La partecipazione del Maestro Fausto Delle Chiaie al Festival ROMADIFFUSA

La partecipazione di Fausto Delle Chiaie al nutrito programma di ROMADIFFUSA, il festival culturale e artistico organizzato da BLAStudio dal 17 al 20 ottobre, in questa terza edizione itinerante tra i luoghi e le vie del centro storico della Capitale, ci permette di fare il punto su un Artista sui generis e di riprendere le fila della sua esistenza personale ed artistica. La Galleria Pian dé Giullari, tra i luoghi del Festival, in via dei Cappellari 49, a partire dall’opening di giovedì 17 ottobre dalle ore 18.00, consentirà al pubblico di incontrarlo e di interagire con lui proprio come accadeva all’aperto, per le vie di Roma, dove via via Delle Chiaie è stato curatore, allestitore, direttore, fotografo, guardiano oltre che artista delle sue improvvisate (o meno) esposizioni. Un docu-film, “Open Air Museum”, che sarà proiettato a Palazzo Altemps domenica 20 ottobre, tra le 16 e le 18, mostrerà perché il Maestro è stato appellato da Achille Bonito Oliva “artista en plein air” e il suo peculiare rapporto col pubblico della sua arte.

Ri-scoprendo Fausto Delle Chiaie

Da una tesi di laurea sull’artista romano di Valentina Di Petta “Fausto Delle Chiaie. Arte fuori dal sistema” e altri spunti sparsi

Scrive così la studentessa di allora nella tesi che gli ha dedicato: “Ammiro il suo coraggio e la sua determinazione, l’umanità e la purezza, l’anticonformismo e l’originalità, l’energia positiva e l’espressione artistica“. E così a chi abbia la fortuna di conoscere Fausto Delle Chiaie oggi, all’età di ottanta anni, appare Fausto. Momentaneamente “imbrigliato” nello spazio chiuso di una galleria come la Galleria Pian dé Giullari. Che però proprio chiuso non è, in ragione della sua originalità, luogo di scambio di idee tra artisti e persone, ricettacolo a volte di poeti e poesie, nonsense, musica e narrazioni, ospitale luogo per visitatori di passaggio, pensatoio-laboratorio di varia creatività. Qui le opere più recenti del Maestro, ma custodite anche testimonianze passate della sua espressione artistica, che a quel ritratto restano fedeli.

Per Fausto Delle Chiaie si è forse trattata di una conquista graduale. Durante un soggiorno a Bruxelles si “liberava” delle opere che realizzava con donazioni forzate a musei e gallerie che chiamava “Infrazioni”. Semplicemente le lasciava là e andava via. L’assenza dell’artista era essa stessa una denuncia, una affermazione di libertà dal sistema della cultura in sé. Ne nascerà, datato Settembre 1986, un Manifesto. “L’Infrazione come azione-donazione-collocazione di opere a terra in luoghi dell’arte e poi lì abbandonarle indifese è mostrare ed evidenziare la storia vista in maniera superficiale, è il grido d’allarme artistico del malessere storico; dell’accecamento del semplice e dell’umile“. Abbandonandole, e abbandonandole lì, l’artista denunciava anche l’incomunicabilità artista-opera-luogo e nello stesso tempo la profonda comunione tra le anime in cospetto di quelle opere, finché lì presenti e integre e non deteriorate o disperse. Finché in quella “situazione”. Artista “situazionista” infatti è anche definito Fausto Delle Chiaie (Achille Bonito Oliva). Tornato a Roma ha continuato a farlo, mentre le prime esposizioni en plein air sono iniziate al Pincio nel 1986, lasciando che il tempo e gli agenti atmosferici in qualche modo intervenissero sulle opere o sugli scritti. Da lì in poi la concezione del suo lavoro in simbiosi con lo spazio circostante e ciò che esso aveva da offrire, e così via in vari luoghi di Roma. Fino ad approdare a Piazza Augusto Imperatore che ha dato i natali al concetto di “Museo all’aria aperta” e che è stato il luogo privilegiato per trenta anni (anche se ce ne sono stati e ce ne sono altri) delle sue “mostre”. Scrive Delle Chiaie:  “Di Piazza Augusto Imperatore ho utilizzato e trasformato ogni cosa visibile e forse anche invisibile, le colonnette, le scale dell’Ara Pacis Augustae, quelle del Mausoleo, la grata in ferro, i lampioni, i piedistalli, i muri, le pietre, le scritte, le macchine, le moto, quasi tutto. Proprio questo quasi mi condiziona ancora, mi obbliga infatti a restare in attesa di osservare e catturare qualcos’altro” (da Fuori Catalogo, a cura di Pino Giannini). Il museo all’aria aperta testimonia anche in legame forte e di profonda gratitudine con la città di Roma e in particolare è simbiotico il rapporto con il Mausoleo di Augusto con cui l’artista dialogava continuamente, passato e presente insieme. Dice di sé: “Utilizzando oggetti e situazioni appartenenti al luogo e al nostro tempo trasformandoli in opera restituisco vitalità e cultura al primitivo spazio architettonico“. E ancora: “L’interazione domanda-risposta a distanza di secoli mostra la capacità dell’arte di rendere elastico il tempo” (da Fuori Catalogo, cit.)

