Grado: Mostra fotografica Campo Lungo, nelle ampie vetrine dell’Ex Cinema Cristallo

CAMPO LUNGO

Mostra fotografica nell’ambito della 19^edizione

QUESTA VOLTA METTI IN SCENA… L’ESSERE

A Grado fino al 30 ottobre nelle ampie vetrine dell’Ex Cinema Cristallo

A Grado, nelle ampie vetrine dell’Ex Cinema Cristallo (Viale Dante Alighieri 47), la mostra “Campo Lungo”, sempre visibile fino al 30 ottobre, propone oltre 30 immagini fotografiche tra storiche e contemporanee.
La mostra mette in dialogo passato e presente, attraverso gli autori che hanno fatto la storia della fotografia, come Carlo Bevilacqua e Tullio Stravisi – fotografie che provengono dal CRAF Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia di Spilimbergo – e gli autori contemporanei, Sabina Bisiani, Cinzia Bressan, Ermes Cabas, Massimo Gargaloni, Mario Pierro, Lucia Pontini e Michele Sersale dell’Associazione fotografica Obbiettivo Immagine di Gradisca d’Isonzo.

Fotografie di luoghi e genti, per suggestioni che ci portano ad ammirare i mestieri all’aria aperta, momenti ludici fra musica, balli e sapori, folklore con le feste popolari in costume e altre attività che osservano i luoghi della nostra regione e le persone che lo caratterizzano.

Due gli autori che fanno parte della storia fotografica: Carlo Bevilacqua (Fagagna 1900 – Cormons 1988) che seppe interpretare con la sua poetica la natura e l’individuo. Ogni immagine, in cui la luce gioca un ruolo essenziale, è una narrazione che coglie solo la parte bella di ogni istante del quotidiano; e Tullio Stravisi (Trieste 1922 -2003) autore amatoriale, maestro in camera oscura, che divenne figura di rilievo nel panorama fotografico triestino. Si dedicò prevalentemente al paesaggio e al ritratto, passando nel corso degli anni dal bianco e nero al colore.

Fotografie storiche che abbracciano un lasso di tempo che va dalla metà anni 50 agli anni 80 e che nelle suggestioni si relazionano con quelle degli autori contemporanei di Obbiettivo Immagine, associazione che accoglie a sé un numeroso gruppo di fotografi e che qui propone sette autori.

Il progetto “Questa volta metti in scena…L’Essere” è realizzato con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e con il contributo e la collaborazione del Comune di Monfalcone, del Comune di Grado, della SISSA, della Fondazione K.F. Casali, dell’Unione Italiana e della CAN di Pirano e con la collaborazione del Comune di Trieste, del CRAF, del Kulturni dom Gorica, dell’Associazione Obbiettivo Immagine.

Per maggiori info www.assocoperaviva.it


dott.ssa Federica Zar
Aps comunicazione Snc di Aldo Poduie e Federica Zar
viale Miramare, 17 • 34135 Trieste
Tel. e Fax +39 040 410.910
zar@apscom.it

Venezia, Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento Veneziano: ROSALBA CARRIERA, miniature su avorio

Rosalba Carriera, miniature su avorio 

Venezia, Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento Veneziano

13 ottobre 2023 – 09 gennaio 2024

A cura di Alberto Craievich

Trecentocinquanta anni fa nasceva a Venezia Rosalba Carriera (1673 – 1757), destinata a diventare l’artista più celebre nell’Europa nel Settecento. In questa occasione Comune di Venezia e Fondazione MUVE, dal 13 ottobre 2023 al 9 gennaio 2024 presentano nella rinnovata sede di Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento Veneziano, una mostra preziosa che indaga un aspetto particolare della produzione dell’artista: le miniature su avorio.
Un’opportunità unica per vedere riunite ben 36 opereraffinati ritratti, di grandissimo successo tra i contemporanei della pittrice ma giunti sino a noi in un numero esiguo, accanto ai celebri pastellidocumentidisegnistampe, provenienti dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e da collezioni private.

Non tutti sanno, infatti, che Rosalba Carriera oltre a dedicarsi al ritratto a pastello fu una straordinaria pittrice di miniature, sulle tabacchiere prima e poi su avorio. Proprio a lei è dovuta la fortuna di questo genere, elevato da pratica “minore” e artigianale a pari dignità delle opere su tela. Attraverso una tecnica innovativa e alla grande abilità Rosalba Carriera riesce a portare, per la prima volta, sulla minuscola superficie dei fondini d’avorio la pennellata sciolta e vibrante della pittura su tela. Il successo fu immediato. Non ci fu viaggiatore che durante il suo soggiorno veneziano non ambisse a farsi fare un ritratto in miniatura della Carriera.
È invece noto come l’eccellenza della pittrice nei ritratti trovò tutti d’accordo: dai Lord inglesi ai principi dell’Impero, diventando forse l’unica artista a raccogliere consensi unanimi tanto fra i sofisticati conoscitori del bel mondo internazionale quanto fra la tradizionalista e conservatrice aristocrazia veneziana.

La mostra a Ca’ Rezzonico è un’opportunità quanto mai unica per ammirare lavori di straordinaria fragranza e delicatezza, classici dell’arte del Rococò, istantanee della dolce vita dei nobili in cui ritroviamo i protagonisti di quella società mondana e galante della quale Rosalba ha fissato gli umori, il carattere e le vanità in modo impareggiabile.

Al contempo, restituendo un ricco patrimonio di dettagli sull’abbigliamento e sulle acconciature, espressione del gusto e dello stile della sua epoca, un fedele spaccato della storia della moda della prima metà del XVIII secolo. Alla pittrice spetta il più acuto ritratto dei personaggi della società veneziana ed europea del Settecento, e fondamentale è il suo apporto alla stessa ritrattistica francese: interpretò in modo impareggiabile gli ideali di grazia e di eleganza di un’intera epoca, quella “vita felice” della nobiltà entrata nell’immaginario collettivo e con cui identifichiamo l’Ancien Régime.

Per quasi mezzo secolo le corti d’Europa cercarono di accaparrarsi i suoi servigi, eppure, nonostante i frequenti inviti e le generose proposte, salvo tre soggiorni alla corte del re di Francia, del duca di Modena e a quella dell’Imperatore a Vienna, rimase a Venezia dove lavorò incessantemente, per tutta la vita.


Maggiori informazioni ►qui
 
Ca’ Rezzonico
Museo del Settecento Veneziano
Dorsoduro 3136
30123 Venezia
Tel. +39 041 2410100
carezzonico.visitmuve.it

Contatti per la stampa
Fondazione Musei Civici di Venezia
press@fmcvenezia.it
www.visitmuve.it/it/ufficio-stampa
 
Con il supporto di
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Referente Roberta Barbaro: roberta@studioesseci.net

Bologna, Museo Civico Archeologico: Il Medagliere si rivela. San Petronio, “rifondatore” di Bologna

Grosso agontano d’argento
Repubblica (1376-1401)
.S. PETR ONIVS:.; San Petronio stante nimbato con mitria e pastorale
Bologna, Museo Civico Archeologico, inv. 59534
Tra il 1376 e il 1401 viene battuta dalla zecca di Bologna la moneta dove per la prima volta compare San Petronio, costituendo una novità iconografica introdotta durante una precisa fase politica che coincide con l’affermazione del Comune, dopo la cacciata dei Visconti che avevano occupato la città. Bologna rivendicava forme di autogoverno nei confronti dell’Imperatore e, nel caso specifico di Bologna, anche nei confronti del Papa, identificando in Petronio il simbolo dell’autonomia cittadina.

Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico Archeologico

Il Medagliere si rivela. San Petronio, “rifondatore” di Bologna

A cura di Paola Giovetti e Laura Marchesini

4 ottobre – 1 novembre 2023
Museo Civico Archeologico
Via dell’Archiginnasio 2, Bologna

www.museibologna.it/archeologico

In occasione del 4 ottobre, festa del Santo Patrono, il Museo Civico Archeologico di Bologna dedica una vetrina alle monete e alle medaglie con la raffigurazione di San Petronio.
L’esposizione, allestita dal 4 ottobre al 1 novembre 2023 e liberamente fruibile nell’atrio del museo, è a cura di Paola Giovetti e Laura Marchesini e consente la visione di una ventina di esemplari tra moneteconii, punzoni (strumenti per la fabbricazione delle monete) e medaglie, che coprono un arco temporale compreso tra il XIV e il XX secolo.
Ogni giovedì alle ore 16 sarà offerto al pubblico un incontro con Laura Marchesini, numismatica del museo, che si soffermerà sugli aspetti più interessanti degli oggetti esposti.

Gli esemplari presentati in occasione dell’esposizione fanno parte della ricchissima raccolta numismatica del Museo Civico Archeologico e sono mostrati al pubblico per la prima volta.
Il Medagliere del Museo Archeologico di Bologna conserva circa 100.000 esemplari emessi dagli inizi della monetazione (verso la fine del VII secolo a.C.) all’euro; straordinario è senza dubbio il nucleo di monete prodotte dalla zecca di Bologna che fu arricchito, a seguito dell’Unità d’Italia e della conseguente chiusura della zecca bolognese, dalla raccolta degli strumenti utilizzati per la fabbricazione delle monete.

Piastra da tre lire in argento
Gregorio XIII Boncompagni (papa dal 1572 al 1585); 1580-1585
Incisore: Alessandro Menganti (1525-1594). BONONIA PRAECLARA STVDIORVM ALVMNA; San Petronio seduto nimbato con mitria, tiene la città nella mano destra e il pastorale nella mano sinistra, poggia il gomito sinistro sullo stemma di Bologna inquartato. inv. 59794.
Nel 1580 fu emessa una delle più belle monete della zecca di Bologna, realizzata dallo scultore Alessandro Menganti (1525-1594), soprannominato il “Michelangelo incognito”. La Piastra da tre lire è stata emessa in occasione dell’inaugurazione della colossale statua in bronzo di Gregorio XIII in trono realizzata dal medesimo Menganti e posta ancora oggi sulla facciata di Palazzo d’Accursio

La comparsa di San Petronio sulle monete bolognesi risale alla fine del XIV secolo, in coincidenza con una delle fasi più significative dell’affermazione del Comune e diventa uno dei tipi più frequenti nella monetazione (accanto al leone rampante e allo stemma della città) fino al 1796, quando l’arrivo di Napoleone modificò gli assetti politici e culturali della città.

San Petronio ricoprì la carica di vescovo di Bologna dal 431/432 al 450, anni di particolare crisi economica, politica e demografica e alla sua guida si attribuisce tradizionalmente la rinascita della città, un rinnovato spirito di comunità e la ripresa di un’intensa attività di ricostruzione edilizia ed ecclesiastica. È stato quindi tradizionalmente identificato come il “rifondatore” della città, motivo per cui uno dei suoi principali attributi è il modellino di Bologna turrita, accanto ai simboli propri della carica vescovile (pastorale e mitria) e al nimbo che ne indica la santità.

La sua figura a lungo dimenticata fu riscoperta nel 1141 quando, il 4 ottobre (giorno in cui si ricorda il patrono), furono riscoperte le sue reliquie. Da quel momento il riconoscimento di Petronio come patrono fu lento e intrinsecamente legato alle vicende politiche di Bologna che dal Medioevo vide l’avvicendarsi di differenti forme di governo (Comune, Signorie, Governi pontifici), subì lotte di fazioni e ingerenze imperiali e papali, che non poca eco ebbero sulla monetazione.

Nell’esposizione si è cercato di dar conto di questa complessità offrendo un inquadramento sintetico del momento storico e dell’aspetto iconografico e culturale che mette in dialogo la moneta con le coeve forme artistiche, rimandando, ove possibile, a monumenti e luoghi significativi della città.

Anche nella produzione medaglistica San Petronio conserva i suoi tradizionali attributi ma il patrono viene adattato di volta in volta agli scopi propagandistici ed encomiastici dei committenti, trasmettendo un più ampio spettro semantico che restituisce il rapporto privilegiato e più intimistico che i bolognesi intrattenevano con il loro patrono, anche in relazione ai più importanti accadimenti della storia cittadina.


Informazioni
Museo Civico Archeologico
Via dell’Archiginnasio 2 | 40124 Bologna
Tel. 051 2757211
www.museibologna.it/archeologico
mca@comune.bologna.it
Facebook: Museo Civico Archeologico di Bologna
YouTube: Museo Civico Archeologico di Bologna

Orari di apertura (fino al 26 novembre 2023):
lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, domenica, festivi 10-19
chiuso martedì non festivi

Settore Musei Civici Bologna
www.museibologna.it
Facebook: Musei Civici Bologna
Instagram: @bolognamusei
X: @bolognamusei

Ufficio Stampa / Press Office Settore Musei Civici Bologna
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Elisa Maria Cerra elisamaria.cerra@comune.bologna.it
Silvia Tonelli silvia.tonelli@comune.bologna.it

Bologna: Maison laviniaturra presenta la mostra di Sergia Avveduti “Svolgere, Riavvolgere”

Sergia Avveduti, L’apparizione dell’attesa, dipinto, 2023

Maison laviniaturra presenta la mostra di Sergia Avveduti

Svolgere, Riavvolgere

A cura di Marinella Paderni

Opening:
giovedì 12 ottobre ore 18

Dal 12 ottobre fino al 20 novembre 2023

Maison laviniaturra, Via dei Sabbioni 9, Bologna

Maison laviniaturra, rinomato atelier di moda della fashion designer bolognese Lavinia Turra, è lieta di ospitare la mostra “Svolgere, Riavvolgere” dell’artista Sergia Avveduti, che inaugurerà giovedì 12 ottobre 2023 alle ore 18 e proseguirà fino al 20 novembre 2023. Curata da Marinella Paderni, questa straordinaria esposizione segna l’inizio della stagione autunnale di Maison laviniaturra, uno spazio espositivo unico, situato in una maestosa villa degli anni Cinquanta che si affaccia sui Giardini Margherita. Ancora una volta l’arte, nelle sue diverse forme, e la moda, come espressione di alto artigianato, si fondono per dare vita ad un progetto espositivo ricco di suggestioni e fascinazioni.

La mostra “Svolgere, Riavvolgere” di Sergia Avveduti esplora la sostanza dell’infrasottile, una qualità intrinseca del mondo che spesso sfugge alla razionalità, ma che può essere immaginata grazie alla capacità umana di concepire l’indefinibile. Questa mostra, concepita dall’artista per lo spazio della Maison laviniaturra, crea un dialogo tra immaginari attigui dell’arte, della scienza e della tecnica attraverso un’installazione di dipinti inediti, sculture e fotografie.

Come scrive la curatrice Marinella Paderni: “L’infrasottile è una qualità intrinseca del mondo a tratti incerta, inafferabile, più intuita che razionalizzata grazie alla capacità umana di immaginare l’indefinibile, come la scienza stessa ci ha dimostrato nell’ultimo secolo. Un infrasottile di eco duchampiana, riattualizzato da Sergia Avveduti nell’esplorazione di possibili intrecci tra l’immaginario artistico e quello scientifico, che sonda insieme i territori dell’organico e dell’utopico.

