Milano: Alla M77 Gallery una delle rappresentanti più accreditate dell’astrattismo italiano

Fra le artiste italiane, Carla Badiali (1907-1992) è una delle poche a poter essere inquadrata nell’ambito di quella che Lea Vergine definì “l’altra metà dell’avanguardia” sottolineando l’apporto dato dalle donne all’evoluzione della pittura italiana nella prima metà del secolo scorso.

“…un cadenzato fermento di linee e di colori effusi di calore cromatico e di delicata poesia compone la trama vistosa di una vastissima passione artistica che segna l’avvento sicuro del suo inconfondibile contributo all’arte assoluta”.

Alberto Sartoris, Carla Badiali, in “Origini”; Roma, 1942.

MILANO
M77 GALLERY
20 GENNAIO | 15 MARZO 2025
 
CARLA BADIALI
Geometria e poesia
 
L’esposizione ripercorre l’intera carriera di una delle rappresentanti più accreditate dell’astrattismo italiano, attraverso oltre 50 opere, tra dipinti, disegni e collage.
 
A cura di Luigi Cavadini

Fra le artiste italiane, Carla Badiali (1907-1992) è una delle poche a poter essere inquadrata nell’ambito di quella che Lea Vergine definì “l’altra metà dell’avanguardia” sottolineando l’apporto dato dalle donne all’evoluzione della pittura italiana nella prima metà del secolo scorso.

A Carla Badiali, protagonista dell’Astrattismo comasco, la galleria M77 di Milano dedica, dal 20 gennaio al 15 marzo 2025, un’ampia retrospettiva, organizzata in collaborazione con gli eredi dell’artista, dal titolo Geometria e poesia.

La rassegna, curata da Luigi Cavadini, storico e critico dell’arte, a cui si deve il Catalogo generale della sua opera, ripercorre l’intera carriera di Carla Badiali, lungo ben sei decenni di attività, dalla prima metà degli anni Venti fino alla fine degli anni ottanta, attraverso oltre cinquanta, tra dipinti, disegni e collage.

Il percorso espositivo si apre con la fase legata alla figura, riconducibile a un breve arco temporale, all’incirca tra il 1925 e il 1932, tra cui spicca il delicato Autoritratto(1926), un pastello colorato su carta e prosegue con il suo ingresso nell’ambito dell’arte astratta, tra il 1932 e il 1934, benché come lei stessa ha più volte sostenuto “non sono mai passata da un periodo figurativo a uno astratto. Ho cominciato subito con le composizioni astratte”.

Carla Badiali fu, fin da subito, dentro all’esperienza di quel cenacolo di artisti, passato alle cronache come “Gruppo Como”, contribuendo al dibattito artistico e di confronto con gli astrattisti milanesi riuniti attorno alla Galleria del Milione, in un momento in cui alle donne non veniva dato molto credito, ma forte del sostegno e degli stimoli a percorrere la strada dell’astrazione di Manlio Rho, una delle figure di riferimento, assieme a Mario Radice, dell’avventura astratta sorta sulle rive del Lario.

Esemplari di quegli anni, a cavallo tra gli anni trenta e quaranta, sono le Composizioni, dove elementi di libera geometria, esaltati da una attenta e precisa scelta di colori, s’inseriscono in uno spazio virtuale.

Parallelamente alla sua ricerca geometrica, le opere di Carla Badiali assumono un valore lirico e musicale di grande rilevanza. È il caso della serie Le vent se léve, ben documentata in mostra, in cui le forme essenziali fluttuano sulla tela o sulla carta, che l’avvicinano al lirismo di Osvaldo Licini o, ancor di più, a Vassily Kandinsky, riletto in assoluta originalità, a dimostrazione di una ormai raggiunta autonomia linguistica.

È questo il periodo – siamo agli inizi degli anni quaranta – che segna la sua prima affermazione sul palcoscenico dell’arte pubblica, dapprima con l’adesione al gruppo Valori Primordiali, che nasce dall’entusiasmo della omonima rivista fondata da Franco Ciliberti, quindi al Gruppo Primordiali Futuristi, assieme a Cesare Cattaneo, Pietro Lingeri, Marcello Nizzoli, Mario Radice, Manlio Rho, Osvaldo Licini, Giuseppe Terragni e Alberto Sartoris, che portò alla formulazione del manifesto e alla denominazione definitiva di Gruppo Primordiali Futuristi Sant’Elia.

