Caravaggio (art painting ebook)

 

«Otto nuove sale per 50 capolavori che, in qualsiasi altro Paese al mondo, basterebbero per realizzare un nuovo museo», spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt. Il nuovo allestimento, continua, «si basa su un approccio tematico e artistico che ispira e stimola la curiosità del visitatore. L’intenzione è di creare un’esperienza intellettuale sia per i non specialisti, che per gli esperti della materia».

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Oppura sfoglia questo bel libro di immagini sull’opera del grande artista. Il testo è in inglese ma le immagini parlano la lingua universale dell’Arte.

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A Parigi il successo delle paste italiane

 

A PARIGI
Aumentando la richiesta aumentò la produzione. La pasta italiana globalmente iniziò a guadagnare un posto di eccellenza nelle corti europee, che presero a consumare pasta italiana. Ad attestarlo anche il cuoco dell’ambasciatore inglese a Torino, Francesco Chapusot. A testimonianza di ciò, le varie tipologie di pasta italiana all’estero iniziano ad essere chiamate specificamente “pâtes d’Italie”. Ad usare l’espressione sono diversi cuochi stranieri, tra cui Malouin e, soprattutto, Grimod de la Reynière, un Artusi francese, che pubblicò il libro di cucina intitolato “Almanach des gourmands”, nel 1807.

A Parigi, già nel XVII secolo, si consumano “potages” (minestre) rigidamente con pastina di Genova di diverso tipo, come fidelly, lasagny o carcosonny, un tipo di pastina attualmente sconosciuto. Sulle tavole parigine, all’inizio del XIX secolo, arriva la pasta italiana, anche se la produzione locale ne argina il successo. Ciononostante, i cuochi francesi raccomandano l’uso di pasta italiana, perché quella francese ha un brutto colore, si spezza e non tiene la cottura. Tutto questo lo desumiamo dal cuoco rinomato Antonin Carême, che in un suo testo presenta la ricetta del “timballo di maccheroni alla milanese”.
Di qualità superiore, la pasta italiana di Napoli e Genova ottiene un successo internazionale tale, che perdura tutt’oggi: la pasta secca circoscritta ad ambito produttivo esclusivamente industriale, la pasta fresca limitata per lo più alle mura domestiche.

 

Un’arte di insultare come si insegnava l’etica

 

Il libro non è una trattazione astratta dell’insulto in tutte le sue forme e varianti, ma una silloge di ingiurie concretamente proferite e scagliate con categorica impertinenza contro tutto e tutti: la società, il popolo, le istituzioni, le donne, l’amore, il sesso, il matrimonio, i colleghi, il genere umano, la storia, la vita. Un’arte di insultare che ci viene insegnata come nelle antiche scuole si insegnava l’etica: non nel modo “docens” ma nel modo “udens”, non con la teoria ma con l’esempio e la pratica.

Dal risvolto della casa Editrice Adelphi leggiamo: «L’insulto è un genere al quale tutti noi – anche le nature più impassibili – finiamo prima o poi per ricorrere, trascinati da inevitabili circostanze della vita. Ma, al pari della scherma o di qualsiasi altra tecnica di attacco e difesa, l’insulto, per risultare efficace e raggiungere il suo scopo, deve diventare oggetto di studio. Benché di solito lo si associ alla rozzezza e alla collericità, saper lanciare all’indirizzo altrui l’ingiuria, l’invettiva o l’improperio adatti, scientificamente studiati, implica infatti una vera e propria arte. Rovistando fra le carte edite e inedite di Schopenhauer, abbiamo trovato quel che fa al caso».

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38 stratagemmi per ottenere ragione

 

L’arte di ottenere ragione è la versione italiana di Eristische Dialektik – Die Kunst, Recht zu behalten di Arthur Schopenhauer, pubblicato postumo. Secondo Schopenhauer, la dialettica, o arte del disputare, è “la dottrina del modo di procedere della naturale prepotenza umana”. In questo trattato Schopenhauer dà una nuova definizione di dialettica, che intende in modo diverso dagli antichi (e da Aristotele in particolare), pur riprendendone il concetto; e radicalmente diverso dai suoi contemporanei, come Hegel: cioè come dialettica eristica (questo è il titolo originale), ovvero «l’arte di ottenere ragione» a prescindere dalla verità o falsità dell’oggetto della disputa. In seguito, alla luce di questa definizione, esamina 38 stratagemmi (e relative contromosse) per difendere la propria ragione in una disputa oppure per ottenerla nel caso in cui questa stia dalla parte dell’avversario.

