Buoni propositi per il nuovo anno

 

Una pagina di Marcel Proust mi torna alla mente per consolarmi all’idea di perdere tempo nell’ennesima riunione perfettamente inutile. A sopportare due o tre ore di chiacchiere provo, come Proust, una specie di rimorso, di rimpianto per non avere indugiato nella tranquillità del mio studio, per non essere rimasto a fantasticare, con in sottofondo la Rêverie di Debussy. Perché vado? Per amicizia. Proust annotava che quanti hanno la fortuna di un lavoro creativo hanno anche il dovere di vivere per sé. «L’amicizia è una dispensa da questo dovere, un’abdicazione a sé stessi. Persino la conversazione, che dell’amicizia è il modo d’esprimersi, è una divagazione superficiale, che non ci fa acquistare nulla. Possiamo conversare tutta una vita senza far altro che ripetere all’infinito il vuoto di un minuto, mentre il cammino del pensiero, nel lavoro solitario della creazione artistica, si snoda in profondità, l’unica direzione che non ci sia preclusa, e nella quale ci sia dato anzi progredire – sebbene con maggior fatica – verso un risultato di verità». Non è che sia radicato nel convincimento quanto lo era Proust, ma come lui mi annoio a conversare «restando alla superficie di sé, invece di proseguire il viaggio di scoperte nel profondo». Così, a inizio d’anno, non farò voti di clausura, tutt’altro, perché ascoltare il pigolio delle “fanciulle in fiore” delizia anche me. Eviterò, però, di modellarmi «ad immagine e somiglianza degli altri anziché d’un io che da loro differisca». Inviterò selezionatissimi amici ad ascoltare musica, a discorrere su qualche brano di storia o di critica d’arte, a prodigarsi per il sociale, nel tentativo di scoprirci un pizzichino migliori di quanto usualmente siamo costretti ad essere.

Fonte immagine: Gustave Caillebotte Portraits à la campagne (1876) Musée Baron Gérard di Bayeux (Di Gustave Caillebotte – [1], Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2133543 )

 

Voltata pagina ora ricominciamo

 

La Galleria V. E. di Messina è un monumento, soggetto al Codice dei Beni culturali. Con questi ultimi lavori abbiamo compiuto non un restauro, ma una manutenzione ordinaria, cioè un insieme di operazioni correttive finalizzate a riportare il sistema Galleria allo stato di buon funzionamento, in modo da affrontare l’insorgere di ulteriori problemi. Parlo dell’imbrattamento dovuto ad affissioni, scritte a pennarello e vernici spray, che deteriorano intonaci, mostre decorative e serrande di chiusura. Parlo della pavimentazione che necessiterà di integrazioni laddove il cambio di formato delle tessere musive o l’accostamento con materiali differenti dal gres – come nel caso dei tondi luciferi in vetro – creano oggettivi problemi di distacco. Nell’intervento oggi praticato è stata anche attuata una manutenzione migliorativa. Questo, chiudendo i cancelli in orario notturno; bonificando le superfici dei prospetti e collocando dissuasori chimici e fisici così da allontanare i volatili; sostituendo gli apparecchi illuminanti con più moderne lampade Led a basso consumo energetico. Ciò porterà all’accordo su di un protocollo d’intervento in grado di indicare azioni preventive e gestionali, con modalità e ruoli di coordinamento fra le parti interessate alla corretta conduzione della Galleria. Tale protocollo e l’applicazione di un idoneo progetto di valorizzazione limiteranno le problematiche pregiudizievoli all’omogeneità estetica e funzionale dell’ambiente interno fruibile dalla cittadinanza. L’obiettivo, oggi come in futuro, è mantenere un’immagine corrispondente al decoro dell’edificio monumentale. Finalmente Messina potrà godere del suo “salotto esclusivo” in Galleria, come tante altre città italiane ed europee.

