Un dialogo continuo con l’eclisse

 

 

Théophile avrebbe voluto imparare ad assaporare il tempo, come non era stato mai capace di fare sino ad allora. Ascoltare ogni voce, ogni piccolo rumore intorno a lui, ogni gorgoglio, stropiccio, fruscio, brusio, persino l’eco del silenzio. Un tenue fiato d’aria gli accarezzò il volto e scarmigliò i capelli. Dalla sua finestra si apriva la mattina sui tetti di Bouville. Gli avevano sempre ricordato quelli del primo scatto di Daguerre: ombrosi, statici, silenziosi, com’era esattamente la condizione del suo spirito in quel momento preciso. L’unico cenno di mobilità sarebbe stato un sogno, che credeva di non saper più mutare in realtà. Perché la vita è troppo breve da vivere. Lo aveva scritto anche da ragazzo, su di un quadernino di scuola, vedendo entrare suo padre nella stanza. Ora ricordi come quello aumentavano sempre più e lui avrebbe voluto fermarli, come il tempo di un orologio rotto. Avrebbe voluto che quella immobilità intorno a lui, spenta, non producesse più ricordi, solo sogni futuri. Ma non sapeva con chi portarli avanti, perché intorno a lui non c’erano che affetti scomparsi. Un dagherrotipo in cui i personaggi in posa svaniscono uno ad uno. Persino i libri, troppi libri, erano scritti da autori scomparsi. Un dialogo continuo con l’eclisse. Per questo avrebbe voluto imparare ad assaporare il tempo, tornare a guardare il cielo del mattino, ad ascoltare l’orologio campanario scandire di nuovo le ore della sua giornata. Da quanti anni non vi faceva più caso? Fu allora che si sentì investito dal profumo di caffè che Marion, al piano di sotto, aveva preparato. Scorse il suo gatto sonnacchioso tra i vasi del balcone. Voleva riprendersi la vita, nessuno gliel’avrebbe concessa. Chissà se Marion gli avrebbe offerto almeno un espresso.

Théo Feel, Racconti senza senso nella babele delle lingue.

Pubblicato da Entasis.it