Bologna: A Palazzo Albergati “ANTONIO LIGABUE. La grande mostra”

Dal 21 settembrePalazzo Albergati ospita la prima grande mostra antologica a Bologna dedicata a uno degli artisti più straordinari e commoventi del Novecento: Antonio Ligabue.

Un rapporto speciale quello tra Arthemisia e Antonio Ligabue, nato nel 2017 con una grande mostra al Complesso del Vittoriano di Roma e seguita dalle esposizioni di Conversano e Trieste che hanno riscosso un grandissimo successo di pubblico e critica contribuendo alla divulgazione e conoscenza dell’opera di un artista che oggi è tra i più richiesti nel panorama nazionale.

Paesaggi, fiere, scene di vita quotidiana e numerosi e intensi autoritratti: oltre 100 opere – tra oli, disegni e sculture – saranno protagoniste di un percorso espositivo unico dove, attraverso la fortissima carica emotiva delle tele, sarà possibile conoscere la vita di un artista visionario e sfortunato ma che, da autodidatta, fu ed è tutt’oggi capace di parlare a tutti con immediatezza e genuinità.

ANTONIO LIGABUE. La grande mostra
21 settembre 2024 – 30 marzo 2025
Palazzo Albergati, Bologna

Per la prima volta Bologna ospita la più importante mostra mai realizzata su Antonio Ligabue, uno degli artisti italiani più popolari e più emozionanti del ‘900.

100 opere e un album di disegni, eccezionalmente ritrovato e inedito, accompagneranno il visitatore alla scoperta di un uomo dalla vita tormentata ed emarginato dalla società, ma alla costante ricerca di un riscatto sociale come uomo e come artista.

Antonio Ligabue, con la sua vita così travagliata, escluso dal resto della sua gente, legato visceralmente al mondo naturale e animale e lontano dal giudizio altrui, riuscì a imprimere sulla tela il suo genio creativo; un uomo, talmente folle e unico, che con la sua asprezza espressionista riesce ancora oggi a penetrare nelle anime di chi ammira le sue opere.
Una storia umana e artistica straordinaria e unica, che negli anni ha appassionato migliaia di persone, tanto da essere diventato addirittura protagonista di film e sceneggiati televisivi, sin dagli anni ’70.

Apprezzato e compreso da importanti critici e studiosi negli ultimi anni della sua esistenza, cadde poi nell’oblio dopo la sua scomparsa. Bollato semplicisticamente come un pittore naif – una definizione che finì per sminuirne il reale valore artistico, portando a non considerarlo adeguatamente – per lungo tempo, Ligabue rimase nell’ombra, una figura di nicchia conosciuta solo da pochi appassionati, ingiustamente trascurato dai grandi circuiti dell’arte. Solo negli ultimi decenni, grazie a un rinnovato interesse da parte di critici e istituzioni, si è compreso appieno il suo valore di artista autentico e originale, pur nella sua eccentricità. Un talento spesso frainteso, che celava una poetica unica e stratificata, in grado di restituire sulla tela tutta la sublime semplicità e drammaticità del mondo naturale.

Tuttavia, nel tentativo di rivalutarne l’opera artistica, spesso si è finito per trascurare l’aspetto umano e personale dell’uomo Ligabue. Eppure, per comprenderne appieno la grandezza, è fondamentale considerare entrambi questi aspetti, inscindibilmente legati.

Le sue tele, caratterizzate da uno stile unico e originalissimo nel rappresentare soprattutto soggetti animali con un realismo quasi sconcertante, furono accantonate e relegate nell’ambito del mero folklore popolare. Si perse così di vista la profondità della sua ricerca pittorica, la capacità di cogliere l’essenza più intima delle creature ritratte, trasmettendone con potenza l’istinto primordiale.

