In mostra a Trieste oltre 200 reperti archeologici per far conoscere il popolo degli Istri

Histri in Istra – Conferenza stampa – ph Matteo Prodan

In mostra a Trieste e per la prima volta in Italia, oltre 200 reperti archeologici per far conoscere il popolo degli Istri

Oltre 200 reperti archeologici per scoprire il popolo che ha dato il nome alla penisola istriana e che ne ha abitato le terre fino alla caduta del centro fortificato di Nesazio nel 177 a.C.: si possono ammirare da venerdì 15 dicembre 2023 al Museo di Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste, esposti per la prima volta in Italia per la mostra “Histri in Istria”, realizzata dalla Comunità Croata di Trieste/Hrvatska Zajednica u Trstu insieme al Museo Archeologico dell’Istria/Arheološki Muzej Istre u Puli, in coorganizzazione con il Comune di Trieste.

Curata da Martina Blečić Kavur, Univerza na Primorskem/Università del Litorale Koper/Capodistria, la mostra è allestita nel Museo di piazza della Cattedrale 1, nelle sale al secondo piano, ed è volta a diffondere la conoscenza dell’antico popolo di origini indoeuropee che ha abitato la penisola istriana durante l’età del bronzo. “HISTRI IN ISTRIA” resterà aperta al pubblico fino al 1 aprile 2024, da martedì a domenica, dalle h. 10.00 alle h.17.00.

L’inaugurazione ufficiale, nel pomeriggio, vede la presenza del Sindaco di Trieste Roberto Dipiazza insieme all’Assessore alle politiche della Cultura e del Turismo Giorgio Rossi, del Vice Sindaco di Pola Bruno Cergnul, del Presidente della Comunità Croata di Trieste Damir Murkovic, della referente per il Museo Archeologico dell’Istria Maja čuka, del Responsabile dei Musei Storici e Artistici del Comune di Trieste Stefano Bianchi e della Conservatrice del Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann Marzia Vidulli Torlo.  

Histri in Istra – Allestimento – ph Matteo Prodan

“Prosegue il dialogo virtuoso tra le contermini regione istriana e il Friuli Venezia Giulia su iniziativa della Comunità Croata di Trieste e in sinergia con il Comune di Trieste” – afferma l’Assessore alle politiche della Cultura e del Turismo, Giorgio Rossi. “Un percorso favorito dalla Comunità Croata di Trieste e condiviso con importanti realtà museali della Croazia” – conclude Rossi – “a garanzia della qualità dei progetti culturali transfrontalieri che l’Amministrazione comunale di Trieste coorganizza con entusiasmo e attenzione”.

“Attraverso la realizzazione di questo progetto” – afferma Damir Murkovic, presidente della Comunità Croata di Trieste/Hrvatska Zajednica u Trstu – “abbiamo voluto fornire un importante contributo conoscitivo e culturale a un pubblico eterogeneo: agli appassionati di preistoria e archeologia e, più in generale a tutti coloro che amano l’arte; ci rivolgiamo soprattutto ai ragazzi e agli studenti, che potranno cogliere in questi reperti elementi di riflessione per la loro crescita culturale e umana. Si tratta del secondo dei tre eventi espositivi che la Comunità Croata di Trieste/Hrvatska Zajednica u Trstu sta realizzando in coorganizzazione con il Comune di Trieste e, in quest’occasione, con il Museo Archeologico dell’Istria (AMI) di Pola/Arheološki Muzej Istre u Pulicon il sostegno della Regione Friuli-Venezia Giulia. La prima mostra – ricorda Murkovic – allestita da novembre 2018 a febbraio 2019, era dedicata al popolo degli Iapodes o Giapidi – “Iapodes. Il misterioso popolo degli altipiani dell’Europa centrale” – e ha fatto registrare oltre 8000 visitatori. L’appuntamento conclusivo sarà quello con i Liburni, ai quali verrà dedicata una mostra prevista nel 2024/2025″.

“Desidero dedicare questa mostra alla nostra ex-curatrice Kristina Mihovilić” – sottolinea Darko Komšo, direttore del Museo Archeologico dell’Istria/Arheološki Muzej Istre u Puli – “che l’anno scorso ci ha lasciato. L’idea di organizzare una grande mostra sugli Istri è stata sua e l’abbiamo realizzata nel 2013 a Pola e successivamente a Medolino. Oggi la inauguriamo a Trieste, prima città al di fuori della Croazia a ospitare una mostra sulla civiltà degli Istri. Gli Istri hanno segnato la storia dell’Adriatico settentrionale nell’età del ferro, non solo dell’Istria ma di un territorio molto più vasto, che comprendeva luoghi dell’attuale Friuli-Venezia Giulia”.

“La cultura dell’età del ferro degli Istri” – illustra la curatrice della mostra, Martina Blečić Kavur – si può correttamente definire come una civiltà. Si tratta di un popolo che ha ottenuto il suo giusto posto sulla scena storica, ma anche di un popolo che ha avuto un ruolo importante nelle correnti culturali non solo del nord Adriatico e del suo entroterra, ma anche di tutto il bacino adriatico. Il loro patrimonio archeologico è davvero impressionante, ricco e splendido. Attesta sia lo status della popolazione stessa, sia i contatti culturali con i popoli del mondo antico, specialmente con gli Italici e i Greci. L’abbondanza di oggetti di cultura materiale ci introdurranno nel magico mondo degli Histri in Istria. La mostra comprende dunque ciò che al momento sappiamo degli Istri, della loro cultura del vivere, resa attraverso i riti e le regole di sepoltura, e rispecchiata specularmente da oggetti rappresentativi della loro ricca cultura materiale.”

“Il Museo d’Antichità J.J. Winckelmann ospita con grande piacere la mostra sugli Istri” – afferma Marzia Vidulli Torlo, Conservatore del Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann” – “seconda tappa della trilogia dedicata ai popoli protostorici della Croazia, dopo quella sugli Iapodes proveniente dal Museo di Zagabria. In questa occasione i materiali della mostra arricchiscono il museo appartenendo alla stessa koinè culturale e si inseriscono, non solo fisicamente, tra le sale trovando corrispondenza in quelli del percorso espositivo, riflettendo forme e decorazioni. Infatti, per ragioni storiche, le prime ricerche e i primi scavi in Istria sono stati condotti dai curatori e direttori dei musei triestini, fin dal 1904 quando, in località Pizzughi/Picugi, Carlo Marchesetti indagò le necropoli di tre castellieri posti in vista del mare presso Parenzo/Poreč e questi reperti sono esposti permanentemente in una sala del primo piano”.

