Roberto Metro ed Elvira Foti, hanno felicemente sorpreso. Al Palacultura, per la stagione concertistica della Filarmonica Laudamo di Messina, hanno presentato un’antologia di celebri Bis, mettendo “In programma… i fuori programma”. I più attraenti che possano venire in mente, trascritti per pianoforte a quattro mani. Qui è la prima delle sorprese, perché le trascrizioni sono opera del maestro Metro: brani musicali da orchestra eseguiti, non solo su strumento solista, ma da ambedue concertisti sul medesimo pianoforte. Per cui, “Sul bel Danubio blu” o la “Marcia di Radetzky”, ascoltati sin da bambino ogni capodanno in diretta da Vienna, sono stati per me come riaprire la scatola dei ricordi occultata in un cassetto. Metro dice di aver provato per gioco, quanto per passione, ad adattare le note di Strauss scritte per un’intera orchestra al virtuosismo delle mani che si muovono su di una tastiera. Ha continuato con altre partiture da interpretare brillantemente in coppia con sua moglie. Tutte sue quelle presentate, ad eccezione di Brahms e Liszt. Ecco la seconda sorpresa. Metro, ha raccontato come, cercando a Milano fino ad approdare a Budapest, abbia ritrovato gli spartiti del famoso ciclo delle sei Rapsodie ungheresi di Liszt, trascritte dallo stesso autore per pianoforte a quattro mani. Manoscritto ritenuto perso. Senza la sua perseveranza quelle note sarebbero rimaste inespressive negli scaffali di una biblioteca. Come Achille Papin, oggi i due artisti messinesi incantano la platea: «Quando facevo del mio meglio riuscivo a renderla perfettamente felice – diceva il personaggio di Karen Blixen – Per tutto il mondo risuona un solo, lungo, grido che esce dal cuore dell’artista: consentitemi di dare il meglio di me!».