Non c’è, forse, un dentro e un fuori per Fausto Delle Chiaie, che nel tempo ha partecipato ad importanti mostre in Italia e all’estero, vede la sua arte esposta in gallerie e altri luoghi deputati, da ultimo è entrato a far parte con una sua opera, “Distanziamento sociale”, della prestigiosa Collezione Farnesina del Ministero degli Esteri, ha  ottenuto la sua arte riassunta in prestigiosi cataloghi e oggetto di attenzione e studio da parte di importanti critici d’arte. Semmai il museo all’aria aperta permette al quel sistema – dei musei, dei curatori, dei galleristi – di espandersi, aperto a tutti com’è, e non solo agli appassionati e agli addetti ai lavori, consentendo un incontro casuale, non voluto, inaspettato, ma anche coinvolgente con la sua arte. Sì, perché il visitatore era ed è chiamato a cooperare, economicamente sostenendo l’artista (o i vari ruoli che in quel peculiare museo riveste), e anche come fonte di ispirazione e confronto durante l’atto della creazione da parte dell’artista. Un esempio l’opera Res Publica dove sono incise le Res Gestae di Augusto: fogli bianchi esposti insieme ai suoi lavori dove i visitatori riportavano i propri pensieri positivi o negativi che fossero, ora rilegati e raccolti e conservati in una libreria-galleria romana. Una “CO-OPERA-AZIONE”, come la chiama Delle Chiaie, che si estende agli oggetti, ma anche agli esseri animati come gli uccelli per esempio, o agli agenti atmosferici come il vento, che preesistono nel luogo prescelto e ispirano la creazione, la suggeriscono, oppure si trasformano, prelevati per le sue installazioni o performances, improvvisate o meditate e preparate che siano. Che non disdegnano l’ironia e il gioco, o in altri casi la denuncia e il racconto. Opere che hanno senso nel luogo dove sono state create, ma che trasportate altrove come qualche volta è accaduto possono assumerne un altro. Ma questo è di ogni opera d’arte.

Scritto su un pezzetto di legno o diversamente, indica una via a chi guarda, ma non è l’unica via certamente. In qualche caso. In altri invece il titolo spiega che l’opera quello vuole dire e significare e non altro. Quando vogliono dire altro il loro compito è sensibilizzare su qualcosa e per l’artista anche giocare con il pubblico per capire se ha compreso o meno. Comunque vuole forzarlo a fermarsi e quindi ad osservare, e poi a riflettere e pensare. E lo fa tramite la curiosità, il senso di straniamento, lo stupore. Alcune opere pensate e realizzate in grande, altrove vengono riprodotte in piccolo e così snaturate e modificate nel loro significato.

Sempre ambivalente. Da un lato l’artista deve vendere le proprie opere per continuare a produrle, dall’altro ad un artista come Fausto Delle Chiaie che tante volte ha ceduto le sue a prezzi irrisori o in regale oppure ha fatto della critica ironia sui prezzi di quelle degli altri (“Picasso a metà prezzo”), risulta difficile imbrigliare lo spirito dell’arte in un oggetto e quindi attribuirgli così un valore monetario. Il sistema dell’offerta libera, nelle sue mostre in strada, a lungo ha funzionato per questo artista consentendogli di non monetizzare eccessivamente il suo lavoro.

Un carrello della spesa, una borsa di Mary Poppins, caratteristica e imprescindibile appendice per questo artista. Si muove con quello, con quello prende quotidianamente un treno, cammina ore per Roma, da lì estrae via via qualcosa, lo mescola con ciò che trova, assembla e si lascia ispirare, respira con la città, si chiude in un cinema, parla con chi incontra oppure no, legge il giornale. Esplora con il suo corpo e la sua testa le strade cittadine in cui lavora, ma che soprattutto vive. E quel carrello lo segue, è “Proprietà dell’Autore” come recita un cartellino in legno che anche a quel carrello dà un titolo. Nella sua città, in strada, col suo pubblico mai uguale Fausto Delle Chiaie è tutt’altro che assente. “Stando con voi respiro speranza e fiducia e mi sento già meglio“.