Histri in Istria – ph. Matteo Prodan

La mostra sugli Istri, realizzata in collaborazione con il Museo Archeologico dell’Istria di Pola/Arheološki Muzej Istre u Puli e in coorganizzazione con il Comune di Trieste, è al suo primo allestimento in Italia. È incentrata su storia, usi e costumi degli Istri, il popolo che ha dominato la vicina penisola istriana dal XII secolo a.C. fino alla definitiva conquista romana avvenuta nel 177 a.C. Attraverso un percorso visuale ed espositivo, allestito nelle sale al secondo piano del Museo di Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste, i visitatori possono ammirare oltre 200 reperti, tra i più significativi del patrimonio artistico e culturale istriano, che sono stati oggetto di allestimento nel 2013 nello spazio espositivo “Sacri Cuori” a Pola.

I reperti presentati sono il risultato di lunghe attività di ricerca e di attenti scavi archeologici nelle ricche necropoli e tombe degli Istri: provengono da tutta l’Istria, ma soprattutto dalla capitale del regno degli Istri, Nesazio, e poi da Pizzughi e dal Castelliere di Leme. Sono oggetti che ci parlano degli usi e costumi di questo popolo e della sua cultura dell’aldilà. Fulcro della mostra è la tomba esplorata nelle fondamenta del tempio romano B, nel 1981 a Nesazio, ricca di materiale archeologico. Tra i reperti certamente oggetto di interesse per i visitatori si segnalano le situle e un esemplare di imbarcazione che si fa risalire al 1200 a.C.

L’arte della situla: le situle sono vasi di bronzo con decorazioni floreali o raffiguranti momenti di vita quotidiana, come la caccia o le battaglie navali. Un’arte di cui si trovano testimonianze non solo in Istria ma anche in Slovenia e nel nord Italia, tra i Veneti e le popolazioni alpine, e in Europa centrale.

La nave degli Istri: rinvenuta 10 anni fa a due metri di profondità nel mare di Zambrattia, un villaggio del comune di Umago nell’Istria del nord, rappresenta uno dei più antichi esemplari di imbarcazione del Mediterraneo. Lunga circa 10 metri, è fatta risalire al 1200 a.C., è uno dei pochi esempi rappresentativi di una tecnica di costruzione utilizzata in un’epoca così antica: l’imbarcazione è costruita senza chiodi e le sue tavole di legno sono assemblate soltanto con cordame.

Curatrice della mostra è Martina Blečić Kavur, Univerza na Primorskem/Università del Litorale Koper/Capodistria.
Conservatore del Museo d’Antichità J.J. Winckelmann: Marzia Vidulli Torlo.
Identità visiva e allestimento di Vjeran Juhas.

Accompagneranno la mostra una serie di eventi collaterali che si svolgeranno presso la Sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich da metà gennaio a fine marzo.


Le prime ricerche e i primi scavi in Istria sono stati condotti dai curatori e direttori dei musei triestini; così nel 1904 in località Pizzughi/Picugi, Carlo Marchesetti indagò le necropoli di tre castellieri posti in vista del mare presso Parenzo/Poreč e questi reperti sono esposti permanentemente in una sala del primo piano.

Sono stati poi Alberto Puschi e Piero Sticotti, ambedue direttori del Museo d’Antichità di Trieste, a compiere nei primi decenni del Novecento le prime indagini archeologiche nel sito di Visazze/Vizače, ritrovando la prova che lì era lo storico oppido di Nesazio, quello ricordato da Tito Livio quando narrava la seconda Guerra Istrica, che portò alla conquista romana di tutta l’Istria (testimoniato dal ritrovamento dell’iscrizione dedicata a Gordiano III da parte della Res Publica Nesactiensium). Una selezione dei materiali allora ritrovati e che subito tratti dallo scavo costituirono il nascente museo di Pola, accanto ad altri di scavi più recenti, compongono le sezioni della mostra ospitate al secondo piano.

I materiali della mostra trovano inoltre ancora un’altra corrispondenza con quelli esposti dal museo e nello specifico con la sezione dei vasi Magnogreci: questi ultimi provengono dal collezionismo triestino ottocentesco, in un naturale rapporto di contatti marittimi mercantili. La mostra degli Istri documenta come la relazione tra la Puglia e l’alto Adriatico trovi eco però già nel primo millennio avanti Cristo testimoniata dai vasi di produzione apula rinvenuti in tombe di Nesazio del V-IV secolo a.C., ma già anche nei quattro secoli precedenti.


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Messina, Art Project – “Urban Siciliology: un primo sguardo urbano a ciò che sarà”

Prenderà il via il prossimo 15 dicembre, alle ore 17.30, la mostra dedicata all’Urban Art presso la Galleria “Zancle Art Project” di via Legnano 32 a Messina, dove verranno esposte alcune opere di muralisti siciliani. “Urban Siciliology: un primo sguardo urbano a ciò che sarà”, visitabile fino al 20 gennaio, è un’importante anteprima, realizzata dalla Galleria Zancle Art Project con la collaborazione di Alessia Tommasini. Il nuovo linguaggio artistico contemporaneo, legato alla street art, è un mondo che Zancle Art Project vuole esplorare, organizzando una serie di iniziative nella città di Messina e non solo, a partire dal 2024. “Con entusiasmo condividiamo il nostro viaggio con Zancle Art Project, – ha dichiarato Giovanni Cardillo, Direttore Artistico della Galleria – un audace tentativo di illuminare il tessuto culturale di Messina, una città dalla storia millenaria che, secondo noi, è in attesa di riscattarsi, soprattutto puntando sull’arte contemporanea e, in questo caso, sulla street art. In questa impresa avvincente, affrontiamo la sfida di plasmare Messina in un centro culturale, una città che, sebbene non abituata a essere una tela per l’arte, custodisce un potenziale straordinario. Il nostro impegno nella trasformazione sociale attraverso l’arte è come una fiamma ardente, alimentata dalla volontà di catalizzare l’energia creativa della comunità e unirla in una nuova esperienza culturale. Ci impegneremo a superare le sfide e a trasformare gli ostacoli in trampolini di lancio verso la contemporaneità, la creatività e l’ispirazione”. La mostra è patrocinata dall’Ordine degli Architetti della Provincia di Messina e la Fondazione Architetti nel Mediterraneo di Messina. Gli artisti presenti con le loro opere sono: Giuliorosk, Kuma, NessunoNettuno, Domenico Pellegrino, Igor Scalisi Palminteri.


Da Mariateresa Zagone mtzagone@gmail.com

Roma, Spazio all’Arte: Leoncillo, SEQUENZE 1932-1968

A Roma le “sequenze” di Leoncillo

Inediti fili rossi tra le opere del grande scultore

Il 14 dicembre il Vernissage a Spazio all’Arte

Capitolium Art ospiterà a Spazio all’Arte, in Via delle Mantellate 14b, dal 14 dicembre, la mostra “Leoncillo, sequenze 1932-1968“, la più completa tenutasi a Roma dopo l’antologica del 1979 alla GNAM. Curata da Enrico Mascelloni, con la collaborazione di Maurizio Stazi, la rassegna propone una lettura assolutamente nuova dell’intero percorso del grande scultore: “Mettendo in sequenza sculturedi varie epoche– spiega Mascelloni nel Catalogo–Leoncillo accetta di confrontarsi con alcuni tra i linguaggi vincenti dei suoi anni, ma non placherà mai a una vera e propria ossessione per le medesime forme e al contempo non abbandonerà mai un modellato convulso e di potente gestualità, che a quelle forme resta connaturato”.