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L’arte della cucina nella tradizione napoletana

 

«Una cucina antica, amata, ricercata – scrive Giuseppe Trincucci nella prefazione – come quella proposta da Marinella Penta de Peppo potrebbe essere la scialuppa di salvataggio per salvarci da un possibile naufragio, soprattutto morale, che ci attende forse dietro l’angolo». Marinella inizia il suo libro con inflessibili prescrizioni di bon-ton che sanno di antico, forse di sorpassato, ma in realtà riportano a uno stile di vita, di comportamenti, che dettati dalle buone maniere divengono oggi, fra chi intende, un fattore di successo, non solo a tavola, ma nella vita. E poi ci sono le ricette. Sono quattrocento in questo libro e fra queste potremmo sceglierne una a caso e leggerla, come se si gustasse quella vivanda. Per cui ci viene da domandare: come resistere alla preparazione di un ragù, che un tempo solo la domenica si poteva gustare, dopo un rito preparatorio che durava ore. Condiva quei primi piatti, fatti in casa, rigorosamente preparati con ingredienti super-selezionati e iper-biologici. E a seguire, piatti di carne che trasferivano i loro sapori e la loro fragranza attraverso un effluvio di odori che invadeva tutta la casa. Anzi tutte le case, perché non c’era ceto sociale che, tanto o poco, non prospettasse questa filosofia di vita casalinga.

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Pittura Italiana del Novecento

 

«Forse nessuna mappa potrà contemplare mai la disomogeneità di questo “secolo breve” e troppo veloce in cui decine e decine di movimenti, di sperimentazioni, di stili, si sono avvicendati, accavallati, schiacciati ed esauriti a volte in un tempo sufficiente solo a lasciare piccole e superficiali impronte nella storia». Si esprime così il risvolto di questo libro pieno di atmosfere e tensioni pittoriche, attraverso le opere e dei più grandi artisti che il Novecento ha saputo esprimere. Sono tanti e sono questi: De Pisis, Morlotti, Gnoli, Festa, Morandi, Pirandello, Guttuso, Severini, Sironi, Tozzi, Baj, Campigli, Lanfranco, De Chirico, Corsi, Levi, Mafai, Mondino, Sassu, Minguzzi, Maccari, Boetti, Dadamaino, Bonalumi, Colombo, Fabbri, Fontana, Balla, De Luigi, Colla, Veronesi, Reggiani, Radice, Magnelli, Afro, Vedova, Perilli, Sanfilippo, Tancredi, Romiti, Accame, Chiari, Nigro, Accardi, Scanavino, Capogrossi, Turcato, Dorazio, Scialoja, Novelli, Uncini, Crippa, Burri, Manzoni, Moreni, Rotella, Schifano, Merz, Brindisi, Angeli, De Dominicis, Depero, Casorati, Birolli, Ligabue, Rosai, Licini, Tadini, Carrà.

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Il lascito di un filosofo in un diario di ricordanze

 

Per meglio apprezzare l’estratto che presentiamo, leggiamo nella scheda editoriale di questo interessante saggio di Michele Barbieri, edito da Società Editrice Fiorentina, 2010, intitolato “Eraclito d’Efeso. Diario”:

«Questo studio vuole essere una proposta di elencazione biografica dei frammenti di Eraclito secondo suggerimenti desunti per lo più dalla sensibilità letteraria e da una filologia divinatoria del personaggio. Il lascito frammentario è una raccolta di ricordanze, capostipite del genere marcaureliano e poi guicciardiniano».

«This study is intended as a proposal for a biographical listing of fragments of Heraclitus according to suggestions taken mostly from literary sensibility and a character’s divination Philology. The fragmentary legacy is a collection of memories, progenitor of the genre marcaureliano and then guicciardiniano».

