Le nuove tecnologie per la produzione della pasta

 

Nelle regioni dell’Italia Settentrionale, o in Francia, nella Provenza, sorsero pastifici moderni perfettamente meccanizzati, azionati da motori instancabili. Nelle regioni meridionali, invece, già in storico ritardo, ci si mosse lentamente verso la meccanizzazione, che comunque, alla fine, arrivò anche al Sud.
Nei pastifici la produttività aumentava se si migliorava l’efficienza stessa delle macchine a disposizione. Così assistiamo all’introduzione di nuovi macchinari o al perfezionamento di quelli consueti come la gramola a stanga. Tra le innovazioni: i torchi orizzontali, dotati di grandi ruote a forma di pala.
Con un mercato in forte crescita e la possibilità di una meccanizzazione per l’aumento della produzione, il settore della pasta richiama finanzieri, imprenditori e ricchi commercianti, che investono denaro e organizzano nuove realtà produttive. In più si apre un nuovo settore, quello dell’ideazione e produzione di macchinari per una sempre più sviluppata industrializzazione.

È il successo delle idee e dell’iniziativa. Ne è un esempio la società Guppy & Co, fondata da due ingegneri, nel 1853 a Napoli. Sebbene inizialmente si occupasse della costruzione e riparazione di locomotive a vapore, nei decenni successivi allargò il suo mercato di riferimento, costruendo motori e caldaie a vapore per mulini, frantoi da olio, torchi idraulici e attrezzature varie per la produzione della pasta. Uno di questi ingegneri, Giovanni Pattison, fonda con i suoi figli, nel 1864, la C.T.T. Pattison, che produrrà la prima gramola automatizzata, detta gramola a coltelli. Renato Rovetta, anch’esso ingegnere, la considerò la “migliore gramola per paste molli ad acqua bollente”. Ciononostante, a causa della forte concorrenza presente nel settore, la società svizzera Fratelli Bühler contrappose la sua gramola a molazza, che registrò un ottimo successo. L’invenzione poteva essere mossa indifferentemente dalle nuove energie del tempo, vapore o elettricità.
Nel 1880, ecco apparire la nuova gramola a rulli conici, costruita dalla società Ceschina e Busi di Brescia. Anch’essa ebbe ovunque molto successo, meno che a Napoli, dove aveva pure una succursale, perché nel napoletano si preferiva la gramola a coltelli.

Alla fine del secolo l’industria lombarda si afferma sul mercato metalmeccanico. La stessa fabbrica Ceschina e Busi viene assorbita dalla più grande Officine Riunite Italiane. Sempre di Brescia è la società Guglielmini. A queste si aggiunge, a Milano, la società Breda. In Piemonte si distingue la ditta Losa e Campo di Torino. Inutile dire che l’affermazione tecnologica della Lombardia su Napoli, significò uno sviluppo più deciso della stessa industria della pasta. Ciononostante, la società napoletana C.T.T. Pattison, mantenne la superiorità nell’ambito della creazione e produzione di macchinari per la pasta. Introdusse, infatti, sul mercato un torchio idraulico soprannominato ”a gotto montante”, veramente innovativo, che prese il posto del vecchio torchio a vite. La ricerca della soluzione globale, sarà rimandata al Novecento, ma la vasta gamma di attrezzature dà effervescenza ad un settore redditizio, data la forte domanda sempre in crescita. Tra le creazioni del periodo, ricordiamo il “voltapasta automatico”, che spinge automaticamente, la pasta sotto i rulli della gramola.

Angoli di paradiso o semplicemente giardini di Sicilia?

 

Nella sua Odissea, Omero definì la Sicilia «verde isola Trinacria» per le peculiarità naturali. Ecco allora che il nostro “passeggiare per giardini” è il giusto riflesso conseguente alla graduale scoperta del territorio. Questo libro è in gran parte una inedita mappa dei luoghi: dipana pagina dopo pagina le tipicità dell’Isola. Ogni testo e ogni immagine decanta e valorizza il cosiddetto giardino mediterraneo, riverberandolo in tutta la propria essenza naturalistica e pregnanza culturale. Lettori, curiosi e appassionati, potranno diventare in seguito anche dei visitatori, sommandosi alla moltitudine di turisti internazionali che questi angoli di paradiso vengono ogni anno a visitare. Ma pure semplicemente restando comodamente sprofondati sul divano del salotto, a sfogliare queste pagine, ciascuno farà esperienza del ricco patrimonio botanico siciliano.

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Citati racconta Omero e la nascita della letteratura occidentale

 

Del rapsodo cieco ed errante che canta le gesta di dèi ed eroi nei poemi dell’Iliade e dell’Odissea si hanno notizie vaghe e leggendarie. La sua figura è da sempre avvolta nel mistero e la sua esistenza fu oggetto di controversia già in tempi remoti. Numerose città si contesero l’onore della sua nascita e discordanze si hanno anche sulle epoche in cui sarebbe vissuto.