La mostra a Palazzo Albergati di Bologna racconta l’uomo e l’artista valorizzandone sia l’eccezionale talento artistico quanto la sua ricca interiorità e la sua personalità fuori dal comune.
Seguendo una ripartizione cronologica, sono narrate le diverse tappe dell’opera dell’artista a partire dal primo periodo (1927-1939), quando i colori sono ancora molto tenui e diluiti, i temi sono legati alla vita agreste e le scene con animali feroci in atteggiamenti non eccessivamente aggressivi; pochissimi gli autoritratti.
Il secondo periodo (1939-1952) è segnato dalla scoperta della materia grassa e corposa e da una rifinitura analitica di tutta la rappresentazione.
Il terzo periodo (1952-1962) è la fase più prolifica in cui il segno diventa vigoroso e continuo, al punto da stagliare nettamente l’immagine rispetto al resto della scena. È densa in quest’ultimo periodo la produzione di autoritratti, diversificati a seconda degli stati d’animo.

Una straordinaria e unica storia umana e artistica, tanto da aver appassionato negli anni migliaia di persone, diventando addirittura protagonista di film e sceneggiati televisivi, sin dagli anni ’70.

Infatti, accanto agli oltre 100 capolavori– molti dei quali inediti assoluti quali Lince nella foresta (1957-1958), venti disegni a matita su carta da disegno (1961-1962) e diverse opere di grande qualità non esposte da tantissimi anni come Circo all’aperto (1955-1956), Castelli svizzeri (1958-1959), Crocifissione (1955-1956) e un rarissimo pastello a cera, matita e china su carta Leopardo e antilope e indigeno (1953-1954) – a definire la figura di Ligabue anche uno stralcio del film “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti con la magistrale interpretazione di Elio Germano, uscito nel 2020 dopo il memorabile sceneggiato RAI di Salvatore Nocita del 1977 con Flavio Bucci.

Per la prima volta verranno anche esposti un album completo di disegni che Ligabue ha realizzato mentre soggiornava nell’ultimo periodo della sua vita alla locanda “La Croce Bianca” (gestita dalla famiglia della famosa “Cesarina”, l’amore platonico della sua vita), perduto per anni e da poco ritrovato, e alcune delle fiere custodite al Museo Lazzaro Spallanzani dei Musei Civici di Reggio Emilia, le stesse che proprio Ligabue osservò per ore all’interno del Museo, accompagnato dall’amico Sergio Negri. Fiere che Ligabue non ebbe modo di vedere e conoscere di persona se non in queste sue visite, che studiò accuratamente per poi ritrarle nelle sue tele, oggi per la prima volta messi a confronto.

In mostra anche un album di figurine Liebig del 1954, di recente scoperta, che Ligabue fu solito consultare e da cui prese spunto per la rappresentazione di vari animali nei suoi lavori.

Col patrocinio del Comune di Bologna, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Comune di Gualtieri e Fondazione Museo Antonio Ligabue, è curata da Francesco Negri e Francesca Villanti e racconta la vita e l’opera di un uomo che ha fatto della sua arte il riscatto della sua stessa esistenza.
La mostra vede come special partnerRicola e mobility partnerFrecciarossa Treno Ufficiale.
Il catalogo è edito da Moebius ed è arricchito da due contributi originali: un saggio del regista Giorgio Diritti, che offre una prospettiva cinematografica, e un’analisi di Francesca Romana Morelli sul rapporto tra Ligabue e Renato Marino Mazzacurati. Due testi che propongono per la prima volta una lettura completa del duplice successo del pittore, come uomo e come artista.

Non si può parlare dell’arte di Ligabue senza conoscerne la vita, né si possono capire le sue opere se non si entra nel mondo di quel piccolo uomo sfortunato e folle, pieno di talento e poesia.