 

Una figura rituale dal carattere perenne

 

Babbo Natale esiste o non esiste? “The Lancet Psychiatry” dice la propria idea sulla “aeterna quaestio” con un articolo firmato dagli psicologi Christopher Boyle dell’Università di Exeter nel Regno Unito e Kathy Mc-Kay di quella del New England in Australia. I due non hanno altre turbe psichiche su cui indagare, se non quelle dei bimbi traumatizzati alla scoperta che gli adulti li hanno turlupinati. Né avranno letto il saggio di Claude Lévi-Strauss: “Babbo Natale giustiziato”. Il 24 dicembre 1951 “France-Soir” informava: «Ieri pomeriggio Babbo Natale è stato impiccato all’inferriata del duomo di Digione e arso pubblicamente sul sagrato. La spettacolare esecuzione si è compiuta sotto gli occhi di parecchie centinaia di fanciulli dei patronati. Era stata fissata con il consenso del clero che aveva condannato Babbo Natale quale usurpatore ed eretico». L’accusa era di aver paganizzato il Natale a scapito del presepe. L’antropologo francese comprese che non si trattava di un semplice fatto di cronaca. Scrisse un lungo e documentato saggio, dimostrando che il vecchietto barbuto è una creazione moderna nella quale si mescolano «formule inedite che perpetuano, trasformano o rivitalizzano antiche usanze». Pratiche diffuse in differenti società mai entrate in contatto fra loro, ma che hanno nei riti di passaggio e di iniziazione il punto nodale. Si somigliano in modo sorprendente, perché servono agli adulti per stabilire quanta disciplina ed obbedienza i bambini debbano dimostrare per ottenere un premio. Per cui la tradizione di Babbo Natale «non costituisce un amabile inganno deliberato dagli adulti alle spalle dei bambini; ma è, in larga misura, il risultato di una transazione molto onerosa tra le due generazioni».

 

Opportunità di sviluppo per le Isole Minori

 

Nello scenario dell’arcipelago della Maddalena, il ministro Franceschini ha firmato il Contratto di Sviluppo per i Beni Culturali e il Turismo nelle Isole Italiane e del Mediterraneo. Rappresenta, come ha spiegato, «un impegno del Governo a intervenire su un settore trascurato per troppo tempo». L’accordo, sottoscritto con l’Associazione Nazionale Comuni e Isole Minori (ANCIM) e con le Regioni Sardegna, Sicilia, Campania, Lazio, Liguria, Puglia e Toscana, punta a trasformare un patrimonio dal carattere insulare in una reale opportunità. Il fine è realizzare una strategia complessiva di difesa e conservazione della natura, di sviluppo sostenibile e adeguamento infrastrutturale materiale e immateriale del sistema delle Isole minori: 36 comuni con oltre 200.000 abitanti che accolgono milioni di visitatori nel corso dell’estate. La Sicilia schiera le sue bellezze: Favignana, Lampedusa e Linosa, Leni, Lipari, Malfa, Pantelleria, S. Marina Salina, Ustica. L’intento è valorizzare peculiarità e diversità, trasformando le debolezze in punti di forza. Riferimento è il DUPIM (Documento Unico di Programmazione delle Isole Minori), che in sintesi punterà a riqualificare i centri abitati, recuperando quel patrimonio storico ed edilizio che potrebbe svolgere funzioni turistiche e culturali. Terreno fertile saranno le attività produttive tradizionali, anche adottando uno specifico marchio di qualità. Il tutto inserito in un sistema di rete materiale e immateriale. Il patto ha chiaro, fra i suoi step, che si potrà agevolare il percorso stabilito solo ricercando e realizzando azioni comuni di sviluppo nell’area del Mediterraneo. Occorrono quindi nuovi modelli di cooperazione e di integrazione e una grande forza di volontà.

 

Rinunciare all’inchiostro per digitare tastiere?

