Conversano (Bari), Polo Museale Castello: La prima grande mostra di Antonio Ligabue in Puglia

Allestimento mostra di Ligabue a Conversano

LA MOSTRA

“Antonio Ligabue”

Prorogata fino al 29 ottobre 2023
Polo Museale Castello Conversano

Dal 25 marzo nelle sale del Castello aragonese saranno ospitate oltre 60 opere di uno degli artisti più straordinari e commoventi del Novecento

Nel 1975 in occasione della prima grande antologica, Sergio Negri, uno dei maggiori esperti di Ligabue, adotta in maniera definitiva la ripartizione in tre periodi dell’opera di Antonio Ligabue.

Primo periodo: 1927-1939

Le opere di questi anni sono ancora sgrammaticate, risentono di qualche incertezza tecnica e coloristica che però Ligabue riesce mirabilmente a superare grazie all’istintiva capacità narrativa. L’impianto formale è semplice e l’impaginazione è equilibrata: spesso si concentra su un’unica immagine centrale, con pochi elementi sullo sfondo. Il colore è steso in maniera così leggera da sembrare soffuso. È evidente l’eccesivo uso di acquaragia per far scorrere il pennello più facilmente sulla tela. I contorni delle figure non sono ancora definiti dal segno nero, come farà nelle opere a partire dalla metà degli anni ’30; l’insieme è reso con poche pennellate essenziali.

La tavolozza è povera, i colori utilizzati sono prevalentemente il verde, il marrone, il giallo, il blu cobalto e si accosta alle terre naturali.
Inizia a raffigurare i temi prediletti: gli aspetti della vita agreste, le scene con animali feroci in atteggiamenti non eccessivamente aggressivi; pochissimi gli autoritratti. Molte opere di questo periodo non sono firmate; la firma, quando compare, è in corsivo gotico. Sul finire di questi anni, dopo la conoscenza di Mazzacurati, la mano di Ligabue diventa più sicura, il dipinto assume una maggiore corposità e intensità tonale, un sempre miglior equilibrio compositivo.

Secondo periodo: 1939-1952

Nel secondo periodo, che va dal 1939 al 1952, la pittura di Ligabue si impadronisce dei segreti del colore e della linea. Egli inizia a strutturare forme sempre più complesse arrivando a riprodurre il movimento e l’azione, rendendo la narrazione più reale. I toni cromatici diventano più caldi e la materia pittorica acquisisce spessore. Il colore diventa lo strumento linguistico determinato anche dall’abitudine di Ligabue di non iniziare la composizione da un disegno preparatorio, preferendo dipingere senza esitazioni e senza seguire una traccia.

Andrea Mozzali ricorda: “Ligabue quando doveva dipingere un quadro se lo figurava già tutto finito nella testa. Non faceva nessun disegno ma il quadro dipinto a olio lo cominciava da un particolare”. Riusciva così ad ottenere delle figure caratterizzate da una scabra potenza grafica in contrapposizione alla ricchezza lirica del colore, come i grandi illustratori primitivi.

Egli comprende, attraverso un’attenta osservazione dei campi di grano, le splendide e numerose tonalità del giallo, di cui fa un uso ripetuto assieme alla terra di Kassel, il blu di Prussia e il rosso carminio. In questo secondo periodo Ligabue firma sempre in corsivo gotico preferibilmente con il colore rosso e ponendo a volte solo la a minuscola, iniziale del nome. In altre occasioni, principalmente nei quadri di piccole dimensioni, al posto della firma pone solo le due iniziali.

Terzo periodo: 1952-1962

Nel terzo periodo anche le fiere, già stilisticamente avanzate, acquisiscono una cura per il dettaglio che psi potrebbe paragonare a quella dei dipinti fiamminghi.
La minuzia con cui si sofferma sui dettagli per catturare l’essenza del soggetto è confermata dagli splendidi manti delle tigri, dei leopardi, dal piumaggio dei volatili, che prendono vita nelle tele.

Le angosce che percorrono la sua mente esplodono nell’aggressività degli animali e la loro impietosa lotta per la sopravvivenza. Punte quasi ossessive sono evidenti nella rielaborazione continua dello stesso esasperato tema iconografico. È il periodo più prolifico. L’artista, che ha ormai assimilato ogni segreto riguardo al “mestiere”, è portato a volte, sia per eccesso di sicurezza, sia per le richieste dei committenti, a una notevole discontinuità di livello. Il segno nero intorno alle figure si fa vigoroso e continuo. Nella firma, quasi sempre rossa, la A iniziale del nome è ora maiuscola a bastoncino, il cognome sempre in corsivo gotico; ma spesso vi sono solo le iniziali. I colori maggiormente usati sono il giallo limone, il blu di Prussia, le terre di Siena, il giallo cadmio, il bruno Van Dyck e abbonda il bianco di

zinco. È densa, in quest’ultimo periodo la produzione di autoritratti, diversificati a seconda degli stati d’animo vissuti al momento dell’esecuzione ma tuttavia sempre pervasi da una incontenibile tristezza.