Nato a Zurigo nel 1899 da madre di origine bellunese e da padre ignoto, viene dato subito in adozione ad una famiglia svizzera. Già dall’adolescenza manifesta alcuni problemi psichiatrici che lo portano, nel 1913, a un primo internamento presso un collegio per ragazzi affetti da disabilità.
Nel 1917 viene ricoverato in una clinica psichiatrica, dopo un’aggressione nei confronti della madre affidataria Elise Hanselmann che, dopo varie vicissitudini, deciderà di denunciarlo ottenendo l’espulsione di Antonio dalla Svizzera il 15 maggio del 1919 e il suo invio a Gualtieri, il comune d’origine del patrigno (il marito della madre naturale, che odierà sempre).
Ligabue non parla l’italiano, è incline alla collera e incompreso dai suoi contemporanei, viene soprannominato “el Matt” dagli abitanti di Gualtieri che ne rifiutano i dipinti e il valore artistico, costringendolo a prediligere la via dell’alienazione e della solitudine.
Dopo tormentati e inquieti anni di vagabondaggio in cui vive solamente dei pochi sussidi pubblici e si rifugia nell’arte per esprimere il suo disagio esistenziale, a cavallo tra il 1928 e il 1929 incontra Renato Marino Mazzacurati (importante artista della Scuola Romana) che ne comprende il talento artistico e gli insegna ad utilizzare i colori.
Con singolare slancio espressionista e con una purezza di visione tipica dello stupore di chi va scoprendo – come nell’infanzia – i segreti del mondo, Ligabue si dedica alla rappresentazione della lotta per la sopravvivenza degli animali della foresta; si autoritrae in centinaia di opere cogliendo il tormento e l’amarezza che lo hanno segnato, anche per l’ostilità e l’incomprensione che lo circondavano; solo talvolta pare trovare un po’ di serenità nella rappresentazione del lavoro nei campi e degli animali che tanto amava e sentiva fratelli.
Nel 1937 viene nuovamente ricoverato presso l’ospedale psichiatrico di San Lazzaro a Reggio Emilia per autolesionismo e per “psicosi maniaco-depressiva” nel marzo del 1940.
È il 1948 quando comincia a esporre le sue opere in piccole mostre e ottenendo, sotto la guida di Mazzacurati, qualche riconoscimento e a guadagnare i primi soldi.
Ma il successo è breve: dopo essersi permesso solo qualche lusso, nel 1962 viene sopraggiunto da una paresi e ricoverato all’ospedale di Guastalla dove continua a dipingere e dove termina la sua vita il 27 maggio del 1965.


Antonio Ligabue emerge come una figura singolare nel panorama artistico italiano del XX secolo. Questa mostra, con oltre 100 capolavori, tra cui alcune straordinarie opere inedite, offre una panoramica completa della produzione di un artista la cui vita e opera formano un intreccio indissolubile.
L’esposizione documenta il percorso artistico di Ligabue, caratterizzato da uno stile unico che fonde realismo e fantasia. Le sue opere, contraddistinte da colori accesi e pennellate vigorose, rivelano un universo pittorico intenso, dove la natura e gli animali assumono qualità quasi mitiche.
Un racconto biografico e artistico che si snoda attraverso i temi principali entro i quali si sviluppa l’universo creativo del pittore: le fiere, nelle quali si immedesima riproducendo le movenze e i suoni per riuscire a catturarne l’essenza, gli animali domestici nei quali possiamo riconoscere il suo sguardo, la vita silenziosa dei campi, le carrozze, le troike i postiglioni, antiche iconografie derivate da stampe popolari che decoravano le case dei contadini e infine gli autoritratti, l’estremo tentativo di allontanare la sua condizione di emarginazione. Questi lavori non solo testimoniano la straordinaria capacità espressiva di Ligabue, ma offrono anche uno sguardo penetrante sulla sua psiche tormentata e sul suo rapporto complesso con il mondo circostante.
Attraverso questa mostra esaustiva, il pubblico avrà l’opportunità di comprendere appieno il valore di un artista che ha saputo trasformare le sue esperienze di vita, spesso dolorose, in opere di straordinaria potenza espressiva.
L’arte di Ligabue, pur non allineandosi con le correnti dominanti del suo tempo, ha anticipato tendenze successive che valorizzano l’autenticità dell’espressione oltre le convenzioni accademiche. La sua tecnica, apparentemente grezza e istintiva, sfida i parametri tradizionali di analisi critica, invitando a un’esperienza estetica più diretta e viscerale.


Informazioni e prenotazioni
T. +39 051 030141
www.arthemisia.it

Hashtag ufficiale
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