 

Abolire il corsivo. Un dipinto di Hieronymus Bosch mi pare più chiaro della confusione che regna sovrana. Dal 2014 leggo la stessa panzana su Corriere e Repubblica, pochi giorni fa sul Giornale: l’Istituto nazionale per l’educazione di Helsinki ha deciso che, a partire da questo autunno, i piccoli della primaria non saranno più obbligati ad imparare la scrittura corsiva e neppure la bella calligrafia, perché saranno privilegiate le abilità digitali. «Sappiamo che stiamo mettendo in atto una trasformazione culturale profonda, ma crediamo che saper scrivere al computer sia in questo momento più rilevante, nello svolgimento della vita di tutti i giorni». C’è da chiedersi: se la Finlandia è il Paese con i sistemi educativi “children friendly” più avanzati al mondo, chi ha interpretato male le intenzioni espresse? Non è una resa incondizionata alla tecnologia; ma una decisione orientata a processi neuropsicologici. Nelle fasi iniziali di apprendimento i bambini hanno bisogno di vedere lettere precise, distinte, separate, per associarle ai suoni che rappresentano. Gradualmente comprenderanno come leggerle, fino ad intendere parole intere. Alla fine del secondo anno, dopo aver imparato a digitare i caratteri del computer, saranno in grado di scrivere manualmente anche in corsivo. È solo una questione di tempi pedagogici. Dai codici miniati ad Aldo Manuzio, inventore del corsivo tipografico, a Steve Jobs, la vera cultura è in stretta relazione. «Se non fossi entrato quasi per caso nell’aula di quel corso universitario di calligrafia – rivelò Jobs – il Mac non avrebbe avuto i serif e i font poi copiati da Windows». Perché, allora, barricarsi dietro una scarsa conoscenza del passato e uno strano timore del futuro?

Home

 

Due città siciliane nella short list delle finaliste

 

Puntate gli orologi e incrociate le dita, perché martedì 31 gennaio alle ore 15 sarà proclamata la “Capitale italiana della Cultura per il 2018”. Fra le dieci finaliste ben due sono città siciliane: Palermo ed Erice. La competizione è serrata se consideriamo che le altre concorrenti sono Alghero, Aquileia, Comacchio, Ercolano, Montebelluna, Recanati, Settimo Torinese e Trento. L’idea del titolo è nata nel 2014, per decreto del MiBACT, dall’impulso a tradurre in iniziativa nazionale l’iniziativa europea della “Capitale europea della cultura 2019”, in seguito al successo di partecipazione che ha visto trionfare Matera. Con l’istituzione dell’Art Bonus, «la scelta legislativa – sottolineò allora il ministro Franceschini – ha messo in moto un sistema virtuoso per definire una programmazione complessiva delle attività a lungo termine: una straordinaria occasione di valorizzazione, promozione turistica e investimento per tutta l’Italia, come un unico museo diffuso». Siena è stata proclamata Capitale italiana della Cultura 2015, Mantova 2016, Pistoia 2017. Ora il riconoscimento potrebbe essere attribuito ad un centro storico siciliano. Gli obiettivi sono di ampio respiro: stimolare una cultura della progettazione integrata e della pianificazione strategica; sollecitare le città e i territori a considerare lo sviluppo culturale quale paradigma del proprio progresso economico e di una maggiore coesione sociale; valorizzare i beni culturali e paesaggistici; migliorare i servizi rivolti ai turisti; sviluppare le Industrie culturali e creative; favorire processi di rigenerazione e riqualificazione urbana. Personalmente farei il tifo per l’unione dei comuni elimo-ericini. Ma come si suol dire: vinca il migliore!