Ritenuto tra i protagonisti dell’arte del ‘900, è forse, oggi, lo scultore italiano maggiormente al centro degli interessi della critica e del mercato. La mostra si presenta tanto come un’antologica in grado d’indagare ogni sua fase artistica con opere spesso celeberrime, che come una serie di “sequenze”, capace di mettere in evidenza un percorso all’insegna di una coerenza persino ossessiva, assicurata anche dall’uso esclusivo di un materiale considerato allora desueto e minore come la ceramica. Le sequenze sono otto e ognuna si caratterizza per la giustapposizione di opere tra loro lontane nel tempo e apparentemente distanti nel linguaggio. 

Se ne può esemplificare la natura riassumendo la sequenza che presenta due ritratti reputati da Brandi “tra i capolavori della ritrattistica novecentesca” (Ritratto di Donata del 1944 e Ritratto di Mary del 1953) giustapposti a un Taglio del 1962 tra i più noti. All’interno di ogni singola sequenza sono presenti opere ritenute tra i suoi capolavori, come Cariatide del 1942 che darà la stura agli esemplari (sia a lustro che a biscotto) del 1945, come Lottatori del 1946 che apre la sua fase neocubista e Rovine di Terni del 1955 che di fatto la conclude, come Ore d’insonnia del 1963 e Pietà del 1964 che aprono il linguaggio di Leoncillo a quella “scultura orizzontale, magmatica, di terra che si simula terra in un grandioso trompe l’oeil” (Mascelloni, dal testo in catalogo), che anticipa e in alcuni casi influenza le opere schiacciate a terra di Kounellys e Pascali, di Long e Carl Andre.

La mostra, coordinata da Carolina Righi, è accompagnata da un catalogo per i tipi Skira che contiene il testo critico del curatore, una serie di foto appositamente realizzate da Massimiliano Ruta per mettere in evidenza lo straordinario rapporto tra forma e materia nel linguaggio di Leoncillo e ampi apparati bio-bibliografici a cura di Marianna Ostuni. Le opere verranno presentate in uno speciale allestimento che evidenzierà l’articolazione delle otto sequenze.

Ad ospitare ed allestire la mostra sarà Spazio all’Arte, affidato a Willy Zuco, responsabile degli eventi di artisti nazionali ed internazionali e delle importanti mostre di arte moderna e contemporanea che vi si tengono. Lo spazio quindi non è una galleria tradizionale ad uso commerciale, ma ha questa ben più ampia destinazione d’uso, così come desiderio dei fratelli Giorgio e Gherardo Rusconi, eredi e fondatori della società Capitolium Art dal 2008.


Vernissage giovedì 14 dicembre 2023 dalle 18.30 alle 21.00. 
Per partecipare: roma@capitoliumart.it | Accrediti-stampa e informazioni: comunicazione@capitoliumart.it
 
La mostra “Leoncillo, sequenze 1932 – 1968“, dopo l’inaugurazione, resterà visitabile a Spazio all’Arte – Via delle Mantellate 14b, dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 19.00 fino al 15 febbraio 2024.

Diana Daneluz 
ComunicazioneSpazio all’Arte – Capitolium Art Roma
e-mail: comunicazione@capitoliumart.it

MAMbo Bologna: CHEAP | 14 dicembre: CONTRO manifesto per l’arte nello spazio pubblico

SABOTATE con grazia – un’infestazione di CHEAP alMAMbo – PH Margherita Caprilli

MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

Giovedì 14 dicembre 2023 – h. 18:00

Evento di finissage:

“SABOTATE con grazia” un’infestazione di CHEAP al MAMbo | fino al 17 dicembre 2023

“SABOTATE con grazia”, l’infestazione di CHEAP al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, si conclude domenica 17 dicembre. Come evento di finissage del progetto installativo, giovedì 14 dicembre alle 18:00 si terrà la presentazione pubblica in anteprima di CONTRO manifesto per l’arte nello spazio pubblico, scritto da CHEAP insieme a Fabiola Naldi, storica d’arte, curatrice e critica.

CONTRO è un manifesto critico che tenta di segnare una discontinuità rispetto alle attuali tendenze dell’arte nello spazio pubblico. Riprendendo uno dei formati delle avanguardie storiche e scritto da CHEAP insieme a Fabiola Naldi, CONTRO ripensa lo spazio pubblico come possibilità di conflitto e non di consenso, mette in crisi l’idea di partecipazione, nega l’idea che il contemporaneo abbia anche solo qualcosa a che fare con il concetto di decoro urbano. Nell’articolare un discorso pubblico su pratiche artistiche e politiche nell’ambiente urbano, CONTRO parte dalle cose che NON vorremmo più vedere – e la lista è lunga.

SABOTATE con grazia – un’infestazione di CHEAP alMAMbo –
PH Margherita Caprilli

Per l’occasione, saranno disponibili alcune copie dell’edizione limitata di CONTRO, stampate nel formato del poster. A proposito della presentazione CHEAP dichiara inoltre:

“Non possiamo prescindere da alcune considerazioni, alla luce di quanto sta avvenendo in città. Quando abbiamo programmato la presentazione di CONTRO manifesto per l’arte dello spazio pubblico, non immaginavamo di farlo dopo giorni invernali di sgomberi delle occupazioni abitative e di repressione nelle strade di Bologna. La nostra città non è in grado di garantire il diritto all’abitare: ci è chiaro da tempo, ne parliamo pubblicamente da tempo, ne scriviamo ovunque ci sia possibile da tempo. Nei giorni scorsi, a questa incapacità si è sommata una feroce repressione in divisa: ci sembra incredibile dover tornare a ripetere che le lotte per il diritto alla casa sono istanze sociali e politiche, non una questione di ordine pubblico. Eppure.

SABOTATE con grazia – un’infestazione di CHEAP alMAMbo- PH Michele Lapini

Giovedì 14 Dicembre ci troveremo al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, un museo comunale dove era nostro desiderio parlare di spazio pubblico, pratiche artistiche di dissenso, prospettive che confliggono con l’ordine simbolico della città. Oggi sappiamo che quell’incontro non potrà prescindere da quello che sta succedendo a Bologna e partirà quindi dagli sgomberi, dalle manganellate, da un’idea di città ma soprattutto di cittadinanza che non ci rappresenta.

Oggi, ci sembra più che mai urgente partecipare ad una conversazione pubblica che rivendichi il diritto alla città per tutt*, la centralità delle pratiche fight specific, la necessità di rifondare il luogo pubblico anche attraverso l’insorgenza spaziale – “come una festa che irrompe nel tempo storico lineare del capitale””.