L’entrata nell’orbita di Marinetti fu di grande importanza per gli astrattisti comaschi, cui venne riservata un’intera sala alla Biennale di Venezia del 1942, nella quale Carla Badiali espose tre opere, e concesse loro l’opportunità di essere presenti alla Quadriennale di Roma del 1943.

In virtù degli strascichi dolorosi della guerra e del rinnovato impegno nel dare nuova vita al suo studio di disegno tessile che ebbe straordinaria fortuna in Italia e all’estero, con le collaborazioni, tra gli altri, con Hubert de Givenchy e con Pierre Balmain, gli anni cinquanta e i primi anni sessanta passarono sotto silenzio. Fu la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1966 a dare slancio alla sua ricerca artistica.

La rassegna dà inoltre ampio riscontro dell’uso della tecnica del collage, luogo di sperimentazione e di scansione spaziale e plastica, ma che Carla Badiali considerava lo strumento più immediato, forse più efficace del disegno, per assegnare alle forme la loro giusta collocazione, ideale base progettuale per futuri lavori e che ha accompagnato la sua ricerca fino nel pieno degli anni ottanta.

La mostra, a trentacinque anni dall’antologica tenuta Como nel 1990, si chiude con un rapido excursus sull’astrattismo comasco e sui suoi esponenti che per tutta la vista hanno continuato una ricerca in ambito astratto, da Manlio Rho a Mario Radice, da Aldo Galli a Carla Prina ad Alvaro Molteni.

Carla Badiali nasce a Novedrate (CO) nel 1907. Dopo pochi anni, si trasferisce con la famiglia in Francia a Saint-Étienne, dove si dedica alla musica e all’arte. Tornata in Italia, a Como, prosegue i suoi studi presso l’Istituto Nazionale di Setificio. Dopo le prime opere degli anni venti, raffiguranti paesaggi e nature morte, l’artista si avvicina all’astrattismo tra il 1933 e il 1934. Nel frattempo, si dedica all’arte applicata nel campo del tessile, organizzando e gestendo un importante laboratorio. Nel 1938 aderisce al gruppo Valori Primordiali, di cui fanno parte anche Terragni e Lingeri e due anni dopo sottoscrive il Manifesto del Gruppo primordiali futuristi Sant’Elia. Partecipa a una serie di prestigiose esposizioni, tra cui la XXIII Biennale di Venezia nel 1942 e la IV Quadriennale d’Arte Nazionale di Roma nel 1943. La produzione artistica di Carla Badiali s’interrompe a causa del secondo conflitto mondiale, ma riprende a esporre già nel 1951; da questo momento in poi, l’attività prosegue fino alla sua morte, avvenuta a Como nel 1992.


Un Estratto dal testo in catalogo

La mostra che M77 dedica a Carla Badiali ha l’ambizione di raccontare tutto il suo percorso artistico lungo ben sei decenni partendo da opere figurative della seconda metà degli anni Venti del ‘900 per accompagnarla poi nel mondo dell’astrazione geometrica che si dipana nel tempo fino alle ultime opere, collage soprattutto, eseguite alla fine degli anni Ottanta.

L’artista si qualifica storicamente negli anni Trenta quando anche in Italia – e in particolare nelle città di Como e di Milano – matura una ricerca astratta che può aspirare a un confronto con quanto sta già avvenendo in varie parti d’Europa dove Parigi è diventata luogo di creazione e di attrazione per quanti non si accontentano più di un’arte accademica di tradizione e non al passo con i tempi.

L’esperienza del futurismo con le istanze innovative e provocatorie che hanno segnato, nelle sue varie fasi, i primi decenni del secolo e che hanno trovato un’attenzione non superficiale anche in altre parti d’Europa, aveva già scardinato alcune delle certezze del passato. Ciononostante quello che avviene nelle due città lombarde in quegli anni diventa stimolo ad una creatività che si libera da una stretta dipendenza dalla realtà dei luoghi, delle persone e delle cose.

