Storia dello sviluppo espressivo dell’arte

 

La storia dell’arte occidentale viene di solito fatta iniziare, dopo le esperienze preistoriche, con l’arte minoica e micenea, anche se secondo alcuni filoni storiografici essa deve comprendere anche l’arte egizia e l’arte mesopotamica, a partire quindi dal terzo millennio a.C.

Un primo fondamentale impulso allo stile “occidentale” venne dall’arte greca, che creò quell’ideale estetico di naturalismo e ricerca di perfezione armonica che va sotto il nome di classicità. Un primo momento di “koiné”, cioè di ampia diffusione culturale, si ebbe con l’arte ellenistica, che grazie all’Impero di Alessandro Magno riguardò ampie zone dell’Asia e dell’Africa, oltre alla Grecia stessa.

Le forme greche influenzarono l’arte italica e furono riprese con continuità e sviluppate nell’arte romana: grazie all’ampiezza del dominio dell’Impero romano si ebbe un nuovo momento di irradiazione culturale, dalla Britannia al Nord Africa, dalla Spagna all’Asia Minore.

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Cento anni di strumenti della Scienza

 

Ricostruire un importante pezzo di storia locale attraverso gli strumenti scientifici che il tempo è riuscito a preservare e a tramandare. Oggetti che costituiscono un vero e proprio patrimonio non solo per la scuola che li accoglie, ma anche per l’intera città. Il liceo classico “Cagnazzi” ha pubblicato recentemente “Gli strumenti della scienza” (Torre di Nebbia edizioni), un catalogo di oltre 250 strumenti scientifici appartenenti alla Collezione dell’istituto scolastico altamurano. Una minima parte rispetto a quelli conservati e ancora da schedare. Il volume rappresenta il risultato di oltre due anni di lavoro che ha visto impegnati docenti, studenti ed esperti di settore. Il catalogo rientra nel progetto Odisseo, finalizzato alla creazione di un Museo degli strumenti scientifici storici e di un Laboratorio delle Scienze. 

CONTINUA LA LETTURA: Al liceo “Cagnazzi” di Altamura un Museo-Laboratorio degli strumenti scientifici storici.

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Napoli e la Reggia di Capodimonte

 

La lunga storia della Reggia di Capodimonte, a Napoli, ha inizio nel 1738, quando venne commissionata da parte di Carlo di Borbone. Vi fu allocata la collezione Farnese e diverse opere d’arte già a partire dal 1758. Tuttavia, il palazzo fu utilizzato soprattutto come residenza dei re borbonici, ma nel tempo ospitò Napoleone Bonaparte e Murat, altro re napoletano. Dopo l’Unità d’Italia divenne proprietà dei Savoia. A partire dal 1957, vi ha sede, valorizzandola (se mai ce ne fosse stato il bisogno), il Museo nazionale di Capodimonte. La Reggia (in parte ricostruita) mostra arredi delle varie famiglie dinastiche che vi hanno abitato, ma anche dipinti e sculture di pregio, realizzate da artisti, anche europei, del XVIII e XIX secolo.

Nel secolo scorso inizialmente la Reggia di Capodimonte, fu dimora di Vittorio Emanuele III di Savoia, quando si recava a Napoli. Benché divenuta proprietà del demanio nazionale nel 1920, la reggia continuò ad ospitare il duca di Aosta. Questo almeno fino al 1946, quando, al termine della seconda guerra mondiale, il duca la lasciò allo Stato italiano; ma in particolare, nel 1949, quando fu deciso di trasformarla in museo. La complessa opera di restauro del fabbricato storico iniziò nel 1952 per concludersi nel 1957, con l’apertura al pubblico del museo di Capodimonte. Purtroppo, il terremoto dell’Irpinia, comportò danni alla struttura. Si rese necessario un ulteriore restauro. Dal 1995 al 1999, vennero aperti, in successione, i tre livelli (primo piano, secondo e terzo).

Il museo di Capodimonte
Nel museo della Reggia, oltre agli appartamenti reali, trovano sede una galleria di arte antica e una di arte contemporanea. La prima si distingue per l’importanza dei dipinti custoditi, con autori del calibro di Raffaello, Tiziano, Parmigianino, ma anche Bruegel il Vecchio, El Greco, Guido Reni e Ludovico Carracci. Ma non basta. Nella Reggia, infatti, è aperta la cosiddetta Galleria Napoletana, che racchiude dipinti salvati dalla distruzione, con composizioni di Simone Martini, Colantonio, Caravaggio, e Francesco Solimena, Ribera e Luca Giordano. Nella galleria di arte contemporanea spicca, fra gli altri, una composizione di Andy Warhol.

