
Aveva scelto le sale eleganti e il profumo dei libri di Spazio Sette Libreria, il pittore Salvatore Pupillo, attivo e apprezzato artista sulla scena romana e non solo dagli anni ’80, per la sua mostra di arte contemporanea SCENE, chiusa da pochi giorni a Roma. Due blocchi di opere raccolte in “SIPARI e “PIANI”, a coprire gli anni dal 1991 al 2020, capaci di rappresentare compiutamente l’intero suo percorso artistico fin qui. E la sua capacità di coniugare elementi espressionisti e informali in opere astratte e minimaliste che restituiscono la realtà – come è stato scritto – attraverso “il graffio netto, elemento chiave di ogni sua composizione cromatica e disegnativa“, e con “Segno e Campo quali dualità che lui mette in opera determinando una leggerezza, che è come un respiro dell’area senza perimetro…” (Francesco Gallo Mazzeo). Una leggerezza ben descritta anche da Giancarlino Benedetti Corcos, per il quale “Pupillo dipinge l’invisibile di ciò che la notte lascia al giorno“.
Si chiude il sipario su SCENE, la personale di Salvatore Pupillo In corso la sua partecipazione alla Collettiva della Galleria Apollin |
Nella mostra “Il profumo della Primavera“, invece, in corso a Roma fino al 30 aprile alla Galleria Apollina in Via Antonio Bertoloni 45, sulle pareti che condivide con le realizzazioni di sette Amici Artisti – Enzo Barchi, Adelaide Innocenti, Ria Lussi, Teresa Coratella, Albino Mattioli, Giancarlino Benedetti Corcos e Claudio Bianchi – Pupillo espone un’opera del 2010, “A strati”. Gli elementi che la compongono sono disposti sul muro come le lancette di un orologio fantastico e rivelano una delle diverse tecniche usate dall’artista e che riguarda la “stratificazione”, oltre che dei tessuti e dei colori, dei materiali, tra loro sovrapposti.
In Catalogo
Della mostra appena conclusa, oltre al piacere di aver potuto mostrare i lavori di Pupillo all’ampio pubblico che l’ha visitata, resta anche la singolare collaborazione con Valerio Magrelli, che ha regalato all’esposizione una sua poesia, “La scena tecnologica”, in un dialogo, cercato da Pupillo come da molti artisti della sua generazione, dell’Immagine con la Parola.
E resta un bellissimo Catalogo, dalla copertina essenziale in linea con lo stile “minimal” e lieve dell’Artista e dell’Uomo Salvatore Pupillo, realizzato con il progetto grafico di Andrea Tabrini e le foto di Massimiliano Ruta, e distribuito da Spazio Sette Libreria insieme al precedente volume dedicato all’artista, “Pictura”. Il Catalogo “Scene” ospita il commento critico di Francesco Gallo Mazzeo, i contributi di Silvana Baroni e Pippo Di Marca e, appunto, la poesia di Magrelli con il suo autocommento.
Silvana BARONI, psichiatra, scrittrice, autrice per il Catalogo del testo “La voliera e le quinte”, individuava nel percorso espositivo tre periodi: il primo è rappresentato dal trittico, in cui ai lati di ciascun quadro c’è come un affollamento di colore, “le quinte”, ed è il periodo in cui la sua parte ariosa di lavoro, quella centrale, appare appunto inquadrata, racchiusa. Un successivo periodo cui il tratto non prevede più le quinte, dove il quadro è uno spazio totale, pieno di suggestione, di emozione direi, emozione dovuta a piccoli filamenti di realtà, piccoli perché il rapporto di Pupillo con la realtà, quello che lo rende grande, è proprio questo: la realtà c’è, ma sempre a piccole dosi e quindi è sempre rappresentata in modo fiabesco, anche ludico. E poi l’ultimo periodo in cui è come se ricomparisse, vagamente è sempre un astratto, la forma: il colore ritorna ad essere protagonista e cerca di dialogare con altri colori e anche con delle linee, dove c’è un’idea di costruzione”. Per Pippo DI MARCA, quella di Pupillo “è una pittura che risale in qualche modo all’astrattismo, e al suo mondo che è un mondo di leggerezza, di camminare, alla Baudelaire, lungo la vita, per le strade… pittura astratta e nello stesso tempo profonda, lineare, anche cromaticamente chiara, e nello stesso tempo, in ogni quadro grande o piccolo, c’è un vulnus, il mistero della sua arte, come in generale è il mistero di qualunque espressione artistica. È la ferita: in ogni suo quadro c’è una ferita profonda, una specie di meteora, che non si capisce se parte dal centro per andare fuori dal quadro, o piuttosto da fuori per arrivare al suo centro. E lì c’è anche una sorta di lato oscuro, proprio di ogni gesto poetico, e particolarmente di ogni gesto pittorico. Perché nella pittura la poesia dell’artista è visibile, più ancora che nella scrittura”.
Salvatore Pupillo

Nato a Roma nel 1956, di origini siracusane, ascendenza molto sentita, Salvatore Pupillo sperimenta l’arte fin da bambino e, da autodidatta, diventa esponente di rilievo della pittura italiana emersa a partire dagli anni ’80. La sua carriera artistica inizia ufficialmente nel 1985 con una mostra a Villa Corsini a Roma. Nel corso degli anni partecipa a numerose esposizioni sia in Italia sia all’estero, consolidando la sua reputazione nella scena artistica contemporanea con la sua ricerca che punta a ridurre e astrarre – e in alcuni esiti a stratificare – i dati sensibili, portando la realtà osservata ad una sintesi estrema che ne rivela la sua essenza più profonda. Un taccuino per catturarne i momenti, camminando, decine di schizzi per tradurli in ispirazioni e infine il dipinto, che poco o niente conserverà, però, di quei disegni. Leggerezza e sospensione è ciò che ama negli artisti che segue e che in qualche modo lo hanno ispirato o lo ispirano tuttora, mentre il dualismo astratto–figurativo non sembra toccarlo, convinto che arte sia “quella che ti trafigge… altrimenti è piatta“. Altro dualismo che il pittore sperimenta è quello tra colore e supporto, in osmotico scambio, facendosi sorprendere dalle rese sempre diverse a seconda della superficie su cui lavora. La sua tecnica punta all’astratto, o meglio ancora al “minimal”, nutrito di luce: immagini sospese in (possibile) espansione. Che se c’è, se percepita da chi guarda, è però appena accennata, “un filo di fumo che fa pensare alla pipa di Magritte” (Enrica Torelli Landini).
Pupillo vive e lavora a Roma, nel suo studio nel cuore di Trastevere.
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