Il titolo stesso, con il suo invito a “Svolgere” e “Riavvolgere“, suggerisce un procedere che anima la tendenza umana a ricercare l’impossibile, a immaginarlo prima ancora di dimostrarlo. Come un filo che crea una trama sempre diversa, aggiungendo una nuova sfumatura ad ogni passo compiuto.

La natura di questo procedere è ben riassunta nelle parole dell’artista: “È un modo di operare che mi appartiene, ritornare sui propri passi. Si parte da un raggiungimento già ottenuto per poi aprire verso territori inesplorati. Un lavoro su sé stessi, su idee e ossessioni che ritornano per presentarsi in modi sempre differenti. La chiusura di un’opera non è mai definitiva, conduce a un’altra che è costituita su uno slittamento e un’apertura sulla precedente. Non si tratta di un miglioramento dell’opera di partenza, ma della scelta di un punto iniziale noto per volgere verso un traguardo da raggiungere che sia ancora da definire, inedito.

Con la mostra “Svolgere, Riavvolgere” Sergia Avveduti presenta un corpus articolato di lavori che esplorano il tema del tempo, il rapporto tra natura e architettura umana, il suono come espressione invisibile della materia nello spazio e l’unione tra logica e utopia nell’immaginazione del nuovo. Dai dipinti dalle forme velate che evocano il mistero alle geometrie plastiche delle sculture realizzate con minerali fossili, questa esposizione offre un’esperienza artistica straordinaria. In mostra inoltre anche il nuovo video intitolato “In Lingua Matematica” che incarna il senso di una pratica artistica originale che abbraccia disegno, collage e suono.

LAVINIA TURRA

Lavinia Turra

Lavinia Turra. Nata a Bologna, cresciuta fra donne che tagliavano e cucivano, ha frequentato da bambina antiche sartorie e imparato l’amore per questo lavoro. Il suo mestiere nasce e cresce con l’uso delle mani, che conoscono e usano non solo i colori e le matite, ma soprattutto le stoffe e i tessuti, adoperando forbici, ago e filo. Arriva a questo lavoro attraverso un’attrazione e una lunga strada di “connivenze” e “complicità” legate all’arte, alla pittura, al teatro. Curiosa per natura, la relazione personale e l’ascolto sono alla base del suo modo di “vestire” perché l’abito, “deve rappresentare la donna e non travestirla”. Nel 2017 fonda Maison laviniaturra, sentendo la necessità di uno spazio che non solo offra ma accolga, come solo una “casa” sa fare. L’apertura della Maison coincide anche con l’inizio della collaborazione creativa con la figlia Cecilia Torsello, rinnovamento e fresca energia del brand. Un prodotto 100% Made in Italy, tessuti di ricerca, forme timeless e dettagli all’avanguardia: Maison laviniaturra propone una propria idea di lusso, legato all’etica di produzione, all’individualità e ispirata alla cultura del bello.

SERGIA AVVEDUTI

Sergia Avveduti

Sergia Avveduti (Lugo, 1965) vive e lavora a Bologna. L’artista rivolge la sua attenzione principalmente allo sterminato archivio d’immagini offerte dalla storia dell’arte dandone una interpretazione differente. L’attrattiva verso il sapere umano identificato con l’Arte e l’Architettura crea mondi connessi a un immaginario personale e all’idea di viaggio. Fotografie, video, installazioni, sculture e disegni sono i linguaggi privilegiati, attraversati da una leggera e lirica vena narrativa. Nel video inedito In lingua matematica prende corpo il suo interesse verso l’architettura e il mistero che l’avvolge. Con gli strumenti dell’animazione, il costruire e decostruire architetture e paesaggi assume una valenza più ampia, anche grazie alla presenza del sonoro. Attraverso la stratificazione di elementi contrastanti l’artista cerca quello che si nasconde oltre la realtà delle cose, oltre il visibile.

Tra le mostre più significative ha partecipato a: Exit, nuove geografie della creatività italiana a cura di Francesco Bonami, (catalogo Mondadori); Quali cose siamo a cura di Alessandro Mendini, (catalogo Electa); The Overexcited Body a cura di Adelina Von Fustemberg; Strategies against architecture II a cura di Luca Cerizza; Nuovo spazio Italiano a cura di Giorgio Verzotti (catalogo Charta). Ha esposto in spazi pubblici e privati, tra i quali: Fondazione del Monte Bologna; Palazzo Ducale Mantova; Padiglione L’Esprit Nouveau Bologna; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Torino; Triennale Milano; Palazzo delle Papesse Siena; MAMbo Bologna; Fondazione Teseco Pisa; Palazzo delle Albere Trento; Palazzo dell’Arengario Milano; Pinacoteca Bologna; Atelier des Artistes Marsiglia; Le Botanique Bruxelles; Palazzo delle Esposizioni Roma; Palazzo Kapetan Misino Zdanj, Belgrad; Casabianca Bologna; Cabinet Milano; Antonio Colombo Arte Contemporanea Milano; Agenzia 04, Bologna; Neon>FDV Milano; Galleria Spazio A Pistoia; Galleria Neon Bologna; Af Arte Contemporanea Bologna, Galleria Vannucci Pistoia.


INFORMAZIONI UTILI
 
TITOLO MOSTRA: Svolgere, Riavvolgere
DI: Sergia Avveduti
A CURA DI: Marinella Paderni
DOVE: Maison laviniaturra, via dei Sabbioni 9, Bologna
INAUGURAZIONE: Giovedì 12 ottobre ore 18
QUANDO: Dal 12 ottobre al 20 novembre 2023
ORARI: dal martedì al sabato dalle 17:00 alle 19:00
Su appuntamento. Per visitare la mostra è necessario telefonare al 320 9188304
 
CONTATTI MAISON LAVINIATURRA
FACEBOOK: Maison laviniaturra
INSTAGRAM: maisonlaviniaturra
SITO: maison laviniaturra
 
UFFICIO STAMPA
CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

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Messina: Alla Galleria d’arte Zancle Art Projet la minicollettiva LE CASE DEGLI ALTRI

Venerdì 13 ottobre, alle ore 18,00, a Messina, in via Legnano 32, inaugura la Galleria d’arte Zancle Art Projet, di Ivan Piccione e del Direttore Artistico Giovanni Cardillo. Il Progetto intende diventare punto di riferimento territoriale ed ha l’obiettivo di inserirsi nel circuito nazionale dell’arte contemporanea e della streetart, tramite mostre personali e collettive degli attuali suoi massimi rappresentanti. Inoltre, rappresenterà un’occasione per gli artisti messinesi, soprattutto emergenti e giovani, di trovare uno spazio che possa consentire loro di confrontarsi a livello nazionale.

L’inaugurazione avverrà con il vernissage di “LE CASE DEGLI ALTRI”; minicollettiva in cui gli artisti Daniele Cestari, Marta Mezynska e Tina Sgrò sono stati chiamati ad un dialogo serrato dalla storica dell’arte e curatrice Mariateresa Zagone, autrice del progetto espositivo e dello scritto critico. “La città è fatta di strade, di piazze, di case e di stanze.” Da qui titolo e scelta che stringono l’obiettivo su tre artisti italiani – di nascita o d’adozione – che possano confrontarsi su questo tema in modo che il risultato rappresenti un “capitolo”, breve ma significativo, dell’attuale figuratività italiana.

La casa riveste da sempre una molteplicità di significati che vanno ben oltre l’idea di luogo fisico. Se si pensa a “casa” non si visualizzano solo facciate, pareti, porte, tetti e finestre bensì visi, odori, colori, sensazioni ed emozioni. Non a caso, nella lingua inglese, ci sono due parole per indicare “casa”: house ed home. House è l’edificio, la costruzione fisica, il luogo da abitare. Home invece si riferisce all’ambiente familiare, all’intimità, ad un luogo affettivo.

