Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace

Francesco Guadagnuolo, nella sua ultima creazione, rovescia la solennità del ritratto papale in un reportage distopico del nostro tempo di guerra. Papa Leone XIV all’Angelus (di Domenica 22 giugno 2025) appare al centro dell’opera, avvolto in una veste bianca-dorata ma con lo sguardo intenso, un pontefice insieme autorevole e sensibile. Solo poche ore prima, il mondo tremava davanti a un’escalation militare, con l’ipotesi inquietante di un conflitto atomico tra Iran e Israele. Il Pontefice nella sua preghiera ha detto: «Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace. È un grido che chiede responsabilità e ragione, e non dev’essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto. Ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra, prima che essa diventi una voragine irreparabile. Non esistono conflitti “lontani” quando la dignità umana è in gioco. La guerra non risolve i problemi, anzi li amplifica e produce ferite profonde nella storia dei popoli, che impiegano generazioni per rimarginarsi. Nessuna vittoria armata potrà compensare il dolore delle madri, la paura dei bambini, il futuro rubato. Che la diplomazia faccia tacere le armi! Che le Nazioni traccino il loro futuro con opere di pace, non con la violenza e conflitti sanguinosi!».

A sinistra dell’opera di Guadagnuolo, un missile squarcia l’azzurro irreale del cielo; l’ombra evanescente di un B-2 americano si staglia come un ambiguo “poliziotto del pianeta”. A destra, le rovine di una città mediorientale emergono tra colonne sventrate e nubi di fumo, emblemi del dolore collettivo. Al centro di questi poli, uno schermo televisivo proietta la “guerra di missili”: il suo terzo occhio smaschera la sottilissima linea fra verità e propaganda.

L’artista, che conosce il Medio Oriente, per esserci stato, definisce questa composizione come un «trittico espanso in cui “ogni scatto temporale” convive nello stesso spazio, generando una tensione drammatica in cui sacro e profano, oracolo e cronaca s’intrecciano. Sul piano cromatico, il blu profondo evoca un cielo ideale e utopico costantemente minacciato, mentre l’uso materico di neri intensi – densi e quasi tattili – richiama la “morte che fuma” dei teatri di guerra. Lampi di giallo oro s’insinuano tra le macerie come aureole Bizantine, piccole promesse di speranza capaci di squarciare l’abisso.

«Ho concepito quest’opera come un rito collettivo contro l’angoscia globale», spiega l’artista. Per interrompere il flusso inarrestabile delle agenzie, ha creato uno spazio performativo dove pittura, collage e video si contaminano, trasformando l’ansia in un’esperienza sensoriale condivisa. Il supporto imbevuto di olio nero evoca il catrame delle rovine, i titoli delle agenzie pulsano come cuori tecnologici, mentre grafite e inchiostri tracciano la confusione degli scontri.

Di fronte all’opera, lo spettatore non è un semplice osservatore: diventa testimone e attore. Può lasciare un segno – un frammento di tessuto, una parola incisa, una piccola fiamma accesa – e tradurre così il gesto individuale in speranza collettiva. Alla fine, il giallo dorato sfuma in un silenzio avvolgente, come se anche gli ultimi missili nella mente di ciascuno smettessero di piovere.

In un mondo spaccato in schieramenti opposti, l’esperienza sensoriale di Guadagnuolo trasforma il dolore altrui in responsabilità personale. Il vero successo dell’opera non si misura in “like” o vendite, ma nelle testimonianze che emergono dalla lettura dell’opera: campagne di sensibilizzazione, petizioni, diari collettivi di dubbi e proposte. Se l’arte riesce ancora a essere catalizzatore sociale, quest’opera Transrealista ne è la prova: costruisce reti di solidarietà, alimenta il dibattito e mantiene viva la consapevolezza.


Da osservatorioartecont@libero.it

About the author: Experiences