 

Home

 

La cultura riscatta il profondo Sud

 

Al Museo di Messina nel ‘900, nel corso della rassegna sulla cinematografia del secondo dopoguerra, ideata da Angelo Caristi, abbiamo commentato, Geri Villaroel ed io, il film “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola. Geri ha evidenziato i particolari nel ricostruire scenicamente trenta anni di storia italiana e le aspettative dei tre protagonisti ammaliati dalla bella Sandrelli: il proletario (Manfredi), l’arrivista (Gassman), l’intellettuale (Satta Flores). Io mi sono soffermato solo su quest’ultimo personaggio, ricordando il vero prof. Palumbo a cui Scola si è ispirato, che in realtà si chiamava Camillo Marino. Con lui nel 1979 ho realizzato nel Museo Nazionale di Avellino la mostra per i 20 anni del “Lacenodoro”, festival cinematografico nato da una idea condivisa con Pier Paolo Pasolini. La sede iniziale della manifestazione – il lago Laceno fra i boschi – ricordava allo scrittore i paesaggi friulani della sua infanzia. Camillo gli aveva confidato la «febbre che ti assale quando ti accorgi che la provincia rischia di strozzarti, di uccidere le tue migliori speranze». Così i due dettero vita a “Cinema Sud rivista neorealista di avanguardia”, sulle cui pagine presero a scrivere Zavattini, Lizzani, Brass, Wertmüller. Ma non solo cineasti, perché la pubblicazione richiamò Moravia, Morante, Ungaretti, Levi. Tra mille ristrettezze economiche, Camillo organizzò anche la sette giorni neorealista di cinema internazionale, per 28 anni. Io ne ho vissuto appena quattro, ma preziosi. Sono bastati per apprendere da Camillo che «bisogna pedinare l’uomo, coglierne il segreto, sorprenderlo e scoprirlo mentre vive». Ecco perché continuo ancora a credere che nelle nostre province del profondo Sud possiamo/dobbiamo aspirare ad un riscatto.

Fonte immagine: L’Irpinia
Per saperne di più sul Festival cinematografico fondato da Camillo Marino e Pier Paolo Pasolini.

 

Home

 

Nello scriptorium di Cassiodoro

 

È solo una fisima comune che esista un’età della giovinezza preferibile ad una della vecchiaia. Esiste invece un’evoluzione continua, una maturazione, una sedimentazione, perché le idee non hanno limiti d’età. È da piantarsi nella mente che occorre imparare a comprendere un mondo non più dialetticamente lineare, ma ameboide, caratterizzato da continui e repentini cambiamenti di forma. Non esiste una cesura netta tra gli opposti e il bianco con il nero tendono a coincidere senza necessariamente passare per il grigio. Così come occorre riflettere prima di affermare che si è rotto il meccanismo che garantiva la trasmissione delle idee e dei valori. Se il mondo è a tutti gli effetti presentificato, lo è perché coloro che dovevano storicizzarlo sono stati trafitti dalla convinzione di una vitalità giovanile durevole fino alla morte. In realtà, in un mutamento più rapido rispetto al passato, è il senso del tempo che occorre cogliere per capire le cose. Il discorso parrà astratto, ma permette di rammagliare l’anima della tradizione con la spinta all’innovazione. Non certo giovani versus vecchi. Ebbene, se il passato odora di muffa, il presente farà di sicuro tendenza, quando invece la saggezza degli anziani potrebbe tornare utile alla genialità dei giovani. Nasce però un problema. I cenobiti di Vivarium, scriptorium istituito dal vecchio Cassiodoro, pur nutrendo ammirazione per il maestro, non riuscivano a comprendere la vera essenza del suo ragionare. In tal senso tuttora la frattura appare incolmabile. Si è costretti così ad invecchiare in un perenne giovanilismo che rende tutti, non discepoli di un passato fecondo, ma orfani di una cultura antica divenuta troppo scomoda per radicare tante esili certezze.

Fonte immagine: particolare della Bibbia Amiatina (ms. Laur. Amiat. 1) unica copia sopravvissuta intera di un esemplare proveniente dal Vivarium di Cassiodoro.

