Antipasti appetitosi 2/3

 

L’antipasto è presente nella gastronomia dell’isola da quando, nel periodo greco, i cuochi siciliani erano rinomati e richiesti in tutta l’area del Mediterraneo. Durante il periodo romano i signori, nelle loro lussuose residenze – come la villa del Casale a Piazza Armerina o del Tellaro nei pressi di Noto marina –  imbandivano cene spettacolari. Comodamente sdraiati su triclini, in un tripudio di suoni e danze, gustavano una successione di vivande.

Petronio nel Satiricon designa con il termine “gustatio” la serie di antipasti proposti durante la cena offerta da Trimalcione, che si apriva con uno spettacolare ”asinello di bronzo le cui bisacce erano piene di olive bianche e nere”.

Più tardi in epoca barocca, in Francia e in Spagna, paesi che hanno notevolmente influenzato la cucina isolana, al termine antipasto si attribuisce un significato di contrapposizione, cioè fuori dall’opera (hors-d’oeuvre) o di intermezzo (entremès).

Proprio in posizione intermedia l’antipasto è presente tra le vivande che compongono il pranzo del Corpus Domini del 1790 nel Convento dei Benedettini di Catania. Si tratta di una “imbanata di pasta di Napoli e prosciutto” collocata tra una minestra di cous cous e un arrosto.

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