Da parecchio tempo la critica ha sottolineato la carica innovativa prima di tutto del linguaggio pascoliano: un linguaggio, a detta del grande studioso Gianfranco Contini, che sfrutta non solo le componenti normali, grammaticali, ma anche quelle puramente foniche, le risonanze pre- o post-grammaticali, quasi indipendentemente dal significato normale delle parole. In questa prospettiva, Pascoli s’inserisce senza dubbio nel grande filone del simbolismo europeo, sempre alla ricerca di armoniche nascoste nella natura, per disvelare aspetti ignoti della realtà. L’antologia evidenzierà questo aspetto, assai presente in tanti testi di “Myricae” e dei “Canti di Castelvecchio”, sino alle aperture cosmiche de “Il ciocco” e “Il bolide”. Ma, nel contempo, nell’antologia si darà conto delle componenti più intime e sofferte dell’indagine pascoliana dentro e oltre la natura e il linguaggio. Le immagini più forti e più tipiche dell’impressionismo pascoliano, numerose soprattutto nelle “Myricae”, sarebbero assai meno significative se non facessero parte di una raccolta che sottolinea l’inevitabile presenza della morte nel ciclo vitale: una presenza che può essere benevola ma può anche diventare ossessiva, come si riscontra nei tanti testi dedicati al lutto personale, a quell’assassinio del padre rievocato in “X agosto” o, con accenti epici, in “La cavalla storna”. La forza di Pascoli oggi, però, si deve cogliere anche su altri piani, e in particolare su quello dei temi. Dopo le prime raccolte, giustamente tuttora le più note a livello scolastico, il poeta seppe rinnovarsi, aprendo decisamente la sua lirica alla storia. Legandosi sempre a luoghi precisi, dalla nativa Romagna alla Garfagnana, Pascoli seppe entrare nei microcosmi in cui viveva, per esempio mettendo in luce i cambiamenti introdotti dalla modernità attraverso personaggi indimenticabili, come la piccola Molly di “Italy”: figlia di emigranti, la bambina non riesce all’inizio a capire la forza del legame che comunque esiste con la madrepatria, e sembra disprezzare i suoi parenti garfagnini. Ma alla fine saranno la solidarietà e gli affetti a prevalere: Pascoli vuole far capire quanto era (ed è) importante che anche gli emigrati di seconda o terza generazione possano continuare a sentire il vincolo profondo che li lega alla madrepatria. Pascoli è anche questo: un poeta che si fa carico di interpretare il suo tempo, con idee che ora, grazie al distanziamento storico, possiamo valutare senza diffidenza.
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IMMAGINE DI APERTURA – copertina del libro e fotografia di Gioovanni Pascoli (Fonte: Wikiquote)