Coi suoi scatti realisti a caccia d’immagini

 

Filippo Cianciàfara Tasca di Cutò, era il maggiore dei famosi cugini. Dopo di lui, in ordine d’età, c’era l’esoterico acquarellista Casimiro Piccolo di Calanovella, quindi Giuseppe Tomasi di Lampedusa che richiama alla mente un romanzo celeberrimo come “Il Gattopardo” e infine Lucio Piccolo di Calanovella, il poeta dei “Canti barocchi”. Una famiglia di artisti, che ha solcato il Novecento siciliano con lievissima raffinatezza d’animo, pervasa dall’aristocrazia delle origini familiari. L’arte di Filippo era la fotografia, che elaborava con alchemiche tecniche di stampa, come quelle resinotipiche o quelle alla gelatina bromuro d’argento, che lo hanno indotto ad esporre nelle principali mostre internazionali ed essere più volte premiato. Nel 1932 con il “Gran Prix d’Honneur” a Cannes o nel 1933 dalla rivista «American Photography». Dario Reteuna, nel 2008, gli ha dedicato il poderoso volume fotografico “L’occhio del Gattopardo” e oggi Amedeo Mallandrino con “L’attimo della vita” ha voluto ricordare come tutta l’esistenza del nonno «fu, forse in buona parte inconsapevolmente, plasmata da quei pochi secondi che all’alba del 28 dicembre del 1908 videro la morte di Messina». Una tragedia fissata con realismo attraverso l’obiettivo della macchina ricevuta in dono per i suoi sedici anni, compiuti appena a metà novembre. Quando nella notte fatidica, dovette calarsi dalla finestra annodando un lenzuolo, lasciò al di là della porta della stanza, bloccata dai detriti, i genitori morenti. Poté salvare solo quella macchina fotografica, da cui nulla lo separò più. Fotografò il cumolo di macerie del suo palazzo e dei suoi affetti. Quelle istantanee colte vagando per la città silenziosa, priva di un alito di vita, rendono tracce di una memoria individuale che il libro ha reso collettiva.

About the author: Sergio Bertolami