la greca abbia ordito la trama contro Pellegrina. Dimostra che si è voluta vendicare per essere stata lasciare da parte, dopo che Pellegrina si è rivolta alla clientela più agiata del marito.

Si era allontanato, per recarsi nello studio. Troppo tardi per raggiungere gli amici. Il professore decise, perciò, di scusarsi espressamente e saltare la cena.
La ragazza era rimasta da sola nell’ampio salone. Avvolgenti boiserie si alternavano ad altissime vetrine con importanti pezzi d’arte e pregiati volumi d’antiquariato. Sopra il camino di marmo verde spiccava una collezione di rari vasi in dinanderie. Alla parete le sensuali e provocanti forme di una danzatrice, in un dipinto anni Trenta. Osservava con meraviglia la ricercatezza dei materiali, la raffinatezza degli oggetti, le linee geometrizzanti dei parati e i loro delicati cromatismi.
«Scommetto…», disse il professore rientrando nella sala, «che questa sera saprai chiarire ancora meglio cosa accadde di tanto importante da cambiare la vita di Pellegrina in quel fatidico anno 1549…».
La ragazza sorrise e si accomodò di nuovo sul divano.
«Senza volerlo lo rivela Quienca», rispose sicura di sé. «Nella sua testimonianza racconta che saranno trascorsi otto anni, da quando si rivolse per certe pene d’amore a mastro Rotellaro. Quest’ultimo, a sua volta, gli suggerisce il nome di Pellegrina, come persona capace di predire, mirando il segno di Salomone. Quienca informa che Pellegrina alloggiava nel quartiere di Montevergine».
«Dunque?».
Il professore era sulle spine, perché le deduzioni dell’allieva in qualche modo lo incuriosivano, ma si tratteneva dal renderlo palese. Per la verità, gli piaceva ascoltare da qualcun altro ciò che cominciava già ad immaginare e quella ragazza lo faceva con voce suadente:
«Angelo Rotellaro», continuò la ragazza, «era di Salerno, Clemente Quienca di Sorrento, Pellegrina di Napoli. Il denominatore geografico è distintamente precisato. Rotellaro muore, a detta di Quienca, sei anni prima del processo, quindi nel 1549. Quante coincidenze di data in questa vicenda, vero?».
«È l’anno in cui tutti i nodi vengono al pettine… cosa deduci da questo?», domandò il professore fortemente coinvolto.