Informazioni & contatti
 
CHEAP
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Ufficio stampa CHEAP
Daccapo Comunicazione
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Marcello Farno
Ester Apa

Gallarate (VA), Museo MA*GA: DADAMAINO 1930 – 2004

Dadamaino, Componibile, 1965, lamine di plastica su fili di nylon e legno dipinto,
80×80 cm, collezione privata

GALLARATE (VA)
DAL 17 DICEMBRE 2023 AL 7 APRILE 2024 IL MUSEO MA*GA CELEBRA

80 opere ripercorrono la carriera di una delle maggiori protagoniste dell’avanguardia del secondo Novecento, a vent’anni dalla sua scomparsa.

A cura di Flaminio Gualdoni

Dal 17 dicembre 2023 al 7 aprile 2024 il MA*GA di Gallarate ospita una retrospettiva dedicata a Dadamaino (Edoarda Emilia Maino, 1930-2004), una delle maggiori protagoniste dell’avanguardia del secondo Novecento, realizzata in collaborazione con l’Archivio Dadamaino, con il supporto di Galleria Arte Martinelli (Lodi, Miami Beach).
La mostra, curata da Flaminio Gualdoni, ripercorre, attraverso 80 opere, le tappe fondamentali della carriera dell’artista milanese, partendo dall’esordio della sua ricerca sulla pittura monocroma e sulla superficie spaziale della tela, avvenuto alla Galleria Prisma nel 1959, anno in cui Dadamaino abbandona l’informale per adottare quelle formulazioni astratte che caratterizzeranno tutta la sua evoluzione creativa.

La rassegna prende avvio con l’importante ciclo dei Volumi, tele monocrome aperte su grandi perforazioni. È proprio nel 1959 che viene presentato il primo Volume, nella collettiva La donna nell’arte contemporanea alla Galleria Brera a Milano, che da subito rivela l’influenza di Lucio Fontana sul lavoro e sulle riflessioni concettuali ed estetiche di Dadamaino.

La prima sezione della mostra mette in dialogo la serie dei Volumi, realizzata tra il 1958 e il 1960, e quella dei Volumi a moduli sfasati, prodotta nei primissimi anni sessanta, con le opere della collezione del MA*GA di Lucio Fontana, Enrico Castellani e Piero Manzoni, Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Enzo Mari, Getulio Alviani, Alberto Biasi.

Il contrappunto visivo mette in luce l’importanza che ebbe per la ricerca di Dadamaino la frequentazione della compagine avanguardistica che si concentrava a Brera nel passaggio tra gli anni cinquanta e sessanta. Dadamaino espone infatti alla galleria Azimut di Milano dove, oltre ai fondatori Enrico Castellani e Piero Manzoni, incontra i protagonisti di una tranche significativa di quella che può ben considerarsi “la nuova concezione artistica”, come titola il secondo numero della rivista “Azimuth”.

L’affermazione di Dadamaino sulla scena artistica italiana prosegue negli anni sessanta con la collettiva Arte Programmata del 1962 alla Galleria La Cavana di Trieste, che definisce il suo passaggio dalla ricerca spaziale sulla tela intagliata a uno studio sul colore e sul segno come elemento ottico visivo.

Il successo arriva anche a livello internazionale quando, tramite Lucio Fontana, Dadamaino viene invitata a esporre alla mostra Nul allo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 1962, che metteva insieme grandi esponenti della ricerca visiva come Arman, Enrico Castellani, Piero Dorazio, lo stesso Lucio Fontana, Yayoi Kusama, Heinz Mack, Piero Manzoni, Henk Peeters, Otto Piene, Francesco Lo Savio, Jef Verheyen, Herman de Vries.

Dadamaino, Volume, 1960, idropittura su tela,
124×96 cm, collezione privata

 L’iniziativa al MA*GA segue lo sviluppo cronologico della ricerca di Dadamaino con il ciclo su cui l’artista si concentra tra il 1963 e il 1965: si tratta degli oggetti e dei disegni ottico cinetici frutto degli incontri con gli artisti del GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visuel) di François Morellet, con cui partecipa alle rassegne di Nouvelle Tendance. Anche in questo caso, in mostra le opere di Dadamaino dialogano con i protagonisti delle ricerche ottico e visuali presenti nella collezione del Museo MA*GA: Grazia Varisco, Enzo Mari, Davide Boriani, Bruno Munari, Getulio Alviani, Gianni Colombo, Nanda Vigo.

Per l’occasione sarà riproposto al pubblico, dopo il restauro, l’ambiente Spazio elastico di Gianni Colombo del 1967, parte della collezione permanente.

Il percorso espositivo sfocia poi negli anni della maturità della poetica di Dadamaino, ove spicca l’installazione di carte di vario formato dal titolo I fatti della vita, proposta per la prima volta da Galleria Grossetti a Milano nel 1979 e successivamente, nella sua più grande estensione di 461 carte, nella personale alla Biennale di Venezia nel 1980.

La mostra si completa con le tele con lettere dell’Alfabeto della mente, e la gigantesca opera Il movimento delle cose, lunga trenta metri, su cui si svolge la “scrittura” di Dadamaino e che fu presentata in una sala personale alla XLIV Biennale di Venezia del 1990.

Catalogo Nomos Edizioni, a cura di Flaminio Gualdoni con testi di Flaminio Gualdoni ed Emma Zanella.

La mostra è sostenuta in qualità di main partner da Ricola, SEA, Missoni, Saporiti Italia; special partner: Banca Generali Private; partner: Lamberti; supporter: Camal – le vie del cotone, Engel & Völkers.

Dadamaino con Luciano Fabro, Basel 1994, ph. Gerni

Dadamaino (Edoarda Emilia Maino) nasce a Milano nel 1930. Durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale la famiglia Maino si trasferisce a La Maddalena, frazione di Somma Lombardo (VA), dove vivevano i nonni materni, per poi tornare a Milano alla fine della guerra. Edoarda frequenterà il Liceo Classico e successivamente la Scuola d’Arte Applicata all’Industria del Castello Sforzesco. La sua formazione avviene tramite la frequentazione dell’avanguardia milanese che ha come punto d’incontro il Bar Giamaica in Brera: è vicina in particolar modo a Piero Manzoni, che frequenta dal 1957 e a Lucio Fontana, che influenza profondamente la sua ricerca. Negli anni Sessanta il suo lavoro conosce una fase di importante internazionalizzazione con forti tangenze con i gruppi di ricerca Nul, Zero, Nouvelle Tendance e GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visuel). Negli anni Settanta numerose sono le mostre personali e le presenze alle mostre collettive in Musei e spazi istituzionali in Italia e all’estero. Nel 1980 è presente con una sala personale alla XXXIX Biennale d’arte di Venezia a cura di V. Fagone, nel 1990 avrà nuovamente una sala personale alla XLIV Biennale d’arte di Venezia a cura di L. Cherubini, F. Gualdoni, L. Vergine.

Il 13 aprile Dadamaino muore a Milano dopo un periodo di malattia. Le sue ceneri riposano nel piccolo cimitero di La Maddalena, frazione di Somma Lombardo (VA).