Home

Essere specialisti di ciò che piace

 

Musica, luci soffuse. A fianco la donna di una vita. Alla mia offrirei un Manhattan quando lo Steinway diffonde un medley di George Gershwin. Con quale whisky? un Canadian o un Bourbon? Al “Manhattan club” di New York, nell’anno 1874, cosa proporrebbe la bella Lady Randolph Churchill, madre di Winston? Perché la serata è spiritosa, come le creazioni alcoliche della signora. Ed anche il pianista ha un’aria spiritosa: ha iniziato la serata col disneyano “Siam tre piccoli porcellin” di Churchill, non Winston, Frank. Ed ora – dopo Lehar, Satie, Liszt… Gershwin – è passato ad una fantasia dei Beatles rievocando i favolosi Anni Sessanta. Per il Manhattan, l’alternativa britannica potrebbe essere uno Scotch o un Irish. Ma in assoluto opterei per un buon Rye statunitense, sorpreso in chiusura dalla ciliegina jazz, di un raffinato ed elegante Cole Porter. Come io sto giocando col mio cocktail, così Antonio Ballista, con formidabile bravura, ha giocato al Palacultura per la Filarmonica col suo pianoforte. Venti interpretazioni sotto forma di Hit parade, per annodare le infatuanti partiture di ottant’anni d’esistenza, tra Classica e Pop. Dove Pop sta realmente per “popular culture” cioè la cultura di tutti noi. «Ci sono tante sinfonie noiose e tante canzoni strepitose», afferma l’eccentrico musicista. Lui ama le multiformi soluzioni estetiche della musica, di tutta la musica, e le restituisce conversando col pubblico. Smentisce lo stereotipo del pianista muto ed introverso. Con lui intuisci che non c’è bisogno di “capire la musica” ma semplicemente goderla, diventando pian piano, come dice, «specialisti di tutto ciò che ci piace». Vale anche per il whisky da usare nel Manhattan: scegliete quello che preferite.

Fonte immagine: news di costajonicaweb.it con recensione della serata musicale.

Home

 

Ecco Riccardo III candidato americano

 

Siamo al paradosso. L’operatrice di un call center mi chiede se sono il signor Walter Tobagi. Rispondo che lo hanno ammazzato le Brigate Rosse. Attonita ribatte: «Mi dispiace, com’è stato»? La poverina non ha idea di chi fosse Tobagi, tantomeno che possa esistere un’associazione a lui intitolata. Il suo stesso Corriere della Sera notifica su iPad «la spiegazione delle elezioni americane scritta da Shakespeare». Posta così, è facile che la telefonista anzidetta si convinca che il Bardo sia un editorialista con un pezzo sulle ultime battute elettorali. La notizia non è però risibile. La riferisce il New York Times nel commentare l’idea del professor Stephen Greenblatt che il miglior manuale per capire come potrebbero finire le elezioni USA 2016 sia il dramma shakespeariano “Riccardo III”, sociopatico duca di York divenuto re. Eppure sono convinto che certi titoli bizzarri siano disorientanti. Erano innovativi quando i quotidiani letti da mio padre annegavano nel grigiore; oggi scoppiano di rutilanti colori, come quegli inserti dove non distingui più la pubblicità dagli articoli. Qualche consulente di marketing forse crede che il “core business” dei giornali sia attrarre l’attenzione di un distratto lettore, anziché fare informazione. Prendi certe rassegne stampa all’insegna del gratuito. Sono sul web o ad aprire la casella mail. Trovi online persino il top dei settimanali; ma chi li divulga a scrocco due giorni prima che escano nel mio abbonamento? Ahinoi! Questo lo chiamano marketing dei servizi… ma volendoti “servire” il piatto della tentazione, certuni esperti non capiscono che il lettore lascerà in tavola anche salmone e caviale, quando confuso si sarà riempito lo stomaco di noci e fichi secchi.

Fonte immagine: Wikimedia Commons

Home