Fausto Delle Chiaie nasce a Roma, nel Rione Trastevere, il 23 gennaio 1944. La formazione alla Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, “artista situazionista” come lo definisce Achille Bonito Oliva, opererà direttamente nell’ambiente urbano, con il suo genio, a metà tra arte povera e arte concettuale, estremamente attivo nel panorama artistico romano degli anni Settanta. Una carriera artistica sui generis la sua, volutamente fuori dai circuiti istituzionali dell’arte ufficiale, che sceglie lo scenario urbano come oggetto della sua ricerca. Pittore figurativo all’inizio, si ispira a Matisse, Picasso, Giacometti, con la tecnica del collage. Con gli anni Ottanta irrompe nella scena artistica con le azioni infrazioniste del 1984, 1985 e 1986 – nel 1986 teorizza l’infrazionismo artistico e redige il Manifesto Infrazionista -, dove infra-azione è collocazione dell’opera nel luogo e veloce allontanamento dell’autore. Le sue azioni artistiche rappresentano episodi isolati di street art ante litteram, anticipando le incursioni non autorizzate di Bansky di oltre venti anni,eseguendo su lunghissimi rotoli di carta da parati disegni e pitture che successivamente srotola “nei luoghi dell’arte”. Sempre dal 1986 si snoda il lungo elenco di mostre personali – diverse nello studio Pian de’ Giullari dell’Amico Andrea Bottai – che arriva fino ad oggi, con “FaustoFestival. Una mostra da incorniciare” inaugurata il 29 maggio 2024 in Via dei Cappellari. Numerose anche le mostre collettive a cui ha partecipato, sempre a partire dal 1986.È nella sua città, Roma, che l’artista crea un Museo permanente all’Aperto “Open Air Museum”, occupando artisticamente il Pincio, la Galleria Sciarra, Piazza Borghese e Ponte Sant’Angelo, e dalla fine degli anni Ottanta l’area tra l’Ara Pacis e piazza Augusto Imperatore. Un museo di cui è “ideatore, direttore, custode, curatore, allestitore, trasportatore, controllore, pubblicitario, fotografo, critico guida, cassiere, l’opera stessa”. Qui i suoi lavori prendono vita interagendo con gli elementi di arredo urbano, i materiali di scarto, gli elementi naturali. Per lo più microinstallazioni ottenute anche con materiali di scarto, rifunzionalizzati e risemantizzati tramite sagaci didascalie, giochi di parole, escamotage linguistici, tra poesia e ironia – due cifre sempre presenti nella sua arte –, e tra luci e ombre della società contemporanea che rappresenta.Delle Chiaie ha esposto le sue opere, e realizzato performance e installazioni, in Italia e all’estero; nel 2011 ha avuto uno spazio alla Biennale di Venezia, nel 2013 viene prodotto il documentario “Il museo chiude quando l’autore è stanco” e nello stesso anno, la Zerozerocento produzioni realizza in coproduzione con Rai Cinema il docufilm “Ho fatto una barca di soldi “per la regia di Dario Acocella. Il cinema e la televisione gli hanno dato spesso spazio, con almeno undici tra docufilm e cortometraggi fra cui nel 2021 “Io sono qui” di Domenico Iannacone trasmesso da Rai 3.Tutto il mondo della grande critica d’arte si è occupato di lui: da Achille Bonito Oliva a Carolyb Christov-Bagarkiev, da Iwona Blazwick a Jan Hoet, tanti gli artisti che hanno apprezzato la sua arte, come Dora Garcia o Cesare Pietroiusti. Una ricchissima bibliografia, poi, restituisce l’uomo e l’artista Fausto Delle Chiaie. Numerose anche le tesi di laurea a lui dedicate, fra cui “Artista del luogo” di Eliza Piotrowska nel 2009 e “Arte fuori dal sistema” di Valentina Di Petta, nel 2011.A Gennaio 2024 la sua arte è entrata a far parte della prestigiosa Collezione Farnesina, il complesso di opere più rappresentativo del panorama artistico italiano del ‘900 e contemporaneo, esito dell’innovativo progetto portato avanti nel tempo con impegno e passione, dall’ex segretario generale della Farnesina, l’ambasciatore, oggi a riposo, Umberto Vattani. L’opera ospitata nella Collezione si intitola “Distanziamento Sociale” – un’idropittura e pennarello su tela di lino delle dimensioni di cm. 187 x 213 –, con cui Delle Chiaie ha voluto fotografare una situazione esistenziale di fatto imposta dal lockdown in periodo di pandemia, per consegnarla ad una memoria futura.

Per chi voglia scoprire di più:
Fausto Delle Chiaie “FUORI CATALOGO”
a cura di Pino Giannini con fotografie di Paolo Buatti
ed. KellermannFausto Delle Chiaie, http://it.m.viwipedia.org
Arte Urbana – Roma, in Enciclopedia Treccani, http://www.treccani.it
M. Folci, Archivio Delle Chiaie, http://www.maurofolci.it
D.Garcia. Museo in esilio, http://theinadequate.doragarcia.org

Da D.D.

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