DADAMAINO 1930 – 2004
Gallarate (VA), Museo MA*GA
17 dicembre 2023 – 7 aprile 2024
 
Inaugurazione: sabato 16 dicembre 2023, dalle 18.00 alle 21.00 (ingresso gratuito)
 
Orari:
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì: ore 10.00 – 18.00
sabato e domenica: 11.00 – 19.00
 
Ingresso:
Intero: €7,00; ridotto: €5,00
 
Catalogo:
Nomos Edizioni
 
Museo MA*GA
T +39 0331 706011; info@museomaga.it; www.museomaga.it
 
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco | T +39 02 36755700 | www.clp1968.it anna.defrancesco@clp1968.it

Monza, Villa Reale: oltre 100 opere di alcuni tra i protagonisti della creatività italiana

Reggia Contemporanea, Villa Reale di Monza, 2023, copyright Massimo Listri_28

7 DICEMBRE 2023

Il progetto Reggia Contemporanea presenta, al Primo e Secondo Piano Nobile della Villa Reale, un sorprendente percorso espositivo che propone oltre 100 opere d’arte contemporanea e di design di alcuni tra i protagonisti della creatività italiana, in un contesto storico d’eccezione.

A cura di Renata Cristina Mazzantini

La Villa Reale di Monza, capolavoro architettonico di Giuseppe Piermarini, torna all’antico splendore.
Il 7 dicembre 2023 apre Reggia Contemporanea: il progetto di riallestimento del Secondo Piano Nobile e di parte del Primo Piano Nobile della Villa Reale, con 100 opere dei maggiori artisti e designer italiani del periodo repubblicano, accanto ad arredi e dipinti d’epoca sabauda e asburgica. Un percorso affascinante, dove le testimonianze del passato si sposano in un continuo divenire con le eccellenze del presente.

Reggia Contemporanea nasce da quanto realizzato dal Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica con Quirinale contemporaneo: un progetto in continua evoluzione, fortemente voluto dal Presidente Sergio Mattarella, ideato e realizzato ad opera del Segretario Generale Ugo Zampetti, curato dall’architetto Renata Cristina Mazzantini, che ha portato nei palazzi presidenziali opere di arte contemporanea e di design.

L’appuntamento monzese vede la luce grazie all’impulso del Sindaco di Monza e Presidente del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, Paolo Pilotto, e all’impegno del Direttore Generale del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, Giuseppe Distefano, sintesi di un percorso durante il quale ha operato per consolidare il prestigio della Villa Reale, accrescendone il fascino e l’attrattiva, in virtù di un programma culturale di grande valore.

Il percorso espositivo, curato dalla stessa Renata Cristina Mazzantini, è stato elaborato in stretta e preziosa collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Monza e della Brianza, in particolare con il Soprintendente Giuseppe Stolfi e Benedetta Chiesi, e con Angelo Crespi, Consulente scientifico del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza.

L’itinerario all’interno della Villa, disegnato spesso in accordo con gli artisti e con le fondazioni o gli archivi che li rappresentano, propone oltre cinquanta opere d’arte astratta e figurativa, cinetica e concettuale, di ventisette maestri della creatività moderna e contemporanea, in dialogo con il gusto neoclassico di matrice asburgica e di quello floreale di gusto sabaudo.

I visitatori ammireranno capolavori di artisti quali Enrico Castellani, Paolo Scheggi, Afro e Mirko Basaldella, Carol Rama, Maria Lai, Emilio Vedova, Mimmo Rotella, Gastone Novelli, Piero Dorazio, questi ultimi presenti con due opere già nelle edizioni del 1968 e del 1988 della Biennale d’Arte di Venezia.

Al Secondo Piano Nobile, si potranno incontrare le maestose sculture di Pietro Consagra, Agenore Fabbri e Davide Rivalta, mentre nelle sale più piccole troveranno spazio le creazioni plastiche di Gino Marotta e quelle luminose di Mario Nanni.

Per valorizzare l’involucro architettonico di tre ambienti storici Giovanni Frangi, Chiara Dynys e Massimo Listri hanno appositamente realizzato tre grandiose opere site-specific che sono state generosamente donate al Consorzio Villa Reale e Parco di Monza. Imponenti sono anche le installazioni studiate da Mario Ceroli, Michele Ciacciofera, Emilio Isgrò, Pietro Ruffo e Grazia Varisco, ciascuno dei quali ha scelto un ambiente dove esporre importanti lavori storici e attuali.

Al Primo Piano Nobile dialogano con la bellezza dei decori antichi le nature morte iperrealiste di Luciano Ventrone, una ceramica di Bertozzi & Casoni e uno dei più conosciuti volti velati di Livio Scarpella.

Reggia Contemporanea ha inoltre riportato in Lombardia il monumentale gruppo scultoreo in bronzo Ratto di Proserpina, che accoglie i visitatori nell’Atrio degli Staffieri, capolavoro di Francesco Messina, originariamente collocato nel Teatro Manzoni di Milano, che la Fondazione ENPAM – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri ha concesso in comodato d’uso gratuito al Consorzio Villa Reale e Parco di Monza.

Reggia Contemporanea, Villa Reale di Monza, 2023, copyright Massimo Listri_31

Il percorso si arricchisce, infine, di oltre quaranta capolavori del design italiano che ravvivano il rigore classico di molti ambienti della Villa.

Le tappezzerie, i tessuti, gli arredi e gli oggetti di Giorgio Armani hanno ridato vita alla Sala da Pranzo della Famiglia Reale al Primo Piano Nobile, impreziosendo tutta l’architettura d’interni.

Tra gli oggetti di design, oltre a quelli dei pionieri come Renzo Frau, Gio Ponti e Piero Fornasetti, si annoverano lavori di architetti come Adolfo Natalini e Aldo Rossi, le iconiche poltrone di Alessandro Mendini e di Gaetano Pesce. Adornano le finestre i tendaggi di Giorgio Armani e Luca Nichetto; illuminano le opere d’arte le lampade di Davide Groppi, Michele De Lucchi e Piero Fassina, Jacopo Foggini, Franco Raggi, Vico Magistretti e Tommaso Tommasi, mentre il lampadario Venini Universe di Marco Piva brilla nel guardaroba della Regina

Sui preziosi piani intarsiati dalla Bottega Maggiolini, si adagiano i Coco de Mer di Benedetta Brachetti Peretti e le Piazze d’Italia di Fabio Novembre, mentre i vasi di Luciano Gaspari spiccano sul marmo di un camino. I visitatori potranno accomodarsi sulle sedute di Cananzi & Semprini e di Antonio Citterio, riflettersi nei fantasiosi specchi di Piero Lissoni e di Nanda Vigo, ammirare la perizia tecnica e fantasia inventiva negli intagli lignei di Ferruccio Laviani e di Romeo Sozzi.

Tutte le opere di arte e di design sono state concesse a titolo gratuito al Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, in comodato d’uso pluriennale o in donazione: la partecipazione entusiasta degli artisti, degli archivi e delle fondazioni che li rappresentano, e delle aziende di design ha reso possibile l’iniziativa.