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Sui luoghi della grande guerra in Vallagarina

 

Ricorre quest’anno il centenario della conclusione della cosiddetta Guerra del 1915-1918, in realtà iniziata per molti Paesi europei il 28 luglio del 1914. L’armistizio entrò in vigore alle ore 11:00 dell’11 novembre 1918, ponendo fine alla Grande Guerra. Fu così denominato, infatti, perché era il più grande conflitto armato mai combattuto fino ad allora. Interrompeva un’epoca di pace e di prosperità che ricordiamo come Belle Époque ovverosia quel periodo storico, sociale, culturale, artistico europeo che dall’ultimo ventennio dell’Ottocento giunge fino all’inizio della Prima guerra mondiale. Ne seguì una lunga guerra di posizione che ha lasciato i segni nei territori dove si svolse. Trincee, postazioni di artiglieria, gallerie, ricoveri, teleferiche, acquedotti, ne segnano i tracciati e vari Musei ne raccolgono le testimonianze dolorose. Questo testo, curato dal Museo storico italiano della Guerra di Rovereto e Vallagarina, ci offre l’opportunità di visitare “a distanza” questi luoghi e vivere i momenti salienti. 

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Museo Storico Italiano della Guerra

Sui luoghi della grande guerra in vallagarina 2017 eng  

Sui luoghi della grande guerra in vallagarina 2017 ted

L’affermazione delle “pâtes d’Italie”

 

I maccheroni di Napoli e Genova
Bisogna dire, con grande semplicità, che la produzione della pasta in gran parte proveniva da Napoli e Genova. Scarsa anche la concorrenza dagli altri pastifici nazionali od esteri, a parte i pastifici della Provenza e dell’Alsazia, dove esisteva una lunga tradizione nella produzione di pasta, in particolare in Alsazia, di quella fresca. Bisogna dire che la regione di lingua tedesca fu tra le prime a passare ad un sistema industriale.

Precedentemente, anche i pastai romani controllavano una buona fetta del mercato, tanto che, vi fu un periodo del Settecento (per la precisione nel 1752) in cui la pasta romana veniva esportata anche verso le stesse Napoli e Genova, e da lì nei paesi europei. Tuttavia, poco dopo, i vermicellari romani persero la loro supremazia, a vantaggio dei napoletani, con pasta più a buon prezzo e più buona. Addirittura, la corporazione della capitale, nel 1764, chiese alle autorità capitoline di vietare l’importazione di pasta da Napoli. Cosa che non accadde.

La parabola discendente registrata dalla pasta romana, si replicò anche per la produzione della Sicilia e della Sardegna. Le due regioni, che avevano fatto la storia della pasta nel medioevo, divennero da esportatrici ad importatrici. Persi i mercati, a causa della concorrenza napoletana, la produzione non si sviluppò adeguatamente e si bloccò a livello locale. Questo, nonostante la pasta fosse di qualità ottima (la pasta sarda è lodata allora da padre Labat).

I pastai pugliesi ressero la concorrenza di Napoli, solo perché, dal 15º secolo, avevano stipulato accordi con la Repubblica veneziana, che commercializzava la loro pasta in Europa, nell’Adriatico e verso Oriente. Questo canale si manterrà vivo fino al XIX secolo, quando la distribuzione della pasta pugliese regredì a livello regionale, come per Sicilia e Sardegna. Tuttavia, se le tre regioni persero gran parte delle esportazioni, l’aumento della domanda interna ne perdurò l’efficacia commerciale. La pasta pugliese è presente anche nel libro L’arte della cucina, di Don Felice Libera, autore del ‘700. Molto lodata la pasta di Brindisi.

Maurizio Ferraris: filosofia e web

 

Torniamo ad incontrare Maurizio Ferraris, ascoltando una intervista su web e tv ancora attualissima, anche se è stata realizzata ad aprile del 2010 nell’ambito degli studi della LUISS, (a cura di Lucilla Guidi, riprese e montaggio Andrea Giannone, pubblicata su www.caffeeuropa.it). Ferraris, docente nell’Università di Torino, riprende e sviluppa alcuni concessi espressi da Jacques Derrida e con estrema chiarezza discorsiva lega alla realtà dei nostri giorni le tecnologie informatiche e la metafisica. Tutto questo per faci scoprire che “il futuro è scritto”.

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