L’UNESCO
Nella sessione che si è svolta a Doha nel Qatar (la 38a), l’area di Napoli, già individuata come Patrimonio dell’Umanità, si è arricchita di diverse zone di protezione e tutela. Ciò ha permesso l’allargamento del perimetro di tali protezioni, già comprensivo di tutti gli edifici monumentali inseriti nell’elenco della 35a sessione di Parigi del 2011. La Reggia e il parco di Capodimonte sono le aree principali, ma ve ne sono individuate nella stessa città di Napoli come Villa e Parco Floridiana, Villa Rosbery, Villa Comunale, Castel Sant’Elmo, la Certosa di San Martino e il Real Orto Botanico. Nel 2014, è stato deciso di avviare i lavori di messa in sicurezza degli edifici relativi alla Reggia di Capodimonte e al complesso monumentale di Santa Chiara.

Il parco
Il grande parco della reggia di Capodimonte fu utilizzato dai re borbonici per battute di caccia e per lo svolgimento di feste per la corte napoletana.

L’area a verde fu realizzata, nel 1743, su progetto di Ferdinando Sanfelice, che immaginò il parco come un grande giardino barocco. Nell’Ottocento venne restaurato da Federico Dehnhardt, che gli diede, invece, l’aspetto di un parco all’inglese. Nato nel periodo in cui venivano aperti gli orti botanici europei, il parco della reggia di Capodimonte possiede oltre 400 varietà di piante secolari. Ad esse vennero aggiunti alberi da frutto, specie esotiche e palme. Queste ultime, in particolare, negli anni Cinquanta.

Quando, nel 1957, la Reggia è divenuta museo, il parco si è trasformato in area verde aperta al pubblico. Al suo interno sono sparse varie statue e fontane. Vi si trovano anche piccole costruzioni, come la casina dei Principi (utilizzata per le feste), e piccole chiese come quelle di San Gennaro e dell’eremo dei Cappuccini.
Essendo Capodimonte famosa nel mondo per le sue ceramiche, volute dai Borbone, all’interno del parco si trovano alcune costruzioni utilizzate come fabbriche, ma anche per scuole di ceramica in stile napoletano. Nel 2012 si è ritenuto interessante accludere al parco una zona dedicata ad orto, per piante alimentari proprie dell’area campana.

ENCICLOPEDIA TRECCANI: NAPOLI

VIDEO SU NAPOLI:
Museo di Capodimonte- Le collezioni ed appartamenti
La Reggia di Capodimonte
Vedi Napoli e poi muori (Magnifica Italia)
Napoli Borbonica vista da Philippe Daverio

Fonte immagine: Reggia di Capodimonteda Wikimedia Commons

 

Società della rete e media, visti da Umberto Eco

Avete un’oretta da impiegare per vedere questo interessante intervento del grande Umberto Eco, scrittore e semiologo, che il 26/03/2014 incontrò gli studenti dell’Università degli Studi di Milano nello Studio televisivo del CTU. A moderare l’evento era Giovanni Turchetta, critico Letterario e Direttore del Dipartimento di Scienze della Mediazione linguistica e Studi interculturali.

L’intervista offre un ritratto di Umberto Eco scrittore, pensatore, intellettuale; ma soprattutto un professore con quel tratto unico di dialogare e ascoltare che caratterizza da sempre il vero “maestro”. Eco ci intrattiene su di una molteplicità di argomenti: il mondo dei mass media da “Apocalittici e integrati” alla nascita della Rete, dalla dicotomia tra cultura d’élite e cultura popolare al superamento di tale contrasto con Charlie Brown e i Beatles, dalla predilezione per i libri su carta alla mancanza di coscienza da parte degli auditori di essere pubblico di massa.

 

 

Un manuale di fotografia per gli appassionati

 

Quello che presentiamo è la versione ampliata, corretta e aggiornata del manuale di fotografia digitale che Diego Rosato ha pubblicato nel 2013. Il testo si può scaricare, a vantaggio degli appassionati che nella fotografia cercano emozioni da restituire attraverso immagini. Diego è un buon compagno di lavoro, perché accompagna passo passo i suoi lettori nella spiegazione di quest’arte affascinante quanto complessa, ricordando la sua apprensione quando l’apprendista era lui. 

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I mangiamaccheroni nelle strade di Napoli

 

In uno scritto del 1758, vengono riportate informazioni sul consumo alimentare della città di Napoli. A quella data risulterebbe un consumo di 140.000 tomoli di pasta, mentre il quantitativo di farina per la lavorazione del pane è di 300.000 tomoli. I dati sono riferiti ad una popolazione di 350.000 persone. Quindi la produzione del pane risulta il doppio di quella della pasta. C’è da chiedersi il perché di un modo di dire che vuole i napoletani come “mangiamaccheroni”. Forse perché i turisti a Napoli, passeggiando per le strade, occupate anche da pasta stesa al sole, potevano mangiare un piatto di pasta condita con formaggio grattugiato, direttamente sul posto con le mani. Il tutto pagando poco.