Il catalogo sarà pubblicato grazie al contributo della Banca di Credito Cooperativo di Carate Brianza, con il fotoreportage di Massimo Listri.

Caimi e Wide Group hanno contribuito in qualità di sponsor tecnici, fornendo rispettivamente la segnaletica e la copertura assicurativa delle opere.

Elenco artisti:
Afro Basaldella
Mirko Basaldella
Bertozzi&Casoni
Mario Ceroli
Enrico Castellani
Michele Ciacciofera
Pietro Consagra
Piero Dorazio
Chiara Dynys
Agenore Fabbri
Giovanni Frangi
Emilio Isgrò
Maria Lai
Massimo Listri
Gino Marotta
Francesco Messina
marionanni
Gastone Novelli
Carol Rama
Davide Rivalta
Mimmo Rotella
Pietro Ruffo
Livio Scarpella
Paolo Scheggi
Grazia Varisco
Emilio Vedova
Luciano Ventrone

Elenco designer:
Giorgio Armani
Benedetta Brachetti Peretti
Cananzi & Semprini
Antonio Citterio
Michele De Lucchi e Piero Fassina
Jacopo Foggini
Piero Fornasetti
Renzo Frau
Luciano Gaspari
Davide Groppi
Ferruccio Laviani
Piero Lissoni
Vico Magistretti
Alessandro Mendini
marionanni
Adolfo Natalini
Luca Nichetto
Fabio Novembre
Gaetano Pesce
Marco Piva
Gio Ponti
Franco Raggi
Aldo Rossi
Romeo Sozzi
Tommaso Tommasi
Nanda Vigo



REGGIA CONTEMPORANEA
Monza, Villa Reale (viale Brianza 1)
 
Orari:
Mercoledì, giovedì, venerdì, dalle 10.00 alle 16.00 (ultimo ingresso 15.00)
Sabato e domenica e festivi, dalle 10.30 alle 18.30 (ultimo ingresso 17.30)
 
Biglietti:
intero 10 €, ridotto 8€
 
Informazioni:
www.reggiadimonza.it
 
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Clara Cervia | clara.cervia@clp1968.it
Marta Pedroli | marta.pedroli@clp1968.it
T. 02.36755700 | www.clp1968.it

Roma, BLOCCO 13: SOTTO L’ALBERO – Per i due anni di attività dell’associazione culturale

Elena Nonnis Tiziano Campi

a cura di Carlo Alberto Bucci

Sabato 16 (dalle 16) e domenica 17 dicembre (dalle 11) fino al 6 gennaio

Via Benzoni 13, 00154 Roma
Tel. 32922866299; blocco13roma@gmail.com

Per festeggiare due anni di attività l’associazione culturale per l’arte contemporanea di via Benzoni ha deciso di allestire una collettiva

INAUGURAZIONE sabato 16 alle ore 16 e domenica 17 dicembre dalle 11. Fino al 6 gennaio 2024 ma solo su appuntamento telefonando al numero
++ 39. 3292866299.
Mail blocco13roma@gmail.com

Le ragioni della mostra – Le date di questa esposizione, la sedicesima di Blocco 13, coincidono con quelle delle feste. E per festeggiare due anni di attività l’associazione culturale per l’arte contemporanea di via Benzoni ha deciso di allestire una collettiva, la nostra prima, nella quale mettere a confronto lavori di piccolo formato dei tredici artisti che compongono il gruppo, insieme a quelli di tre giovani che hanno esposto in passato nella sezione “Esordi” e alle opere di tre amici di Blocco 13. Il tutto “Sotto l’albero” natalizio che, nel nostro caso, è il poderoso ligustro del cortile.

Sessanta circa i lavori esposti secondo la logica obbligata della quadreria. E si va dai bassorilievi in legno sul tema dell’armonia di Paolo Di Capua, alle plastiche aggettanti di Claudio Givani, alle nature morte e ai paesaggi ad olio di Alessandro Finocchiaro (i tre amici di Blocco 13). “Aggetto continuo” è anche il titolo di uno dei lavori di Roberto Piloni, immagini di Roma sono poi quelle offerte, attraverso il mezzo fotografico, da Fabio Caricchia e da Iginio De Luca (“Tevere Expo”). Aniconico il discorso per immagini delle cere di Peter Flaccus o delle xilografie di Marina Bindella (“Spartito ovale”). Mentre lavora con la parola Sauro Cardinali con “Ti amo dove” per la serie “Peripezie del nome” ad acrilico e china su carta. Stessa tecnica dei lavori di Vincenzo Scolamiero dal titolo “Come sogni perduti”. E nella dimensione onirica affondano le figure dipinte da Maurizio Pierfranceschi ma anche il mondo naturale delle pitture di Laura Barbarini.  Sulla trasparenza dell’immagine dipinta che si fa scultura insiste invece Alfredo Zelli. Mentre Massimo Arduini si concentra sulla permeabilità dell’immagine fotografica ai ricordi e ai caratteri tipografici. I tre giovani di Blocco 13 propongono, Sara Ciuffetta, lavori in linea con la sua ultima mostra (fino al 10 dicembre) “ZIA”; Mattia Cleri Polidori, piccoli olii sul mondo segreto della scienza svelato dall’arte; incisioni per “Una fiaba di notte” invece quelle di Virginia Lorenzetti.

Infine, ma innanzitutto, Elena Nonnis che in un suo tondo ricorda, per filo e per segno, la figura e lo spirito di Tiziano Campi (1953-2021), il primo degli artisti nel cuore di Blocco 13.

Artisti:
Paolo Di Capua, 
Claudio Givani, 
Alessandro Finocchiaro, 
Fabio Caricchia,
Roberto Piloni,
Marina Bindella, 
Iginio De Luca,  
Vincenzo Scolamiero, 
Laura Barbarini,
Alfredo Zelli, 
Peter Flaccus, 
Sauro Cardinali, 
Maurizio Pierfranceschi, 
Sara Ciuffetta,
Massimo Arduini, 
Mattia Cleri Polidori, 
Virginia Lorenzetti,
Elena Nonnis, Tiziano Campi

Da Simona Pandolfi pandolfisimona.sp@gmail.com  

Milano, M77 Gallery: EMILIO ISGRÒ. ULYSSES – Installazione dedicata all’eroe omerico

EMILIO ISGRÒ. Ulysses Milano, M77 Gallery, photo Lorenzo Palmieri

MILANO
M77 GALLERY

18 NOVEMBRE 2023 – 16 MARZO 2024

La mostra presenta una nuova e inedita installazione dell’artista siciliano dedicata all’eroe omerico e alle interpretazioni che nei secoli ne hanno dato Dante Alighieri, James Joyce e Herman Melville.

A cura di Claire Gilman

Chief Curator, Drawing Center di New York

Dal 18 novembre 2023 al 16 marzo 2024, M77 Gallery di Milano ospita una nuova e inedita installazione di Emilio Isgrò, appositamente progettata per gli ambienti dello spazio espositivo milanese.