Daniele e Marta, architetto il primo e figlia di architetto la seconda, affrontano la casa, l’edificio e l’insieme di essi. Di contro la home, e le storie che nelle sue stanze si sentono ancora respirare, sono il centro poetico delle opere di Tina Sgrò. A latere rispetto alla mostra, saranno esposte delle tele di Paolo Piccione, pittore messinese non giovanissimo ma la cui opera risulta coerente col tema proposto.

Il Progetto ZAP è patrocinato dal Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Messina e della Fondazione Architetti nel Mediterraneo. La mostra sarà visitabile dal Lunedì al Sabato dalle ore 9,00 alle ore 13,00 e dalle ore 16,00 alle ore 19,00 (Sabato solo al mattino), fino al 18 Novembre.


Da Mariateresa Zagone mtzagone@gmail.com

Roma, Rosso20sette arte contemporanea: Daniele Tozzi – Utopia a colori | Testo di Mirko Pierri

‘Utopia’ acrilico su legno 100×100 2023

Daniele Tozzi
Utopia a colori

A cura di Tiziana Cino e Stefano Ferraro
Testo di Mirko Pierri

Opening 7 ottobre 2023 ore 18.30

Rosso20sette arte contemporanea

Via del Sudario 39 – Roma

Fino all’11 novembre 2023

Da sabato 7 ottobre a sabato 11 novembre 2023, Daniele Tozzi sarà il protagonista della nuova esposizione di Rosso20sette arte contemporanea, Utopia a colori, con 14 nuovi lavori realizzati appositamente per l’evento, a cura di Tiziana Cino e Stefano Ferraro e con un testo di Mirko Pierri
Utopia a Colori è una vera e propria retrospettiva che ci fa scorgere orizzonti su cui nemmeno gli occhi dello stesso Daniele Tozzi si sono ancora posati. Attraversare le due stanze espositive della galleria è come attraversare la mente dell’artista, mettersi in contatto con la sua personale e singolare storia di designer, lettering artist, artigiano della materia, autore votato alla continua sperimentazione che protende sempre a soluzioni inedite e imprevedibili. Un fermo immagine di una fase di passaggio in cui la transizione diventa bussola e ci traghetta alla ricerca di indizi per scoprire ciò che solo l’intuizione dell’autore ha già colto e che possiamo soltanto tentare di decifrare. 

‘Carta straccia’ Tecnica mista su carta 50×70


Grazie Mare, se di clandestini abbiamo solamente i sentimenti più perversi” si legge nella chioma di una donna dipinta che, quasi fosse una sirena, ci attira all’interno dello spazio espositivo, dove veniamo catapultati nell’Utopia a Colori di Daniele Tozzi. L’opera ispirata alla poesia di Er Pinto, è un tributo al mare e a chi lo attraversa, spesso inseguendo l’utopia di un mondo migliore, dove trovare riparo, giustizia, ricchezza ed equità. Utopia che spesso, purtroppo, si trasforma in un lontano miraggio e il mare diventa l’ultima tappa di un viaggio disperato. […]Se l’utopia è ciò che ancora non si è realizzato e che, probabilmente, non si realizzerà mai, per l’artista è crescita, è tendere a qualcosa di nuovo che potrebbe stravolgere e cambiare per sempre il proprio percorso artistico e personale. E’ una meta verso la quale vale la pena spingersi anche se si ha coscienza che non sarà mai raggiunta: Daniele Tozzi mette in esposizione il frutto della sua ricerca incentrata sul percorso, sull’itinerario, sulle tappe intermedie tra l’atto creativo e la sua continua evoluzione. Ma utopia è anche spiritualità e interiorità, esternazione di un’intimità personale mai così esplicita nel lavoro dell’artista romano come in “J.A.I.O.” e “Just the 2 of us” opere dedicate ai suoi figli, visti anche loro come simboli di un futuro che si fa utopia. Il percorso espositivo non segue una linea temporale ma traccia un solco netto che ci guida come un atlante in un viaggio interiore e introspettivo attraverso la materia, i tagli, le linee, le ombre, la tela, la vernice acrilica, il pennello o lo spray, la carta e l’inchiostro, che giocano insieme in una danza tra ombre e luci, lettere, parole, forme, ritratti, sguardi umani e sagome animali.”
(dal testo critico di Mirko Pierri
Daniele Tozzi nasce a Roma nel 1981; dalla seconda metà degli anni novanta entra in contatto con la cultura hiphop e in special modo con il writing, passione che gli cambierà la vita. Studia grafica presso lo IED di Roma diplomandosi in Digital Design nel 2003 e subito dopo comincia a lavorare come graphic designer per aziende, specializzandosi nel disegno di lettere a mano. Dal 2015 collabora come freelance per agenzie di comunicazione e clienti privati, nazionali e internazionali. Ha tenuto corsi e workshop a Berlino, Milano, Torino, Ravenna, Roma, Napoli. Nel 2018 fonda Fuori Studio a Roma, con l’amico e collega Gabriele Cigna. Dal 2010 comincia la carriera artistica, esponendo presso gallerie, spazi espositivi e festival in Italia; negli ultimi anni è tornato a dipingere sul muro i suoi enormi calligrammi, inserendosi tra le tendenze dell’ultra contemporaneo. La passione tra studio del lettering e grafica si tramuta in originali tavole dipinte a china e acrilici colorati; caratteri tipografici prendono forma da citazioni di canzoni e testi, background culturale dell’artista, diventando complessi calligrammi. Le lettere diventano una forma d’arte che parla attraverso le opere. In un mondo sempre più rivolto al digitale, il ritorno alla scrittura manuale è spunto per una riflessione sui tempi (frenetici) moderni. “Il futuro è il passato…”


UTOPIA A COLORI

di Mirko Pierri

“Utopia a Colori” è una vera e propria retrospettiva che ci fa scorgere orizzonti su cui nemmeno gli occhi dello stesso Daniele Tozzi si sono ancora posati. Attraversare le due stanze espositive della galleria è come attraversare la mente dell’artista, mettersi in contatto con la sua personale e singolare storia di designer, lettering artist, artigiano della materia, autore votato alla continua sperimentazione che protende sempre a soluzioni inedite e imprevedibili. Un fermo immagine di una fase di passaggio in cui la transizione diventa bussola e ci traghetta alla ricerca di indizi per scoprire ciò che solo l’intuizione dell’autore ha già colto e che possiamo soltanto tentare di decifrare.

Grazie Mare, se di clandestini abbiamo solamente i sentimenti più perversi” si legge nella chioma di una donna dipinta che, quasi fosse una sirena, ci attira all’interno dello spazio espositivo, dove veniamo catapultati nell’Utopia a Colori di Daniele Tozzi. L’opera ispirata alla poesia di Er Pinto, è un tributo al mare e a chi lo attraversa, spesso inseguendo l’utopia di un mondo migliore, dove trovare riparo, giustizia, ricchezza ed equità. Utopia che spesso, purtroppo, si trasforma in un lontano miraggio e il mare diventa l’ultima tappa di un viaggio disperato. L’epilogo di una fuga obbligata per allontanarsi da fame, guerra e povertà. Un mare che diventa madre, che accoglie tra i flutti chi non ce l’ha fatta perché abbandonato, ma che non perdona chi disprezza i propri privilegi.

Emblematiche in tal senso sono alcune tra le sue più recenti opere come “Passaggi: strada” e “Transizione in viola”, nelle quali i colori guidano lo sguardo e ispirano emozioni mentre le forme interagiscono con i corpi di chi osserva e non restano incorniciate in un perimetro limitato, ma si completano in funzione dello sguardo, della prospettiva e del punto di vista dell’osservatore, invogliato a scrutare e ad entrare quasi fisicamente nel quadro. Lo spazio intorno, così, subisce l’influenza di questi moti avversi e contrari eppure sinergici, entrando a far parte dell’opera stessa.

