CHEAP | In strada i poster della Call For Artists 2024

In strada i poster della Call For Artists 2024 di CHEAP: L’ARTE (del rifiuto) DELLA GUERRA

662 artistə partecipanti. 41 paesi nel mondo coinvolti. 1.120 poster inviati. Questi sono i numeri raccolti dalla Call For Artists 2024 di CHEAP, l’annuale invito lanciato dal progetto di arte pubblica con sede a Bologna e rivolto a chi si occupa di linguaggi visivi contemporanei a misurarsi col formato del poster.

In strada i poster della Call For Artists 2024 di CHEAP: L’ARTE (del rifiuto) DELLA GUERRA

Per il 2024, CHEAP ha deciso di raccogliere letteralmente da mezzo mondo manifesti contro la guerra, un tema che al collettivo bolognese è sembrato inevitabile: negli ultimi 4 anni il numero di conflitti armati in tutto il pianeta è aumentato del 40%, fino ad arrivare a 56 conflitti attivi, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il dato è tratto dall’edizione 2024 del Global Peace Index, pubblicato a giugno 2024 dall’Institute for Economics & Peace, principale indicatore mondiale della pace, che misura lo stato di pace di 163 Stati e territori considerando tre ambiti: il livello di sicurezza e protezione sociale, la portata dei conflitti interni e internazionali, il grado di militarizzazione.

Tempi di guerra, dunque. Mezzo di risoluzione delle controversie internazionali che dovremmo ripudiare, almeno sulla carta. L’invito di CHEAP è stato quello a disertare l’immaginario della guerra, sabotare la retorica che la sostiene, contrabbandare ordini simbolici che la delegittimino. E nei 200 manifesti selezionati e affissi nelle strade di Bologna nei primi giorni di settembre c’è tutto questo: detourment visivo e semiotico, una riappropriazione di spazio pubblico e immaginario, la ricostruzione di una contro narrazione collettiva che individua chiaramente la guerra come diretta conseguenza del capitale, ne riconosce i tratti coloniali, ne denuncia la matrice economica. Tra mitra che sparano dollari, tank rosa fluo resi innocui come pezzi di modernariato e aquile travestite da colombe, spuntano anche dildi, vibratori e plug: è diffusa l’idea che il sesso consensuale rappresenti ancora la miglior alternativa all’ondata di morte che ogni guerra porta con sé. Fotografia, collage, illustrazione, type digitale e non, AI, tanta grafica. E tanta, davvero tanta, Palestina.

Era inevitabile che il massacro che si sta compiendo in Palestina fosse al centro del lavoro di moltə dellə artistə che hanno partecipato alla call. Non è nemmeno una guerra: quello a cui stiamo assistendo è un genocidio che il sistema dell’informazione – soprattutto in Italia – si sta in larga parte rifiutando di indagare e denunciare. Abbiamo voluto tentare di aprire una  una breccia nella conversazione pubblica surreale che sentiamo attorno a noi su quello che sta succedendo in Palestina, sulla narrazione distorta e surreale che ci arriva dai media main stream, che si stanno producendo in quella che il giornalista Raffaele Oriani ha definito una scorta mediatica”.

Prosegue il collettivo: “Chiedere il cessate il fuoco non è una richiesta radicale come viene bollata: davanti a 40mila civili uccisi è il minimo a cui ci si possa appellare. Ma siamo ormai passate dalla criminalizzazione del dissenso a quella del buon senso: lo sa bene chi negli ultimi 11 mesi ha attraversato il movimento enorme di persone che a livello internazionale chiede che questo sterminio venga fermato.”

I manifesti per le strade di Bologna rimandano ad un immaginario non solo di pace ma anche di giustizia sociale, invitano ad azzerare la spesa militare per investire in istruzione e sanità, sono visioni di società senza armi, stati senza eserciti, comunità liberate dal lutto della guerra. I linguaggi visivi possono anche questo: criticare l’esistente ed essere acceleratori trasformativi.

I poster sono in strada a Bologna per tutto il mese e il primo talk di presentazione del progetto sarà significativamente ospitato dal festival di Emergency a Reggio Emilia, sabato 7 settembre: “Ci sentiamo molto vicine al Dottor Strada, che si è sempre dichiarato contro la guerra senza mai dirsi pacifista: un medico che ha sempre pensato che la guerra possa solo essere abolita e che farlo non sia un’utopia ma solo un progetto che non è ancora stato realizzato”.


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UFFICIO STAMPA:
Daccapo Comunicazione
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(Marcello Farno) / (Ester Apa)

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