Carla Badiali, la cui formazione all’arte ha basi precoci (il padre le insegna a dipingere ad olio) e si approfondisce con gli studi al Regio Istituto Nazionale di Setificio (sezione disegno) di Como dopo il rientro con la famiglia dalla Francia dove aveva frequentato le scuole primarie, ha una prima stagione figurativa in cui affronta i vari generi della pittura di tradizione, dal ritratto alla natura morta, al paesaggio. Lo scatto che la conduce nell’ambito dell’astrazione si ha quando, tra 1932 e 1933, a seguito della costituzione in Como del Circolo della Vela, le perviene l’incarico di predisporne un pannello illustrativo. Il lavoro di costruzione e composizione di esso si avvale di una ricerca sviluppata attraverso una serie di bozzetti che, come ho recentemente scritto nel libro Astrattismo storico comasco (Nomos edizioni, 2024), “appare decisamente innovativa rispetto alla sua formazione e alla sua pittura di carattere eminentemente figurativo: l’immagine che va a definire si compone di figure geometriche rettangolari e di forme dai contorni curvilinei che opportunamente richiamano nella parte centrale il rigonfiamento delle vele e sottolineano, specie nei primi studi, sia il fluttuare dell’aria nelle curve a sviluppo verticale che il vibrare delle onde negli sviluppi orizzontali”.

Questa sua prima opera astratta, nata proprio come semplificazione di una rappresentazione della realtà, introduce l’artista a una possibilità espressiva che ne indirizzerà la produzione per tutto il resto della sua lunga esistenza. Prendono quindi corpo dipinti in cui all’inizio si percepiscono echi di figurazione e che ben presto si liberano da qualunque riferimento per concentrarsi su immagini composte da elementi di libera geometria che si articolano – ora fluttuanti ma organizzati, ora rigorosamente inquadrati in una costruzione verticale-orizzontale – in uno spazio virtuale che li rende felicemente espressivi.

(…) Tutto questo si materializza in anni intensi di lavoro nel corso di un decennio in cui, grazie in particolare a Giuseppe Terragni (ma anche a Pietro Lingeri e Cesare Cattaneo) si assiste al maturare dell’architettura razionalista da una parte e, dall’altra, prende vigore l’attività di pittori come Manlio Rho e Mario Radice, che pure sperimentano una poetica astratta. Si costituisce così in città nello studio dei due artisti una sorta di cenacolo culturale in cui ritrovarsi a parlare di arte e architettura e a confrontarsi sulle trasformazioni dell’arte in ambito internazionale e sulle prove e le novità delle rispettive esperienze creative. Un cenacolo che, soprattutto per quanto riguarda il coté artistico, ha fatto spesso parlare di Gruppo Como, anche se non si trattò mai di un gruppo attivo sulla base di un progetto comune o operante in sinergia.

(…) Fra i frequentatori del cenacolo comasco compare anche Carla Badiali, una donna in tempi cui alle donne non era dato molto credito – e non solo nell’arte – ma che non ha timore di sottoporre i propri lavori agli altri partecipanti forte del sostegno di Manlio Rho, che, come lei stessa ha più volte dichiarato, l’aveva stimolata fin dall’inizio a percorre la strada dell’astrazione, che riteneva (e a ragione) a lei congeniale. Certo diverso era l’atteggiamento di Mario Radice che sembra ammettere a fatica, attribuendole una tarda comparsa nel mondo dell’arte.

(…) Le prime uscite pubbliche di Badiali come artista avvengono con l’adesione al gruppo “Valori primordiali” nel 1938 e con piccole presenze nel 1941 alla III Mostra del sindacato nazionale fascista di Belle Arti nel Palazzo dell’arte di Milano e alla Mostra del “Gruppo primordiali futuristi Sant’Elia” alla Galleria Ettore Mascioni, sempre a Milano. Ma, decisamente significativa, è la partecipazione con un nutrito gruppo di comaschi alla XXIII Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia del 1942 accolti nel Padiglione del Futurismo Italiano curato da Filippo Tommaso Marinetti. (…) definizione di “dinamismi astratti” alle opere degli astrattisti comaschi (assolutamente assenti in quel contesto i milanesi!) fu attribuita da Marinetti stesso, che voleva accreditare questi artisti come continuatori del movimento futurista e quella dicitura fu imposta come titolo a tutte le loro opere, così, ad esempio, la Composizione in rosa di Badiali divenne per quella occasione Dinamismo astratto in rosa.