I maccheroni con sopra una salsa di pomodoro, oppure un timballo di maccheroni, diventeranno il simbolo della città partenopea, icona dell’Italian food. Guarda caso a Napoli è stata inventata la pizza, chiamata, appunto, “pizza napoletana”. Dalle ricette più semplici a quelle più raffinate e complesse, la cucina italiana si differenzia da tutte le altre cucine del mondo intero, anche per la pasta molto apprezzata ovunque.

Caravaggio, Lectio Magistralis di Vittorio Sgarbi

 

Caravaggio – L’anima e il sangue è il nuovo film d’arte prodotto da Sky e Magnitudo Film (regia di Jesus Garces Lambert) dedicato ad uno degli artisti più controversi e osannati al mondo: Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio. Ancora una volta, l’artista lombardo riesce ad attrarre polemiche, come quelle che hanno accompagnato l’uscita di questo documentario. L’assessore regionale alla cultura, Vittorio Sgarbi, si è schierato con il sindaco di Messina, Renato Accorinti, in merito al fatto che il docufilm su Caravaggio non fa alcun cenno al periodo messinese dell’artista. «Non si può immaginare un film su Caravaggio – dice Sgarbi – senza un’attenzione particolarissima all’epilogo della sua vita e della sua opera, che si compie, appunto, a Messina, tra plauso e disperazione tra affermazione e persecuzione. Il momento messinese di Caravaggio è cruciale». Bene! Ascoltiamo allora il critico e assessore Sgarbi in una memorabile Lectio Magistralis in occasione del 400º anniversario della morte del pittore, tenuta a Salsomaggiore Terme, venerdì 11 Giugno 2010.

 

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Caravaggio l’Anima e il Sangue TRAILER  Viaggio emozionante nel mondo di Caravaggio, un mondo di cui la nostra storia non può più fare a meno.

 

Tutte le tendenze nell’arte contemporanea

 

L’arte contemporanea non va confusa con i lavori dell’arte moderna, nonostante le tendenze e i movimenti si possano direttamente riferire al modernismo. Molte delle direzioni dell’arte moderna sono coinvolte nell’esplorazione base della pittura, per esempio del colore, del colpo di pennello e della tela di canapa. Il filosofo e critico d’arte Arthur Danto ha asserito che il modernismo (inteso come storia dell’arte stessa) è arrivato alla sua fine con la realizzazione delle scatole Brillo di Andy Warhol, le quali hanno funzionato come arte stessa nonostante fossero altamente distinguibili dalla loro controparti della realtà. Queste sculture quindi hanno segnato la fine tra oggetti d’arte e oggetti non artistici.

Si tratta di un fenomeno che ha avuto nello studio e nella ricerca su sé stesso parte importante della sua realtà. Lo studio degli strumenti artistici spesso innovativi e l’uso degli stessi senza altro fine hanno caratterizzato molta parte di ciò che possiamo definire arte contemporanea.

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L’elenco dei movimenti artistici suddivisi per decadi


L’arte di oggi raccontata dai più grandi esperti

 

L’espressione arte contemporanea si riferisce al corpo di movimenti e tendenze artistiche sorte nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, anche se questa periodizzazione non sempre viene (o può essere) rigorosamente rispettata.

L’arte creata o rappresentata dalla fine del modernismo è alcune volte chiamata arte postmoderna, tuttavia postmodernismo si può riferire sia al contesto storico che all’approccio estetico utilizzato; per di più molti lavori di artisti contemporanei non presentano quegli elementi chiave che caratterizzano l’estetica postmoderna, l’aggettivo contemporanea può quindi essere preferito perché più inclusivo. Come nelle ricerche critiche di altre discipline comunque, il termine contemporaneo indica che il periodo di interesse e di studio in oggetto non ha esaurito le sue spinte propulsive ma che, invece, sono ben vive nel presente e proprio per questo di difficile definizione.

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Un veloce manuale sulla Street photography

 

Un veloce manuale di arte fotografica ce lo propone il suo stesso autore, Diego Rosato. E chi vuole, lo può anche scaricare e nelle ultime pagine è corredato di link che rimandano a specifici siti. Scrive Diego nella sua prefazione che dopo aver aperto il proprio sito Web dedicato espressamente alla fotografia ha cominciato a scrivere una serie di articoli sulla Street photography e, una volta completati, ha pensato di riorganizzarli in un piccolo libro di approfondimento, quale veloce guida di base. Certo non è un’opera esaustiva, visto che nessun lavoro sull’argomento potrebbe essere tale; ma è certamente una buona base di partenza per cominciare una nuova passione.

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