«Quienca», rispose la giovane, «probabilmente procurava clienti a Rotellaro, nello stesso modo in cui Catharina la greca faceva con Pellegrina… Rotellaro però era anziano e malato, così fa il nome di Pellegrina.
Il canestraio trova addirittura in lei una veggente migliore del maestro. Infatti, per leggere nel segno di Salomone mastro Angelo si serve di suo figlio. Pellegrina al contrario non ha bisogno di nessuno, dimostrando di possedere il sangue legio, perché altrimenti dovrebbe essere vergine, e di certo non lo è più da un pezzo, e neppure è gravida… In qualche libro ho letto che l’altenativa era avere le mestruazioni. Da principio, tuttavia, è restia a sfruttare certe attitudini, avendo percepito il pericolo di una possibile accusa d’eresia.
Quienca, forse, per le sue pene insoddisfatte d’amore ronza intorno anche a Pellegrina. È attratto dall’avvenenza della giovane magara mollata dal marito, con la quale oltre a soddisfare le voglie sessuali potrebbe anche soddisfare quelle venali, mettendo in piedi traffici vantaggiosi».
Il professore ascoltava con interesse e aveva preso ad aspirare ampie boccate di fumo dalla sua pipa, invitandola a proseguire:
«Abbiamo certezza che Pellegrina è sicuramente impegnata nelle divinazioni con lo specchio solo quando all’inizio dell’ultima quaresima Quienca e Rechiputo si recano da lei per trovare l’anello. Secondo Quienca il fatto accade nel periodo di carnevale; per Rechiputo il secondo giorno di quaresima, ovvero il 5 marzo. A conti fatti, l’episodio si inquadra quarantatré giorni prima del confronto disposto da Don Sebastiàn.
Per l’Inquisizione la divinazione è una pratica gravissima. Allora dobbiamo domandarci: cosa ha fatto cambiare idea a Pellegrina, convincendola a vincere ogni remora? Oltretutto senza ricorrere all’ausilio di Catharina la greca, né di Quienca?».
«Neppure di Quienca? Come puoi dirlo?».
«Non li avrebbe denunciati entrambi. Dopo due settimane di prigionia, infatti, ammettendo la sua attività di magara, Pellegrina chiama in causa Catharina la greca e Quienca. Riguardo alla prima, sostiene d’averla ormai persa di vista. Riguardo al secondo, lo presenta come un frequentatore fastidioso».
Ormai pienamente coinvolto dalla discussione, anziché limitarsi ad ascoltare, il professore posò nel portacenere la pipa ancora accesa e si fece passare un foglio bianco per fissare le idee.
«Sulla scorta degli atti testimoniali possiamo stabilire tre intervalli di tempo.
1547-1548: Pellegrina nega di leggere qualcosa nel segno di Salomone.
1549: muore mastro Rotellaro.
1555: Pellegrina esercita per certo la divinazione. Fissa in modo estatico uno specchio, sia per richiesta di Rechiputo che del panettiere abitante a S. Maria la Porta. Inoltre, osserva incantata la caraffa nella quale Carcano vede galleggiare cose nere che parevano demoni…». Poi invitò l’allieva a continuare..
«Sono convinta che alla morte di Rotellaro, Pellegrina abbia assunto il ruolo del negromante. Aggiungiamo che quello stesso anno ricompare Vitello. Proviamo dunque a considerare cosa potrebbe essere accaduto esattamente nel 1549.
Primo. Pellegrina cambia casa e va a vivere nel quartiere di San Giovanni.
Secondo. Pellegrina lascia Caterina la greca, giacché cambia quartiere, ma anche perché è diventata, a tutti gli effetti, una signora e vuole smettere quel lavoro così poco redditizio. Già da qualche anno, è circondata dalle attenzioni di Quienca: quelle sessuali sono per lui scemate col ritorno di Vitello; quelle di lavoro potrebbero lasciargli qualche spiraglio di speranza, solo se Pellegrina si convincesse a divinare. Tuttavia, fino ad ora Pellegrina ha tenuto a freno il canestraio, perché le prospettive di guadagno, pur allettanti, sono troppo rischiose.
Terzo. La morte di Rotellaro accelera la decisione. D’ora in poi Pellegrina rileverà i suoi affari e assumerà l’importanza da lui ricoperta.
In realtà mastro Rotellaro non è semplicemente un mago… un indovino. Quienca lo chiama negromante. Sorge spontanea la domanda: mastro Rotellaro esercita la magia nera? Oppure è più esattamente un necromante? In altre parole, per le sue divinazioni esercita l’evocazione dei defunti?
In verità, un certo mercato esiste. Riflettiamo: il fatto stesso che fino ad ora, nonostante gli interventi per sciogliere magarie, la maggior parte degli assistiti abbia cessato di vivere – affetti da malattie vere e non da semplici suggestioni – fornisce l’idea a Pellegrina che possa esercitare, con successo, l’evocazione dei defunti con scopo divinatorio.
Quarto. La venuta di Vitello apre a Pellegrina nuove e irrinunciabili prospettive di guadagno. Fino a questo momento ha scovato pupattole nelle case del popolino e della piccola borghesia. Ora grazie a suo marito potrà gestire certe conoscenze altolocate, le quali girano intorno alla produzione della seta: dai proprietari terrieri, ai mercanti, ai banchieri, agli investitori. È immaginabile, di fatto, che il trait d’union possa essere costituito dai finanziatori di Vitello stesso e dai suoi clienti. Queste persone influenti, che la frequenteranno in segreto, per indagare passato e futuro, le assicureranno – almeno in teoria – anche un’indiretta protezione nei confronti del Sant’Officio…».

«Pellegrina decide di mettersi in proprio. Fa un brusco voltafaccia, mollando Catharina la greca, legata ad affari di poco conto nel giro delle conoscenze di quartiere, ma non la sostituisce con Quienca. Di conseguenza anche l’intrigante Chimento rimane a bocca asciutta…
Pellegrina non sbaglia. Si schiude una strada lucrosa, utile a sempre maggiori relazioni, da cui trae vantaggio a sua volta lo stesso Vitello, per il proprio commercio. Ecco perché non la trattiene affatto dal continuare nelle sue pratiche occulte. Incastrano a doppia mandata i loro comuni e danarosi clienti: seta e divinazioni.
Il proclama di Don Sebastiàn contro calvinisti e luterani, streghe e stregoni, sortileghi e divinatori, bigami e bestemmiatori, fornisce lo spunto di vendetta alla rancorosa Catharina la greca, alias la servetta.
Catharina non si da pace di aver perso la sua gallina cantatura; decide di attuare il piano che nella sua mente ha in questi ultimi anni più volte figurato.
In segreto, Catharina parla a Don Caruso del desiderio di scaricarsi la coscienza. Coinvolge le altre bizzoche della confraternita, nascondendo i trascorsi d’imbrogliona, che tutti ignorano e sempre continueranno ad ignorare.
Nei quattordici giorni di carcere, fra la prima e la seconda ammonizione, Pellegrina ha pensato e ripensato a chi l’abbia denunciata. Tirando le somme, il pensiero corre a Catharina la greca… ma non esclude Quienca. Così decide di nominarli entrambi».
Nel momento in cui ebbe finito la sua esposizione la ragazza apparve soddisfatta. Il professore no. Sembrò addirittura seccato, ma soltanto per scena.
«A questo punto, non è più il caso di smettere», disse con un finto tono autoritario.
Prese i fogli con la trascrizione del presbitero Caruso e di Catharinella Batello e iniziò silenziosamente a scorrerli.
La sera fu lunga… così la notte.

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About the author: Sergio Bertolami