Ogni materiale ligneo adoperato e selezionato dall’artista, racconta una storia differente. Sono parti di lavorazioni precedenti che vengono dipinte, assemblate e riutilizzate in composizioni tridimensionali come in “Utopia”, opera che dà il titolo all’intera esposizione. Sono negativi e positivi di lettere e forme astratte che riaffiorano raccontandoci la loro storia e sono presenti nelle ultime opere più sperimentali. E’ chiaro l’intento di oltrepassare il concetto di confine, della materia, del colore, del perimetro del quadro, entrando nello spazio reale e intersecandosi con ciò che lo attraversa. Una ricerca artistica che guarda altrove, al di là di ciò che già è stato creato, eppure affonda radici salde in 20 anni di evoluzioni e virtuosismi grafici dentro e fuori lo studio. Il graffiti-writing praticato in passato non è mai stato semplice esercizio di stile per l’artista. I graffiti sono segni che trasformano lo spazio urbano e a loro volta si trasformano, plasmati da esso.

Se l’utopia è ciò che ancora non si è realizzato e che, probabilmente, non si realizzerà mai, per l’artista è crescita, è tendere a qualcosa di nuovo che potrebbe stravolgere e cambiare per sempre il proprio percorso artistico e personale. E’ una meta verso la quale vale la pena spingersi anche se si ha coscienza che non sarà mai raggiunta: Daniele Tozzi mette in esposizione il frutto della sua ricerca incentrata sul percorso, sull’itinerario, sulle tappe intermedie tra l’atto creativo e la sua continua evoluzione. Ma utopia è anche spiritualità e interiorità, esternazione di un’intimità personale mai così esplicita nel lavoro dell’artista romano come in “J.A.I.O.” e “Just the 2 of us” opere dedicate ai suoi figli, visti anche loro come simboli di un futuro che si fa utopia.

Il percorso espositivo non segue una linea temporale ma traccia un solco netto che ci guida come un atlante in un viaggio interiore e introspettivo attraverso la materia, i tagli, le linee, le ombre, la tela, la vernice acrilica, il pennello o lo spray, la carta e l’inchiostro, che giocano insieme in una danza tra ombre e luci, lettere, parole, forme, ritratti, sguardi umani e sagome animali. E’ il caso di “Carta straccia #6” dove diversi livelli di carta strappata e riutilizzata, si sovrappongono in contrapposizione al soggetto principale che squarcia il supporto imponendo la sua presenza.

La storia di questo viaggio è legata indissolubilmente alle storie che ci racconta ogni supporto scelto, come le mappe di navigazione originali, vissute, consunte, usate in chissà quali traversate per chissà quali rotte e che ora ospitano “Sentirsi altrove”, “America Latina” e “Il gabbiano”: spiriti guida che ci illustrano l’arte del calligramma di cui Daniele Tozzi è maestro indiscusso.

L’utopia di cui ci parla Daniele Tozzi è qualcosa che si sviluppa nel futuro. La propensione a qualcosa di nuovo, diverso, inaspettato, in procinto di divenire. Non è soltanto evoluzione, ma una vera progressione di crescita interiore che si trasforma in materia tangibile, modellata dall’artista nella realtà e che a questa aggiunge senso e significati unici.

La forza dell’arte che produce è nell’azione, nella voglia che suscita di interpretare, decifrare, interrogarsi. I personaggi raccontati, le storie, le citazioni testuali, i colori, i materiali, la forma e i contenuti parlano a chi osserva e spingono alla condivisione di riflessioni universali oppure personali. La meta che ogni volta si raggiunge osservando un’opera di Tozzi è incontrare l’altro. Una meta che si sposta ogni volta più lontana: questo ci permette di essere entità attive, in continua evoluzione, in continuo movimento, alla ricerca dell’altro anche attraverso l’arte.


Daniele Tozzi
Utopia a colori
A cura di Tiziana Cino e Stefano Ferraro
Testo di Mirko Pierri

Opening 7 ottobre 2023 ore 18.30

Fino all’11 novembre 2023

Orari: dal martedì al sabato 11-19.00
Rosso20sette arte contemporanea
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Ufficio stampa
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Al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna SABOTATE con grazia: un’infestazione di CHEAP

CHEAP – Sabotate con grazia al MAMbo

SABOTATE con grazia: un’infestazione di CHEAP al MAMbo

6 ottobre – 17 dicembre 2023

Opening giovedì 5 ottobre 2023 h 18.00

Dal 6 ottobre il progetto di arte pubblica su poster in dialogo con il Museo d’Arte Moderna di Bologna

Negli ultimi dieci anni, CHEAP ha abituato il pubblico ad un’idea di arte pubblica effimera, instabile come la carta dei poster che affigge in strada, partigiana come i contenuti politici e transfemministi che ha disseminato sul paesaggio urbano della città: oggi, il progetto di arte pubblica su poster con base a Bologna, arriva al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna per celebrare un decennale all’insegna del sabotaggio come pratica artistica trasformativa.

Il Museo d’Arte Moderna di Bologna ospiterà installazioni di lavori già realizzati da CHEAP, parte dell’archivio fotografico che documenta i progetti in strada, alcune traduzioni di poster in formati atipici, riedizioni ripensate in prospettiva site specific: il tutto sarà disseminato tra spazi espositivi e non espositivi, dai bagni per il pubblico alla collezione del museo.

Elena Di Gioia, delegata alla Cultura di Bologna e Città metropolitana, dichiara: “I poster di CHEAP hanno abitato e infestato il nostro paesaggio urbano per dieci anni esprimendo, con forme originali e creative di arte pubblica, una tenace volontà di sorprendere i e le passanti con messaggi diretti e efficaci su temi spesso controversi, e proprio per questo necessari. I poster si sono sedimentati nella coscienza e nella memoria di chi li ha visti, anche se sono necessariamente sfumati con il passare degli anni e la sovrapposizione delle varie campagne. Importante è quindi questa iniziativa di abitare e infestare tutti gli spazi di MAMbo, che dimostra ancora una volta la propria giusta scelta culturale di aprirsi all’esterno, come è stato fatto in precedenza con gli spazi cittadini. Grazie all’incontro tra MAMbo e CHEAP è offerta la possibilità a chi varcherà la soglia di MAMbo di riportare a memoria i poster già incontrati e riflettere non solo sui temi proposti ma anche sul senso dell’arte pubblica e sulla possibilità di superare la soglia dei musei”.

Per Eva Degl’Innocenti, direttrice Settore Musei Civici Bologna: “Accogliendo il progetto SABOTATE con grazia, il MAMbo continua il percorso socio-culturale e creativo dell’identità museale: si misura e si mette in discussione con l’agire appropriativo e interstiziale di CHEAP e allo stesso tempo afferma la propria specificità di istituzione aperta alla complessità del contemporaneo”.

Aggiunge Lorenzo Balbi, direttore MAMbo: “Ogni azione intrapresa dal MAMbo si sviluppa intorno ad una riflessione sul suo essere spazio PUBBLICO, istituzione centrale per una comunità ed un territorio di riferimento. In questo senso mi sono sempre interrogato sul significato e l’importanza delle barriere tra “dentro” e fuori” il museo: se il MAMbo è uno spazio pubblico (come una piazza o un giardino), perché deve avere un dentro e un fuori? Perché un biglietto di ingresso? Perché degli orari di apertura? Ovviamente ci sono delle regole, delle collezioni da preservare, dei lavoratori da tutelare, ma abbiamo sempre ospitato con grande interesse progetti, come quello di CHEAP, che mettessero in “crisi” queste barriere, queste convenzioni, dimostrando come un museo contemporaneo debba mettersi costantemente in discussione, dimostrando di essere un organismo vivente e adattabile capace di rinnovarsi e sperimentare nuovi modelli”.