 

Atlante delle spezie per rendere la vita gustosa

 

Le spezie colorano la cucina; la fanno più ricca, varia e gustosa; rendono la vita più fragrante. 32 spezie (le principali e quelle meno conosciute), 11 miscele, 101 ricette: questi i numeri dell’atlante, nel quale di ciascuna spezia è dichiarata la provenienza, tracciata la storia, segnalate le modalità di uso in cucina e, talvolta, anche nella farmacopea popolare. Quali sono? Ben presto detto: Allspice o Pimento – Anice – Assa fetida – Baharat – Berberè – Cajun – Cannella e Cassia – Cardamomo – Carvi – Chili – Chiodo di garofano – Cinque spezie – Combava – Coriandolo – Cumino – Curcuma – Curry – Fieno greco – Finocchietto – Galanga – Garam masala – Ginepro – Harissa – Lemongrass o Citronella – Mitmita – Nigella – Noce moscata e Macis – Paprika – Pepe – Peperoncino – Rafano – Ras el Hanout – Semi di Papavero – Semi di Sedano – Senape – Sesamo – Sommaco – Tamarindo – Tandoori masala -Vaniglia – Wasabi – Zafferano – Zenzero o Ginger.

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53 tappe percorrendo la Sicilia in mountain bike

 

Una guida (ma solo le prime 37 pagine) alla scoperta della Sicilia, dei territori di Agrigento, Palermo e Trapani ma anche i parchi delle Madonie, dei Nebrodi e dell’Etna, tutto percorrendo itinerari che presentano le caratteristiche da sogno: polvere all’infinto e sentieri che passano dalla natura più selvaggia a piccoli ed accoglienti borghi popolati evitando quasi completamente l’asfalto. Una miniera inesauribile per chi vuole visitare la Sicilia con una bici da XC o da All Mountain, o anche da Enduro con la particolarità che gli itinerari possono essere composti come un puzzle per rendere il viaggio senza sosta da un paese all’altro, dall’entroterra al mare o lungo la costa o attraversare la Sicilia da costa a costa! Una guida alla scoperta della Sicilia ancora genuina, attraverso percorsi sconosciuti al turismo di massa, che consente al biker o al cicloturista di godere di un patrimonio straordinario e incantevole frutto di una miscela di sole, natura, arte, cultura, storia e cucina disponibile 365 giorni.

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Il Libro dei morti: formule per il mondo ultraterreno

 

Il Libro dei morti si formò nell’ambito di una tradizione di manoscritti funerari risalenti all’Antico Regno dell’Egitto. I primi testi funerari furono i Testi delle piramidi, impiegati per la prima volta nella piramide del faraone Unis della V dinastia (morto intorno al 2350 a.C.; tali testi erano scolpiti sulle pareti delle camere sepolcrali all’interno delle piramidi dei soli faraoni (e, a partire dalla VI dinastia, di importanti “spose reali”). Molti dei Testi delle piramidi furono redatti con geroglifici oscuri e inusuali; molti segni raffiguranti esseri umani o animali venivano lasciati incompleti o mutilati per impedire, simbolicamente, che arrecassero un qualsiasi danno al sovrano defunto. Lo scopo dei Testi delle piramidi era aiutare il re a prendere il proprio posto fra gli dei, in particolare a riunirsi con Ra, il suo genitore divino; l’aldilà era immaginato, in tale fase storica, nei cieli, non come l’oltretomba sotterraneo descritto nel Libro dei morti. Alla fine della VI dinastia i Testi delle piramidi cessarono di essere un’esclusiva dei faraoni e furono adottati anche da nobili, alti funzionari e governatori locali (nomarchi).

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Campania: una guida generale alle sue bellezze

 

«Questa regione è così felice, così deliziosa, così fortunata, che vi si riconoscere in evidente l’opera prediletta della natura. Quest’aria vitale, la perpetua mitezza del cielo, la campagna così fertile, i colli solatii, le foreste sicure, le montagne perdute fra le nubi, l’abbondanza di viti e di ulivi… E tanti laghi, e dovizia di acque irrigue e di fonti, tanti mari e tanti porti! Una terra da ogni parte aperta ai commerci e che, quasi per Incoraggiare gli umani, stende le sue braccia nel mare». Sono parole di Plinio il Vecchio nel descrivere la Campania e scelte ad apertura di questa guida breve. Le immagini di oggi non fanno che confermare quanto descritto in proposito già in epoca romana.