Il lavoro dell’artista, che si sviluppa sui due piani dell’edificio di via Mecenate 77, ruota attorno alla figura di Ulisse.
Non è la prima volta che Emilio Isgrò si rapporta con gli eroi, le leggende e i miti dell’antichità. Nato nella Magna Grecia siciliana, Isgrò si è infatti spesso confrontato con quanto prodotto a livello artistico e culturale nell’area greco-romana per realizzare opere d’arte contemporanea capaci d’interpretare il presente, guardando al passato.

Ne è un esempio l’iniziativa recentemente tenuta a Brescia dove ha lavorato ispirandosi alla Vittoria Alata, una delle più importanti sculture di epoca classica, simbolo della città, quale preludio per la grande mostra tenuta nei luoghi che ricordano le origini romane di Brescia, dal Parco archeologico al Museo di Santa Giulia, dal Capitolium al Teatro Romano.

Anche la sua produzione letteraria non è rimasta scevra dalle suggestioni della classicità, raggiungendo uno dei suoi vertici con L’Orestea di Gibellina, rappresentata tra il 1983 e il 1985 sulle rovine del paese terremotato.

Per questo nuovo e atteso appuntamento, Emilio Isgrò insegue il mito di Ulisse partendo dalla tradizione omerica, per poi passare alla rappresentazione dell’eroe simbolo dell’umana sete di sapere e della instancabile volontà che Dante fece nella Divina Commedia, quindi a quella novecentesca di stampo psicanalitico di James Joyce, fino a giungere al capitano Achab, visto come un epigono dell’Ulisse omerico, protagonista di Moby Dick di Herman Melville.

La mostra Ulysses, curata da Claire Gilman, Chief Curator del Drawing Center di New York, in collaborazione con l’Archivio Emilio Isgrò, prende il via dal piano terra della galleria dove in un ambiente totalmente bianco sono raccolte alcune opere storiche come, ad esempio, Dichiaro di non essere Emilio Isgrò (1971), un autoritratto concettuale in sette elementi, composto da altrettanti fogli di carta nei quali l’artista e i componenti della sua famiglia negano ripetutamente la sua identità che, oltre a rappresentare la scintilla della rassegna, rivela un legame diretto con l’eroe di Omero. “Mi sono ispirato a Ulisse – conferma lo stesso Isgrò -, all’astuzia con cui inganna Polifemo. ‘Qual è il tuo nome?’. ‘Nessuno!’”.

EMILIO ISGRÒ. Ulysses Milano, M77 Gallery, photo Lorenzo Palmieri

Il percorso prosegue con le carte geografiche cancellate del Mare Egeo, del mare di Lipari e del bacino del Mediterraneo, chiaro rimando al tema del viaggio, con un planetario appeso al soffitto con otto mappamondi cancellati e, per la prima volta, con gli otto volumi dell’Odissea cancellata (1968).

EMILIO ISGRÒ. Ulysses Milano, M77 Gallery, photo Lorenzo Palmieri

Salendo al primo piano, l’installazione trova il suo apice con le cancellature dipinte in negativo (grigie su fondo nero) direttamente sulle quattro pareti, dedicate al capolavoro di Herman Melville.

Le frasi tratte da Moby Dick dialogano con tre piedistalli posti al centro della stanza che sorreggono il Canto XXVI dell’Inferno di Dante, l’Ulisse di James Joyce e il libro dello scrittore americano.

L’esposizione si conclude con il pittogramma della coda della balena di Moby Dick, scelta come immagine guida dell’iniziativa.

“Spirito autenticamente poliedrico, Emilio Isgrò ha creato da solo un nuovo genere d’arte, unendo nei primi anni Sessanta linguaggio verbale e forma visiva nelle sue opere cancellate, chiamate appunto “cancellature” – dichiara la curatrice Claire Gilman Ulysses rappresenta il culmine dell’impegno di lunga data di Isgrò per il recupero del valore della parola in una cultura satura di immagini; mentre la sua ben riconoscibile tecnica viene applicata alla storia dell’antico Odisseo, epica narrazione della resilienza umana e della inestinguibile sete di conoscenza.”


EMILIO ISGRÒ. Ulysses
Milano, M77 Gallery (via Mecenate 77)
18 novembre 2023 – 16 marzo 2024
 
Orari di apertura:
dal martedì al sabato, dalle 11.00 alle 19.00
 
Ingresso libero
 
Informazioni:
T. +39 02 84571243
E. info@m77gallery.com
 
Sito internet:
M77gallery.com
 
Ufficio stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Clara Cervia | T. 02.36755700 | E. clara.cervia@clp1968.it | www.clp1968.it

Torino, Musei Reali | Galleria Sabauda: Antonio Campi a Torre Pallavicina

Dal 7 dicembre 2023 al 10 marzo 2024 Musei Reali di Torino – Galleria Sabauda

Nella sala del Tardo Manierismo internazionale della Galleria Sabauda (primo piano, sala 13), dal 7 dicembre 2023 al 10 marzo 2024, i Musei Reali di Torino ospitano l’esposizione Antonio Campi a Torre Pallavicina, che riunisce le tavole superstiti di un ampio ciclo dipinto dal grande manierista cremonese negli anni Settanta del Cinquecento.

Seconda tappa della mostra dossier, aperta dal 19 settembre al 3 dicembre 2023 al Museo Diocesano di Cremona, quest’importante iniziativa mette in luce l’attività del pittore per l’Oratorio di Santa Lucia a Torre Pallavicina, comune nella diocesi di Cremona, oggi in provincia di Bergamo, e presenta quello che rimane di una grande ancona a tema cristologico della quale facevano parte i due pannelli con l’Andata al Calvario e la Resurrezione, appartenenti alle collezioni della Galleria Sabauda,  e le due tavole con l’Orazione nell’orto e Cristo davanti a Caifa della Galleria Canesso, che ne ha gentilmente concesso il prestito.

L’Orazione nell’orto, caratterizzata da un intenso patetismo, e Cristo davanti a Caifa, di rara suggestione realistica, si distinguono per l’utilizzo di una tavolozza ricca e raffinata con rimarcati accordi cromatici tra le tonalità dei rosa, dei gialli e dei verdi, in contrasto con gli sfondi notturni. La prima scena mostra un magnifico paesaggio lunare, mentre la seconda si staglia su un nero intenso e impenetrabile; entrambe sono prova di quello sperimentalismo luministico che caratterizza la maturità del pittore.

Le due tavole sono state esposte al pubblico per la prima volta nella sede milanese della Galleria Canesso nel 2021, dopo essere state pubblicate nel 1974 dalla storica dell’arte Maria Luisa Ferrari e poi a lungo disperse. Il loro recente ritrovamento ha portato nuovamente la questione di Torre Pallavicina all’attenzione degli studiosi e, grazie ad approfondite ricerche d’archivio, si è potuto stabilire con certezza che i due dipinti appartengono allo stesso ciclo pittorico delle due tavole torinesi.