Nell’anno successivo, 1943, anche la IV Quadriennale di Roma ospiterà, sempre nelle sale futuriste e per gli auspici di Marinetti e Sartoris, la pattuglia dei comaschi, eccettuati Cattaneo e Torno.

In questi primi anni Quaranta, anni di guerra, Carla Badiali, molto impegnata tra il suo lavoro di imprenditrice nel campo del disegno per tessuti che nel 1943 dovrà abbandonare, riserva poco tempo alla ricerca d’arte che si concentra su un interessante ciclo da lei intitolato Le vent se lève che rappresenta il più alto livello di poesia di tutta la sua produzione: un segno grafico-pittorico percorre le superfici della carta bianca o della tela dal fondo uniforme, volute danzanti e leggere alludono senza descrivere, si rincorrono in un movimento festoso, sembrano placarsi per poi ripartire. Poesia pura ma anche musica.

Siamo dentro quello che potremmo definire un canto del cigno perché con queste opere si interrompe praticamente la sua produzione, certo anche per le problematiche legate al momento storico con il fascismo e le leggi razziali. Nel febbraio 1944 sposa Alessandro Nahmias, ebreo, che sarà una figura importante della Resistenza, lei stessa ne è coinvolta e, arrestata, finisce a Villa Triste e poi a San Vittore, incinta del primo figlio, dove viene liberata mentre il marito finisce a Mauthausen, da cui riuscirà a tornare.

(…) Arriva nel frattempo nel 1966 la XXXIII Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia che propone una rassegna dal titolo Aspetti del primo astrattismo italiano. Milano-Como 1930-1940 curata da Nello Ponente che dà il giusto inquadramento storico di quell’avanguardia fino a quel momento non pienamente compresa.

Carla Badiali sembra rinascere. Ora può dedicarsi completamente alla pittura, sempre più nel segno della semplificazione. Arriva, nel 1968, a realizzare composizioni multimateriche come le due grandi stele in legno, metallo e tasselli dipinti, dalla suggestiva valenza lirica. Sono proprio questi rilievi a guidare l’artista ai primi collage che non siano più solo progetti di pittura, ma che assumano un valore autonomo. Appare particolarmente interessante assistere alla combinazione di linee grafiche (rette e/o archi di cerchio), quadrati e successivamente altre forme geometriche piane, che negli accostamenti e nella leggerezza di un rilievo di carte e cartoncini solleciti una stesura pittorica. E ci si può sorprendere di come la mutazione di tecnica non vada a detrimento della qualità espressiva.

(…) Gli anni estremi del suo lavoro d’artista sono dedicati quasi esclusivamente ai collage, in particolare a piccole realizzazioni che ambirebbero altri passaggi di esecuzione, in formati più grandi o addirittura in pittura. Ma ad un certo punto anche l’acrilico, che da una certa data aveva sostituito l’olio, diventa faticoso da realizzare con la precisione che sempre l’aveva contraddistinta.

In questo suo lungo viaggio Carla Badiali ha intrecciato la sua geometria con spirito leggero, sostenuta da una molteplicità di colori luminosi e vivi nei rapporti e nei contrasti, permeando tutto di una lucida poesia.


CARLA BADIALI. Geometria e poesia
Milano, M77 Gallery (via Mecenate 77)
20 gennaio – 15 marzo 2025
 
Orari di apertura:
dal martedì al sabato, dalle 11.00 alle 19.00
 
Ingresso libero
 
Informazioni:
T. +39 02 84571243
E. info@m77gallery.com
 
Sito internet:
M77gallery.com
 
Ufficio stampa
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