Perché facciamo le gite fuori porta il lunedì dell’Angelo?

Quando per Pasquetta
andavamo ad Èmmaus

di Sergio Bertolami

La chiamiamo comunemente Pasquetta, perché è il giorno dopo la Pasqua, detta perciò anche piccola Pasqua. Quindi, come la Pasqua, neppure questa festa ha una data fissa, ma cade sempre tra il 23 marzo e il 26 aprile. Nei primi secoli cristiani, la Pasqua si celebrava per un’intera settimana dopo la domenica solenne, ma nella maggior parte dei Paesi in seguito è stata ridotta a un solo giorno. Di fisso la Pasquetta ha che cade sempre di lunedì. La domanda più ricorrente è sapere per quale motivo questo giorno abbia un significato liturgico e cosa lo lega alla consuetudine delle gite fuori porta.

Sappiamo bene che ogni evangelista segue una narrazione propria, ma in questo caso, tutti concordano che il terzo giorno Gesù Cristo sia risorto dalla morte. I Sacri testi, però, non sono in grado di descrivere l’evento miracoloso, ma possono testimoniare che la tomba era vuota quando un gruppo di donne giunse nel luogo della sepoltura con l’intento di completare l’imbalsamazione del cadavere di Gesù. L’imbalsamazione era stata sospesa il venerdì sera, sul calare del sole, perciò inizio del sabato (per gli ebrei giorno di riposo). Secondo il racconto del Vangelo di Marco, Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Giuseppe, e Maria di Salome, all’alba del giorno dopo il sabato, cioè la domenica mattina, trovarono rimosso il macigno che avrebbe dovuto serrare la tomba e il sepolcro si presentava del tutto vuoto. Ecco, però, che un angelo apparve alle tre donne e le rassicurò, dicendo loro di non avere alcun timore, perché Gesù il Crocifisso era risorto esattamente come aveva predetto. Gesù, parlando di sé stesso, aveva infatti detto: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme» (Luca). Poi l’angelo raccomandò alle donne di andare subito a riferirlo agli apostoli ed esse non mancarono di farlo.

La nostra festa del Lunedì dell’Angelo prende, quindi, il nome da questo episodio evangelico nel quale è annunciata la Resurrezione di Gesù Cristo. A seconda delle versioni non tutti i Vangeli concordano sul numero dei presenti all’apparizione dell’angelo e neppure fanno chiarezza se ad apparire sia stato un solo angelo o più di uno. Inoltre, di sfuggita si soffermano sulle guardie, che avrebbero dovuto sorvegliare, perché è davanti ai loro occhi che accadde un evento sbalorditivo come la resurrezione di un morto. Infatti, su indicazione di Pilato, era stato ordinato da parte delle autorità locali che la tomba venisse «vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti”. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!» (Matteo).

Leggiamo lo stesso episodio davanti alla tomba vuota, secondo il Vangelo di Matteo: «Dopo il sabato, verso l’alba del primo giorno della settimana, Maria Maddalena e l’altra Maria andarono a vedere il sepolcro. Ed ecco si fece un gran terremoto; perché un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e vi sedette sopra. Il suo aspetto era come di folgore e la sua veste bianca come neve. E, per lo spavento che ne ebbero, le guardie tremarono e rimasero come morte. Ma l’angelo si rivolse alle donne e disse: «Voi, non temete; perché io so che cercate Gesù, che è stato crocifisso. Egli non è qui, perché è risuscitato come aveva detto; venite a vedere il luogo dove giaceva. E andate presto a dire ai suoi discepoli: “Egli è risuscitato dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, ve l’ho detto».

Salta all’occhio, però, che i testi Sacri fanno riferimento a «dopo il sabato, verso l’alba del primo giorno della settimana» (Matteo), quindi raccontano di fatti avvenuti nel giorno di domenica. Noi stiamo parlando, invece, di Lunedì dell’Angelo. Il suo annuncio avvenne nel “giorno dopo Pasqua”, che per noi è chiaramente lunedì. Ma questo non corrisponde con l’esattezza temporale narrata dai Vangeli, giacché la Pasqua ebraica si celebra di sabato e il giorno successivo non può che cadere di domenica, com’è espressamente scritto nei Vangeli. In compenso la nostra Pasqua si festeggia proprio di domenica, perché nei Vangeli è riportato che il sepolcro vuoto di Gesù Cristo fu scoperto il giorno successivo al sabato. Insomma, i testi cristiani, come quelli ebraici, seguono gli evangelisti quando chiamano la Pasqua anche Domenica della Resurrezione. Ma poi sembrano inventarsi un lunedì di troppo, quando ricordano l’apparizione dell’angelo avvenuta, secondo le Scritture, di domenica, ma festeggiata di lunedì. A tutto c’è una spiegazione. Vediamo di chiarire ogni dubbio.

