Primi passi per l’economia culturale

 

IO SONO CULTURA. Quest’anno la faccina demodé in copertina al rapporto annuale di Fondazione Symbola e Unioncamere, alla 6ª edizione, zittisce le malelingue. Cultura e creatività, nello scenario internazionale, sono considerati uno dei motori primari delle economie avanzate. “Cultura e istruzione” sono l’undicesima priorità del programma Juncker e Silvia Costa che presiede la Commissione Cultura del parlamento Europeo afferma che «è arrivato il momento per rimettere al centro i valori della cultura, della creatività, dell’educazione e del dialogo interculturale». I pilastri fondanti sono presto detti: il patrimonio culturale, le imprese creative e culturali, il Digital Single Market e il capitale umano. Quando si affrontano simili argomenti la mente dei più corre alla cultura scolastica, ma il perimetro di attività è ben più complesso. Il Rapporto 2016 prende in considerazione due dimensioni. Il “core cultura”, cioè il nucleo di elaborazione vera e propria, e l’area circostante di attività “creative driven”, l’unica in crescita, ossia il manifatturiero “evoluto” e l’artigianato artistico. Ora bisogna sviluppare il cuore centrale del sistema, composto da quattro macro-domini: industrie creative (architettura; comunicazione e branding; design) industrie culturali (film, video, radio-tv; videogiochi e software; musica; libri, stampa ed editoria) patrimonio storico-artistico, performing arts e arti visive. Si aprono spazi enormi di elaborazione e d’impegno; ma necessita una considerazione. Se l’economia culturale e creativa può mobilitare i giovani, occorre evitare formule di lavoro tanto flessibili da trasformarsi in precariato ad oltranza. Il capitale umano è la più grande risorsa che abbiamo.

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