Si è deciso di non utilizzare il termine mostra, preferendo la suggestione di infestazione: “Alcunə artistə hanno definito CHEAP un virus, infestante e in grado di mutare insieme all’ambiente che la circonda: erano ovviamente tempi pre-Covid, tempi in cui una similitudine del genere sembrava meno mortifera. Ancora, raccogliamo l’invito di Donna Haraway a fare nostre strategie non umane: vogliamo farci infestanti come piante, che trovano il modo di intrufolarsi nello spazio pubblico facendosi strada nelle crepe e nelle fessure impreviste del paesaggio urbano. Infestante è anche il femminismo che invochiamo e che abbiamo declinato in un progetto in strada: questo ed altri lavori faranno capolino negli spazi del MAMbo“.

CHEAP – Sabotate con grazia al MAMbo

Insieme all’incursione negli spazi del museo, CHEAP ha previsto un public program di tre incontri: il 21 ottobre verrà presentato il nuovo libro del collettivo, “DISOBBEDITE con generosità” (edito da People), il cui titolo riprende uno dei poster più iconici di CHEAP, in un dialogo con Maysa Moroni, photo editor della rivista Internazionale; il 16 novembre il talk verterà sull’esperienza e sul libro edito da NERO edizioni “Civitonia”, con la presenza di Vanni Attili e Silvia Calderoni; il 14 dicembre sarà la volta della presentazione di un manifesto sull’arte pubblica, realizzato da CHEAP insieme alla docente e critica d’arte Fabiola Naldi.

Fabiola Naldi, a proposito dell’operazione del collettivo negli spazi del museo, scrive: “Non ho mai inteso lo spazio espositivo come un luogo dedicato, normato e rivolto solo alle pratiche artistiche più comunemente conosciute. CHEAP entra ed esce dal museo perché nasce come progetto esteso in cui i limiti (anche solo quelli delle dimensioni dei poster) diventano un pretesto da capovolgere e superare. In questa occasione l’intenzione è quella di misurarsi con i luoghi del MAMbo non esponendosi a “comando” ma dichiarandosi come possibilità, come riflessione, come tentativo di esprimere un atto di “occupazione” istituzionale”.

L’opening di SABOTATE con grazia è giovedì 5 ottobre dalle ore 18.00 alle 21.00, con ingresso gratuito.
Dal 6 ottobre al 17 dicembre il progetto sarà visitabile negli orari di apertura e nelle modalità di accesso previste dal museo.


CHEAP
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Museo dell’Arte Classica – Sapienza Università di Roma: “ALLA RICERCA DEL BELLO: trent’anni di Martenot a Roma”

“ALLA RICERCA DEL BELLO: trent’anni di Martenot a Roma”

Arte e pedagogia in mostra nel Museo dell’Arte classica della Sapienza, tra le riproduzioni storiche dei capolavori della scultura classica esposti nei musei di tutto il mondo

Dal 9 novembre al 22 dicembre 2023

Museo dell’Arte Classica – Sapienza Università di Roma

Facoltà di Lettere e Filosofia, Piazzale Aldo Moro 5, Roma

Per celebrare il trentennale dell’Atelier Martenot a Roma, il Museo dell’Arte Classica nella Facoltà di Lettere della Sapienza, ospiterà una grande esposizione delle opere degli allievi che hanno seguito i corsi dell’École d’Art Martenot di Loris Liberatori, il primo ed unico insegnante nella Capitale autorizzato ad impiegare il Metodo sviluppato dalla psicopedagoga francese Ginette Martenot negli anni ’30.

La mostra, visitabile dal 9 novembre al 22 dicembre, intitolata “ALLA RICERCA DEL BELLO” sarà un’opportunità unica per immergersi nel mondo innovativo della psicopedagogia Martenot, una didattica dell’arte che educa lo sguardo a ricercare la bellezza fuori e dentro la persona. Oltre 100 opere, create dagli allievi di Loris Liberatori, saranno presentate al pubblico, offrendo una panoramica delle capacità creative che il Metodo Martenot ha ispirato in una nuova generazione di artisti. I visitatori potranno ammirare una varietà di stili e tecniche, testimonianza della versatilità e della potenza espressiva di questo metodo, in dialogo con gli oltre 1200 calchi in gesso dei capolavori della scultura greca e romana ospitati dalla Gipsoteca della Sapienza, uno straordinario “Museo dei Musei” che raccoglie copie d’epoca di capolavori esposti nei maggiori musei del mondo. Inoltre il pubblico avrà modo di ammirare i lavori realizzati in base alla progressione proposta dal metodo dell’École d’Art Martenot in una sezione didattica appositamente studiata per le sale del Museo insieme ai video e a pannelli didascalici e illustrativi.

Il metodo Martenot: educare con l’arte

Nato dalla genialità di Ginette Martenot (1902-1996), virtuosa musicista e pedagoga visionaria, il Metodo Martenot propone una formazione che va oltre l’arte in sé, educando lo sguardo e il pensiero alla comprensione della bellezza che ci circonda. 

Basato sul principio della “liberazione del gesto“, il Metodo Martenot non cerca solo il risultato artistico immediato, ma guida l’individuo in un percorso profondo di crescita verso l’arte, partendo dal concetto che tutti abbiamo delle capacità artistiche, che purtroppo il più delle volte sono nascoste, assopite dentro di noi.

La liberazione del gesto parte sempre da uno stato d’animo. Anche per una semplice curva, l’allievo dovrà porsi il problema di come sarà questa curva: sarà allegra, arrabbiata, malinconica? Poi questa curva potrebbe diventare un essere umano, un animale o un albero, non lo sappiamo. Il principio ispiratore parte sempre da un’emozione. Ogni segno è la conclusione di uno stato d’animo.” – così afferma Loris Liberatori, direttore dell’École d’Art Martenot di Roma.

Questo metodo ha rivoluzionato l’insegnamento dell’arte, aprendo strade inesplorate nella formazione di giovani e adulti alla scoperta della propria creatività. Nel Metodo Martenot, l’allievo è al centro dell’esperienza educativa e in ogni lezione scopre le proprie capacità. Ogni opera creata è un’espressione unica e personale, riflettendo le peculiarità e l’energia di chi l’ha realizzata. A differenza dell’approccio tradizionale, che spesso enfatizza la riproduzione di opere esistenti, il Metodo Martenot guida l’individuo in un percorso di crescita personale attraverso l’arte. Il risultato artistico diviene così una naturale conseguenza di questa evoluzione della psiche. Ogni opera diviene un insieme di movimento e colore, un’autentica espressione dell’individuo che l’ha realizzata.

La mostra al Museo dell’Arte classica della Sapienza Università di Roma

L’idea di celebrare questo trentesimo anniversario attraverso una mostra alla Gipsoteca della Sapienza è un omaggio al legame profondo tra l’arte classica ispirata dalla ricerca della perfezione estetica e la pedagogia Martenot che vuole valorizzare la bellezza dell’anima. Nella Gipsoteca, che conserva i gessi d’epoca delle massime sculture classiche esposte nei musei di tutto il mondo, le opere in mostra saranno infatti il risultato di una reinterpretazione di questi capolavori del passato eseguite dagli allievi dei corsi superiori Martenot.

L’allestimento, rispettoso dello spazio esistente, permetterà ai visitatori di scoprire aspetti innovativi nello studio e nell’analisi delle opere d’arte, nonché di comprendere la ricchezza del Metodo Martenot. Le opere create dagli artisti dell’Atelier Martenot racconteranno una storia unica, esprimendo la loro individualità attraverso una varietà di forme artistiche, tecniche e media.