L’Andata al Calvario e la Resurrezione, acquisite dallo Stato nel 1957 per le collezioni della Galleria Sabauda con un’attribuzione a “pittore fiammingo intorno alla metà del Cinquecento”, sono state riconosciute da Marco Tanzi come significative testimonianze della pittura preziosa, elegante e splendente di Antonio Campi, del quale sono ben visibili i debiti verso la maniera del Nord e le invenzioni düreriane.

Immagini allestimento ANTONIO CAMPI A TORRE PALLAVICINA Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda 7 dicembre 2023 – 10 marzo 2024; crediti Daniela Speranza per i Musei Reali

Oggi sappiamo dunque che la cappella privata voluta da Adalberto Pallavicino era arricchita da almeno quindici pannelli con episodi della Passione di Cristo, un caso privo di paragoni nella Lombardia dell’epoca. Le tavole torinesi, con colori smaglianti e affollate di personaggi, ci mostrano la vena manierista del pittore cremonese, mentre le due opere Canesso sono alti esemplari di quello sperimentalismo luministico che portò Antonio Campi a dipingere alcuni dei più emozionanti notturni della Lombardia prima di Caravaggio.

Della sorte delle altre tavole del ciclo di Torre Pallavicina, alcune certamente danneggiate e forse distrutte, ancora non sappiamo nulla.

Le novità documentarie e le recenti scoperte, corredate da nuove campagne fotografiche, sono pubblicate nel catalogo della mostra a cura di Eleonora Scianna edito da Persico Dosimo nel 2023.

La mostra dossier Antonio Campi a Torre Pallavicina sarà ospitata nella sala del Tardo Manierismo internazionale della Galleria Sabauda, all’interno del percorso espositivo dei Musei Reali di Torino, visitabile dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 19 (orario biglietteria 9 -18).


Musei Reali
Piazzetta Reale, 1
10122 Torino
Dal martedì alla domenica
dalle 9 alle 19

Galleria Canesso Milano
Via Borgonuovo 24
20121, Milano
dal lunedì al venerdì
dalle 14 alle 18
o su appuntamento

Per ulteriori informazioni o materiali:
info@galleriacanesso.art
anna.defrancesco@clp1968.it

A Milano la ricca tradizione dei presepi di carta, a partire dalla figura di Francesco Londonio

Francesco Londonio, Presepe del Gernetto, Milano Museo Diocesano Carlo Maria Martini

MILANO | MUSEO DIOCESANO CARLO MARIA MARTINI

DAL 1° DICEMBRE 2023 AL 28 GENNAIO 2024

La mostra ripercorre la storia di questa particolare forma d’arte, attraverso grafiche e dipinti dell’autore milanese, oltre al suo capolavoro, il Presepe del Gernetto, esposto per la prima volta dopo il suo restauro.

La rassegna celebra la nascita del Presepe, avvenuta per opera di San Francesco d’Assisi nel 1223 e quella di Francesco Londonio (1723-1783).

A cura di Alessia Alberti e Alessia Devitini

Dal 1° dicembre 2023 al 28 gennaio 2024, il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano ospita una mostra che ricostruisce la ricca tradizione dei presepi di carta, a partire dalla figura di Francesco Londonio (1723-1783), pittore e incisore milanese quasi esclusivamente legato a temi bucolici e pastorali e autore del Presepe del Gernetto, uno dei capolavori di quella particolare tipologia, conservato proprio al Museo Diocesano di Milano.

La rassegna, che comprende circa quaranta opere oltre al presepe della collezione del Museo Diocesano, curata da Alessia Alberti, conservatrice del Gabinetto dei Disegni e Raccolta delle Stampe “A. Bertarelli” del Castello Sforzesco di Milano e Alessia Devitini, conservatrice del Museo Diocesano di Milano, organizzata in collaborazione con le Raccolte Grafiche e le Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco di Milano, col patrocinio di Regione Lombardia, sponsor Comieco, Ispe, Associazione Consiglieri Lombardia, celebra un doppio anniversario, ovvero l’ottavo centenario della prima rappresentazione del Presepe, avvenuta a opera di San Francesco a Greccio nel 1223 e il terzo centenario dalla nascita di Londonio.

Il percorso espositivo prende avvio con un nucleo di opere di Francesco Londonio, esempio della sua attività pittorica e grafica interamente dedicata al mondo pastorale: sono stati selezionati dipinti, studi e disegni, provenienti dalla Pinacoteca e dal Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco, che illustrano temi e motivi di quella “formula” che riflette la visione del mondo tipica dell’artista, sospesa fra Arcadia e Illuminismo; da qui scaturisce ‘naturalmente’ la sua produzione di presepi di carta. Il confronto fra questo nucleo e il Presepe del Gernetto del Museo Diocesano permette di comprendere come la sua attività legata ai presepi non sia un semplice passatempo ma venga da lui considerata al pari della sua produzione più impegnata.

Francesco Londonio (Milano 1723 – 1783), Pastore che beve, pastora con cesto di uova, asino, pecore e capre, seconda metà del XVIII secolo (entro il 1762), olio su tela , 46 × 63,5 cm, Milano, Castello Sforzesco, Pinacoteca

Sono esposte in questa sezione anche una serie di acqueforti tutte incentrate sul mondo agreste e destinate al Conte Giacomo Mellerio, committente del Presepe del Gernetto.

Proprio a partire dai primi esempi realizzati da Francesco Londonio, i presepi di carta si diffondono in Lombardia e dai suoi modelli prende avvio una tradizione di presepi da ritagliare, documentata dalle opere della Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, che ne confermano il perdurare della fortuna, dal Settecento fino all’inizio del XX secolo. Gli esemplari più antichi, incisi all’acquaforte e colorati a mano, risalgono al tempo di Londonio e sono legati alla produzione degli editori Remondini. In mostra anche una serie di cartoline di auguri e di biglietti pop-up di varie epoche, nella quale i presepi e la carta restano i protagonisti.

L’iniziativa si completa con la grande teca che ospita il Presepe del Gernetto, per la prima volta esposto interamente restaurato.

L’opera, che deve il nome alla villa Gernetto a Lesmo, in Brianza, per la quale fu realizzata, probabilmente su commissione del conte Giacomo Mellerio intorno agli anni sessanta-settanta del Settecento, si compone di circa 60 figure – tra le quali la Sacra Famiglia con i re Magi, pastori, paggi, fanciulli, contadini e animali – dipinte a tempera su carta e cartoncino sagomati. 

Catalogo Dario Cimorelli Editore.


FRANCESCO LONDONIO E LA TRADIZIONE DEI PRESEPI DI CARTA
Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini(p.zza Sant’Eustorgio, 3)
1° dicembre 2023 – 28 gennaio 2024
 
Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00
La biglietteria chiude alle ore 17.30
 
Informazioni: T. +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it
 
Catalogo: Dario Cimorelli Editore
 
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