Per raccontare la Resurrezione, conviene cambiare prospettiva e ricorrere ad altre apparizioni, oltre a quella dell’angelo, in tal caso da parte dello stesso Gesù. Tra queste apparizioni emerge l’episodio riferito a Maria di Magdala. Conviene per l’esattezza leggere direttamente il testo dell’evangelista Giovanni: «Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi, ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” – che significa: “Maestro!”… Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e ciò che le aveva detto».

Tra le apparizioni potremmo citare quella agli undici apostoli oppure, come ulteriore esempio, l’apparizione all’incredulo Tommaso. Leggiamo in Giovanni: «Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”. Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”».

Nondimeno, l’apparizione ai discepoli di Èmmaus può offrire una diversa prospettiva degli eventi e spiegare anche perché la tradizione popolare cristiana abbia legato al lunedì di Pasquetta le immancabili gite fuoriporta. Seguiamo il racconto. Due discepoli, fra i tanti che accompagnavano Gesù e che assistettero alla sua morte in croce, lasciarono Gerusalemme e si misero in cammino verso il proprio villaggio, che si chiamava Èmmaus, distante pochi chilometri da Gerusalemme. Lungo la strada vennero avvicinati da uno sconosciuto, che chiese loro di cosa stessero discutendo con tanta tristezza.

Leggiamo, a questo proposito, il racconto che ne fa l’evangelista Luca: «Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”. Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. Domandò loro: ”Che cosa?”. Gli risposero: “Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

Scrive Luca: «Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”». I discepoli invitarono l’uomo a fermarsi in una locanda e a cenare con loro. A tavola lo sconosciuto spezzò il pane, ripetendo immancabilmente il rito eucaristico dell’ultima cena, e in quel momento i due discepoli riconobbero in lui Gesù. «I loro occhi si aprirono» (Luca). Tuttavia non fecero in tempo a parlargli, perché egli scomparve davanti ai loro occhi. Nella sua lettera apostolica Mane nobiscum Domine, Giovanni Paolo II così commentava: «Il volto di Gesù scompare, e si fa strada quello del Maestro che sta con loro, nascosto nello spezzare del pane che apre gli occhi a riconoscerlo… Quando le menti sono illuminate ed i cuori sono ingentiliti, i segni iniziano a parlare».

Nella locanda Gesù Cristo si fece, dunque, riconoscere per dimostrare di essere veramente risorto, e poi scomparire per tornare dal Padre Suo. A Maria di Magdala aveva detto, infatti, di riferire a tutti: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Esterrefatti, i due si rimisero in viaggio e tornarono immediatamente a Gerusalemme, dove giunsero la notte stessa e raccontarono agli altri discepoli, lì riuniti, la loro esperienza. Asserirono, convintamente, di avere incontrato Gesù di Nazareth risorto dalla morte. A conti fatti, era quella la notte di lunedì; la notte in cui i due discepoli raccontarono l’evento vissuto, ma ascoltarono dai presenti anche delle altre apparizioni avvenute la Domenica della Resurrezione, a cominciare dall’angelo che aveva annunciato alle donne: «Voi, non temete… Egli non è qui, perché è risuscitato come aveva detto…Egli è risuscitato dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete».

Pasqua e Pasquetta, come le celebriamo noi, sono due festività meramente cristiane. Quando, perciò, noi cristiani festeggiamo la domenica della Pasqua di Resurrezione non la confondiamo con la Pèsach, ovvero la Pasqua ebraica celebrata di sabato e che commemora la liberazione del popolo ebraico dall’Egitto e il suo esodo verso la Terra Promessa. Così come quando festeggiamo il Lunedì dell’Angelo ricordiamo il primo giorno in cui il Verbo del Signore cominciò a diffondersi per bocca dei discepoli. Quindi non l’apparizione dell’angelo, che avvenne il giorno di domenica, ma ciò che l’angelo ha comunicato davanti alla tomba vuota.

Da tutto ciò si comprende facilmente che l’andare fuori città perpetua il ricordo del percorso a piedi, fatto dai due discepoli uscendo da Gerusalemme per recarsi verso Èmmaus e poi fare ritorno di nuovo a Gerusalemme per dare la buona notizia. La nostra scampagnata per pranzare (o cenare) in un bel pic-nic all’aria aperta è, dunque, un modo allegro e popolare per ricordare l’evento della Resurrezione attraverso momenti di conviviale fratellanza.

N.939-1.04.2024