L’Ecole d’Art Martenot di Loris Liberatori

Con quasi 200 Centri Martenot in Europa, tra cui Francia, Svizzera, Belgio, Spagna e in Italia, il Metodo Martenot ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte e della pedagogia. A Roma è L’Ecole d’Art Martenot diretta da Loris Liberatori il primo e unico centro autorizzato che applica nella Capitale il metodo elaborato dalla psicopedagoga francese. Presente nella zona di Viale Cortina d’Ampezzo (Roma Nord) da trent’anni, ha una vasta esperienza in corsi di disegno, pittura e scultura per adulti e bambini. I corsi Martenot sono riservati a piccoli gruppi (da un minimo di tre persone ad un massimo di cinque) con lezioni settimanali di circa un’ora. Il percorso formativo prevede sia una parte teorica dedicata alla storia dell’arte strettamente legata all’attività pratica con tutte le tecniche. Parallelamente Liberatori promuove stage su temi specifici di uno o due giorni all’aperto nel suo studio di Vignanello (Viterbo).

Loris Liberatori

Loris Liberatori, Direttore dell’École d’Art Martenot di Roma e Segretario dell’Associazione Martenot Italia, ha guidato con passione e dedizione la diffusione di questo straordinario Metodo in Italia insieme alla sua crescita personale come artista conosciuto in Italia e all’estero. Nato a La Spezia nel 1958, Liberatori ha iniziato a dipingere giovanissimo, agli inizi degli anni ’70, fin da allora con numerosi riconoscimenti ed apprezzamenti da parte della critica. Liberatori si riconosce nell’area del Nuovo Figuratismo; i suoi riferimenti: dall’astrattismo storico di Afro e Burri, alla ricerca sul colore e la spiritualità del maestro franco cinese Zao Wou-Ki. Una carriera ininterrotta sempre in campo artistico, studi al San Matteo di Pisa, facoltà di storia dell’arte, e una specializzazione post universitaria nell’insegnamento psicopedagogico dell’Ecole d’art Martenot di Parigi. 

Ha realizzato numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero, tra le quali si ricordano Water of life (2016) presso gli Istituti Italiani di Cultura di Sidney e Melbourne e all’Ambasciata d’Italia a Canberra e la 54ª Biennale di Venezia, Padiglione Italia – Torino a cura di Vittorio Sgarbi (2011). Le sue opere sono esposte in importanti gallerie in Italia e all’estero e nelle collezioni permanenti della Farnesina e della Banca d’Italia.

Museo dell’Arte Classica – Polo Museale, Sapienza Università di Roma

Il Museo, attualmente diretto dal prof. Giorgio Piras, Direttore del Dipartimento di Scienze dell’Antichità, con la curatrice dott.ssa Claudia Carlucci, possiede una collezione di oltre 1200 calchi in gesso suddivisi in 56 sale, che riproducono in massima parte sculture greche esistenti in musei e collezioni di ogni parte del mondo; l’esposizione in ordine cronologico consente di illustrare concretamente ai visitatori lo svolgimento storico della scultura greca. Tra le opere ospitate dalla Gipsoteca: una collezione di impronte di gemme eseguite da Tommaso Cades tra il 1829 e il 1834; il calco del grande rilievo della Porta dei Leoni di Micene; il calco dell’Atena di Velletri; la ricostruzione dell’Atena fidiaca “tipo Medici”; la Demetra della Sala Rotonda dei Musei Vaticani; alcuni calchi delle sculture del Partenone; i calchi dell’altare di Pergamo e molti altri.

Roma, Museo dell’Arte Classica

INFORMAZIONI UTILI

TITOLO: ALLA RICERCA DEL BELLO: Trent’anni di Martenot a Roma
DOVE: Museo dell’Arte Classica – Sapienza Università di Roma – Facoltà di Lettere e Filosofia, Piazzale Aldo Moro 5, Roma
QUANDO: Dal 9 novembre al 22 dicembre (?)
A CURA DI: Loris Liberatori
OPENING: Giovedì 9 novembre 2023 ore 17.00
INGRESSO GRATUITO
ORARI: Il museo è aperto dal lunedì al venerdì dalle 08.00 alle 20.00

CONTATTI

Ècole d’art Martenot di Loris Liberatori
SITO: https://www.martenot.it/roma.htmlhttps://www.martenot-arts-plastiques.com
FACEBOOK: https://www.facebook.com/ecoledartmartenotdilorisliberatori/
 
Museo dell’Arte Classica – Polo Museale – Sapienza Università di Roma
SITO: https://web.uniroma1.it/polomuseale/museo-arte-classica

Palazzo Pitti: OBSCURED EXISTENCE la prima esposizione personale in Italia di Wang Guangyi

PALAZZO PITTI DAL
7 SETTEMBRE OSPITA
LA PRIMA MOSTRA PERSONALE IN ITALIA DI WANG GUANGYI, ARTISTA CINESE DI FAMA MONDIALE

IL LATO OSCURO DEL QUOTIDIANO:
‘OBSCURED EXISTENCE’

Inaugurata il 6 settembre fino al 10 dicembre la reggia medicea accoglie 28 lavori del celebre artista cinese, alcuni dei quali mai esposti in Occidente: al termine dell’esposizione l’autoritratto dell’autore entrerà a far parte della collezione delle Gallerie

Cosa si nasconde nella rassicurante familiarità degli ambienti domestici, nelle ombre degli spazi legati all’intimità della vita quotidiana? La ripetitività delle azioni quotidiane può essere interpretata come un rito quasi religioso? Queste e altre inquietanti domande vengono poste dalla mostra Obscured Existence  (Palazzo Pitti, dal 6 settembre al 10 dicembre 2023).

L’esposizione, composta da 28 dipinti di Wang Guangyi, è un percorso a tappe attraverso quattro distinti cicli, che indagano cosa sta davvero dietro la ritualità dei gesti di tutti i giorni e l’uso degli oggetti più comuni. Allo stesso tempo, le opere esplorano anche il modo in cui la cultura d’origine di ciascuno influenza la percezione di un’opera d’arte.  

Il viaggio si apre con Daily Life, dipinti incentrati sull’intimità dei piccoli gesti abituali di ogni giorno. In questa prima serie, Wang Guangyi si ritrae in momenti della vita privata, solo, inerme di fronte alla propria corporeità; la ripetitività dell’ordinario assume quasi la valenza di un rituale, mentre l’incedere meccanico dell’abitudine si carica di un’aura sacra. In questi attimi noncuranti l’uomo è capace di riconnettersi con se stesso: protette da quelle che l’artista definisce “strutture di potere”, le azioni individuali che si svolgono in uno spazio privato sono fessure sulla “nuda vita“, la parte di ognuno ancora immune dalle interpretazioni.

Wang Guangy – Daily Life No.2 – 2013 – 180x140cm, acrylic on canvas

Come quando, leggendo un libro, il senso della narrazione si svela man mano che la lettura procede, nella serie Ritual (che compone il secondo ciclo) la fragilità della figura umana lascia il posto alla mobilità inaccessibile dell’oggetto. Esso, spogliato della sua solita connotazione, diventa simbolo di una liturgia segreta e personale, traccia di un significato che supera la cosa, suscitando sensazioni contrastanti. In Ritual n. 3, per esempio, l’artista protegge un normale water di ceramica bianca tramite un cordone rosso sorretto da due colonnine in ottone, il tipico separatore in uso nei musei o nei luoghi sacri. Dal paradosso scaturiscono due sentimenti opposti: l’inquietudine dovuta  alla consapevolezza che qualsiasi luogo può essere dichiarato inaccessibile, e il sorriso  dovuto al fatto che si salvaguarda un oggetto di indubbia ordinarietà. In questo incontro di sensazioni, secondo l’artista, viene spronato il pensiero e quindi la consapevolezza di esistere.