Allestimento mostra di Ligabue a Conversano

FOCUS

Autoritratto
Nell’arco di quasi quarant’anni Ligabue dipinge oltre 123 autoritratti. Questa serie testimonia il forte desiderio di rivelare attraverso l’immagine i tratti essenziali della propria personalità.
A partire dal 1940, anno in cui dipinge il primo autoritratto, l’artista indaga la propria figura in maniera ossessiva: gli occhi penetranti, le labbra carnose, le grandi orecchie a sventola, il naso adunco, il gozzo diventano le stigmate di una icona ormai famosa.
In mostra ne sono proposti numerosi esempi a partire da una straordinaria e rara tela riconducibile al secondo periodo, fino ad arrivare a quelli degli ultimi anni in cui si ritrae con dei copricapi, segno di dignità, di autostima e anche semplicemente gusto del travestimento, come se fosse un gioco.

Paesaggio agreste

Attraversava il nostro paesaggio quasi ignorato nella sua pittura perché venuto dall’estero con ogni cosa dentro” questa acuta riflessione di Cesare Zavattini riassume in maniera emblematica il ciclo pittorico legato al mondo contadino.
La pittura di Ligabue è condizionata dal fortissimo legame con la Svizzera, sua terra d’origine, il microcosmo privilegiato dove si sente a suo agio come in nessun altro luogo. Da questa dimensione di pacato incanto nascono tanti piccoli capolavori, che descrivono la vita nei campi attinta nella verità di un mondo spiato da lontano, filtrata attraverso il ricordo della sua terra natale e alle immagini delle opere osservate da bambino, frammenti di un mondo che si porterà dietro mischiando ricordi e fantasia.

Animali

Pittore di animali” è la definizione che dà di sé Ligabue già nel 1928. La stagione iniziale del suo lavoro è dedicata quasi esclusivamente agli animali, ne analizza i vari aspetti con una creatività a tutto campo, animato dalla volontà di cogliere, con eguale intensità, le espressioni deformate, la bellezza di un movimento o lo splendore di un colore.

Egli si immedesima negli animali che vuole ritrarre, ne riproduce le movenze, sbatte le ali, ulula, pigola, ruggisce per poter diventare lui stesso una delle sue straordinarie fiere. La sua fantasia lo porta in terre lontane, sognate e immaginate sfogliando qualsiasi libro trovasse a portata di mano o studiando con curiosità maniacale le famose figurine Liebig che riproducevano tutte le specie animali, anche le più remote.

Nudo di donna

“A proposito di quei quadri, di Ligabue, che certamente sono andati perduti mi hanno detto che una volta dipinse una donna ignuda: una donna ignuda talmente sirena, o Circe o Calipso, o figlia del re dei Feaci, che tutti i barcaioli del Po se ne erano orgiasticamente innamorati: e da tanto che i più giovani (giacché la tavoletta della donna nuda era stata, intanto, posta in una specie di esposizione in un baracchino fluviale) pagavano trenta centesimi allo scopo itifallico di lustrarsi gli occhi, schiarirsi la vista e altre cose più amene”, tratto da L. Bartolini, Ligabue fantastico.

Sculture

Ligabue ha modellato pochissime sculture, circa un centinaio, molte delle quali non son arrivate a noi. Quelle plasmate prima del 1935 non venivano nemmeno cotte e molte sono state distrutte per incuria o scaraventate con rabbia contro una parete. Grazie ai calchi e alle fusioni in bronzo si è riusciti a conservarne pochi esemplari preziosi.

Probabilmente la sua produzione delle sculture inizia molto presto, servendosi dell’argilla che si

depositava nella golena dopo le piene del Po, una fanghiglia rossastra, solida, ben amalgamata, che i contadini della zona chiamavano “tivèr”. Concentrato al massimo nella sua ispirazione creativa, spesso impastava la creta con la bocca, quasi si trattasse della consacrazione di un rito arcaico, misto alla volontà di misurarsi in un rapporto fetale con la “divina materia”.

Il postiglione

Le diligenze con castello e le carrozze con cavalli sono esempi di uno dei temi prediletti e reiterati di Ligabue. La serie è tratta dalle stampe popolari tedesche del secolo scorso e rimanda a una dimensione intensamente poetica e fiabesca, legata al ricordo che rimanda alla terra dalla quale non avrebbe mai voluto allontanarsi.

Questa icona consente inoltre a Ligabue di mettere al centro del racconto ancora una volta un animale. I cavalli che trainano la carrozza diventano i protagonisti del quadro con le loro movenze. La potenza del movimento rappresenta un richiamo accattivante per l’occhio e l’episodio storico narrativo si trasforma in una evocazione fantastica.

Ritratto di Elba

Si tratta di uno dei rarissimi ritratti di questo periodo. La leggenda narrava che la piccola Elba fosse morta cadendo in un paiolo di acqua bollente. In realtà è Alda Bianchi, figlia di un mezzadro della Villa Malaspina a Gualtieri. Nel 1935 muore tragicamente ed i genitori desiderano poterne conservare un’immagine che li aiuti a mantenerne viva la memoria Antonio aveva stranamente legato con quella bambina, che rimaneva affascinata quando lo vedeva dipingere ed era gentile con gli animali. Il ritratto risulta essere, secondo numerose testimonianze, estremamente somigliante. La figura è rappresentata di tre quarti, lo sguardo straordinariamente intenso è perso nel vuoto; indossa l’abito della festa arricchito da una piccola collana d’oro. Lo sfondo è la sua Gualtieri, il paese dove è cresciuta, i prati disseminati di quei fiori che amava raccogliere. La bidimensionalità della figura è in netto contrasto con il paesaggio.



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