Wang Guangy – Ritual No.3 – 2015 – 180x140cm – acrylic on canvas

Il seme della mostra, però, arriva a piena fioritura solo con la serie  Obscured Existence, che dà il titolo anche al concetto che l’ha generata. Riprendendo un’antica tecnica pittorica cinese, il Wu Lou HenWang Guangyi inonda le sue figure di una fitta sgocciolatura che ne cancella l’aspetto ordinario per rivelarne un’anima oscura, mistica, inafferrabile. Determinato a dimostrare come sistemi sociali differenti portino a una diversa comprensione del mondo, il pittore si immerge nell’iconografia occidentale, descrivendo le forme della tradizione cristiana attraverso un linguaggio a loro estraneo, orientale e personale. In Enlarged Medusa, ispirato dallo scudo di Caravaggio conservato alle Gallerie degli Uffizi, l’artista sovrappone all’ immagine una particolare griglia a nove quadri, retaggio della tradizione cinese, che riduce la percezione estetica dell’originale e ne sminuisce l’intensità emotiva. Ne consegue che gli osservatori, spiazzati dall’imprigionamento della testa di Medusa, si ritrovano così a dover “scavalcare” visivamente il famosissimo dipinto di Caravaggio, per afferrare invece la verità sepolta nell’opera.

Wang Guangy – Obscured Existence – Pietà – 2022 – 140x180cm – acrylic on canvas

Il percorso si chiude con il ciclo The shadow of memory, che registra quel che resta del nostro passaggio nella memoria di un luogo. 

Da segnalare, infine, che l’autoritratto di Wang Guangyi, al termine dell’esposizione, verrà donato alle Gallerie, entrando così a far parte della più vasta e prestigiosa collezione museale di questo tipo di opere al mondo.

Il direttore degli Uffizi Eike Schmidt: “l’artista tratta spazi “normali” e semplici oggetti d’uso con lo stesso rispetto, indagando in essi e nella loro traduzione pittorica un’anima trascendentale. Da questa prospettiva riesce ad unire – senza confonderle – le tradizioni occidentali e orientali in modo originale e innovativo. Con questa mostra si conferma la vocazione universale delle Gallerie degli Uffizi, aperte alle ricerche sul passato e alle voci più interessanti e importanti dell’arte contemporanea“.

Il curatore Demetrio Paparoni“Nel Novecento la svolta nell’arte cinese l’ha data la generazione di Wang Guangyi. Nella seconda metà degli anni Ottanta lui è tra quanti in Cina hanno dato vita a una rivoluzione linguistica e contenutistica con lo stesso spirito che tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo ha animato in Europa l’azione delle avanguardie storiche. Il peso assunto dalla sua ricerca filosofica e spirituale, portata avanti attraverso la pittura, la scultura, le grandi installazioni, fa di Wang Guangyi uno dei grandi protagonisti della Storia dell’arte contemporanea cinese”.

L’artista Wang Guangyi: “Ho visto per la prima volta le opere dei maestri nella collezione degli Uffizi trent’anni fa. Questi lavori hanno avuto un impatto profondo su di me. Mi sentivo come se avessi scoperto una nuova altissima montagna da scalare. La mostra che si apre oggi qui vuole essere sia il mio omaggio ai maestri di un tempo che uno sguardo indietro alla mia giovinezza. A mio modo di vedere, la storia è vuota/non significa nulla. Solo la storia dell’arte può testimoniare l’esistenza degli esseri umani”.

WANG GUANGYI, CENNI BIOGRAFICI

Wang Guangyi nasce il 19 gennaio 1957 a Harbin, nella provincia di Heilongjiang, Cina, e si laurea all’Accademia d’Arte di Zhejiang nel 1984. Raggiunge la fama internazionale negli anni ’80 con la serie Great Criticism, in cui sovrappone immagini della propaganda maoista a loghi di marchi americani, mettendo in evidenza come l’ideologia cinese prometta un mondo migliore allo stesso modo della propaganda occidentale dei beni di consumo. Artista multimediale, autore di installazioni di grandi dimensioni, Wang è noto in particolare per la capacità di far interagire immagini tratte dall’arte occidentale con altre tipiche della cultura asiatica, ma anche la filosofia delle due diverse aree geografiche. Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 2013 e le sue opere si trovano nelle collezioni permanenti di musei pubblici in tutto il mondo, tra cui il nuovo M+ a Hong Kong, i musei di Shenzhen, Guangdong, Shanghai, Chengdu e Pechino, la Tate Modern a Londra e il San Francisco Museum of Modern Art.


Ufficio Stampa delle Gallerie degli Uffizi,
Tommaso Galligani, tommaso.galligani@cultura.gov.it

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Roma, Spazio Urano: “Le città invisibili” – Personale di Giovanni di Rosa

Opera di Giovanni di Rosa

Le città invisibili
Personale di Giovanni di Rosa

a cura di Simona Pandolfi

30 settembre – 7 ottobre2023

Inaugurazione 30 settembre 2023, ore 18.30

Spazio Urano, via Sampiero di Bastelica 12 – Roma (Pigneto)

Il 30 settembre 2023, dalle ore 18.30, inaugura presso Spazio Urano la personale di Giovanni di Rosa. Nel centenario dalla nascita di Italo Calvino, con la serie “Le città invisibili” l’artista approfondisce attraverso la pittura ad olio le dinamiche visive e sociali che si nascondono dietro la città e la rappresentazione di essa.

Il suo sguardo si sofferma sulle variegate relazioni che si possono innescare tra le persone e lo spazio, sia all’interno degli edifici che all’esterno. Con un’acuta penetrazione psicologica, l’artista osserva la città sottolineandone anche la mancanza di una concreta interazione, soprattutto in quei luoghi dove sarebbe naturale il contrario: siti archeologici, piazze, spazi per concerti, chiese, musei, etc. 

Scriveva, non a caso, Italo Calvino ne “Le città invisibili” che «le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di sogni d’un linguaggio».

Lo stesso di Rosa si pone in un atteggiamento di ascolto; nelle sue opere è evidente il colloquio empatico che si va ad instaurare tra il pittore e i personaggi ritratti e il costante recupero di un contenuto umano profondo anche tra le vie solitarie e le spopolate strutture architettoniche della città. In questo senso, la sua ricerca artistica potrebbe essere vista come un contributo a una maggiore consapevolezza dell’importanza di una pianificazione urbana attenta alle impellenze della comunità e alla valorizzazione della bellezza della città.

Nelle sue tele presenta un tratto rapido e incisivo e al tempo stesso ricco di particolari. La velocità delle pennellate sgretola le forme, elimina i contorni delle figure, restituendo comunque la verità degli impeti o dei silenzi emotivi; in quest’attitudine l’artista denota una concordanza con le rappresentazioni popolari e le tematiche sociali affrontate dalla grande stagione della pittura napoletana di metà Ottocento. 

Opera di Giovanni di Rosa

Giovanni di RosaBreve biografia

Giovanni di Rosa nasce ad Avellino nel 1991. È diplomato in Pittura e decorazione pittorica. Le sue opere sono state esposte in diverse collettive e in due mostre personali: nel 2017 presso il Museo Civico Archeologico di Bisaccia e nel 2019 al Casino del Principe di Avellino.


Informazioni
La mostra sarà visitabile fino al 7 ottobre 2023.
Visitabile su appuntamento: tel 3290932851 e-mail info@spaziourano.com

Da Simona Pandolfi  pandolfisimona.sp@gmail.com

Già pubblicato il 24 Settembre ore 0:01