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Ottocento: innovazioni e brevetti nel settore della pasta

 

Già nel Regno borbonico, agli inizi dell’Ottocento, si era sviluppata un’attenzione particolare verso l’uso di macchine e motori. Un po’ ovunque nel Regno delle Due Sicilie. Tanto che, a Napoli, iniziò ad operare la “Reale commissione per l’incremento industriale”. Le premesse, quindi, vi erano tutte. La commissione prese in considerazione diverse innovazioni e brevetti, anche nel settore della pasta. Vengono presentati strumenti con piccole modifiche. Come la variante alla gramola a stanga avanzata da Salvatore Savarese, pastaio, ma anche modifiche molto più complesse. È il caso dell’ingegnere Cesare Spadaccini, che fa esaminare il suo progetto di un “Novello e grande stabilimento di pasta con l’Uomo di Bronzo”. Quest’ultimo era una specie di robot, che impastava utilizzando i suoi piedi di legno. In pratica era un automatismo che replicava il lavoro umano degli operai, che in effetti impastavano anche con i piedi. Spadaccini, però, non era motivato a creare un nuovo macchinario, ma piuttosto era interessato a una modifica igienista. Ma non basta.

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Cesare Spadaccini si rivelò un utopista “ante litteram”, proponendo molte ulteriori idee. Prefigurava che il mondo dell’industria dovesse essere rigidamente regolamentato. Tale procedura era obbligatoria per i dipendenti. Innanzitutto, gli operai giunti alla fabbrica si svestivano utilizzando spogliatoi separati. Qui, dovevano lavarsi e cambiarsi d’abito, indossando una tuta da lavoro (la fornitura spettava all’azienda). Spadaccini prevedeva inoltre una serie di incentivi, come in caso di malattia o incidente; proponeva anche una piccola dote per le figlie degli operai validi, che andavano in sposa. In ultimo, lo stipendio doveva essere maggiorato, ma pagato per una metà in denaro e l’altra metà direttamente in natura, con la pasta prodotta dalla fabbrica stessa.
Tali concezioni si possono considerare innovative, nella misura in cui prefigurano il futuro del mondo industriale. Ma già nel 1830 lo scrittore Andrea de jorio considerò tutto questo come un pezzo da museo. Spadaccini aprì anche un proprio pastificio, dove cercò di applicare le sue idee. Inutile dire che non fece molta strada.
Le modernizzazioni da lui proposte, comunque le si voglia considerare, rappresentano l’alba di un settore in cambiamento. Altri imprenditori imiteranno le sue anticipazioni. In ogni caso, a partire dal 1850, bene o male inizia a svilupparsi quella che sarà la vera e propria industria della pasta.

 

Italo Calvino: Perché leggere i classici

 

Diviene lecito definire classico quel libro che sappia esercitare una notevole influenza sia quando resta fisso, indelebile nella memoria, sia quando viene rimosso, pur rimanendo nascosto fra le pieghe della memoria, mimetizzandosi o dettando i comportamenti del proprio inconscio. Ad ogni rilettura di un classico quindi, capita sovente di riconoscere dei propri atteggiamenti assimilati durante le letture di gioventù; proprio per questo motivo, è necessario affermare che ogni rilettura d’un classico è una lettura di scoperta, come fosse la prima lettura, e che la prima lettura d’un classico è in realtà una rilettura. Insomma, si dice classico quel libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.

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Le storie scritte sopravvivono

Affermava Umberto Eco che «vi sono momenti magici, di grande stanchezza fisica e intensa eccitazione motoria, in cui si danno visioni di persone conosciute in passato… Si danno altresì visioni di libri non ancora scritti». Similmente questo primo volume di Esperienze Mediterranee, e quelli che verranno dopo, li ho letti prima ancora che siano composti. Con lontananza ansiosa, ne ho sfogliato le pagine, una dopo l’altra. Sarà perché mi piace raccontare storie – storie scritte, fotografate, disegnate – sempre però legate alla realtà di un progetto. Anche una pubblicazione è un progetto: non è la semplice combinazione dei contributi di singoli autori. Ogni brano, ogni immagine, è quello che è in virtù delle relazioni che riesce a instaurare. Anche quando il volume è concluso si capisce che una pubblicazione è l’insieme progressivo dei numeri della collana di cui fa parte, quelli che vengono prima e quelli che nasceranno. È per questo che occorre un progetto da seguire, sulla scorta di propositi che, messi in atto, ne tratteggino l’immagine complessiva. Insieme costruiremo, raccogliendo documenti, la microstoria di questo nostro gruppo di lavoro nato su WhatsApp, che in Esperienze Mediterranee dovrebbe riassumere il respiro ampio del Mare che accomuna tante storie differenti. Così da dire, per usare le parole di un personaggio di Luigi Malerba: «Qualcuno leggerà questa storia, non importa quando. Le storie scritte, a differenza dei fatti della vita che voi chiamate realtà, sopravvivono a tutte le intemperie senza spegnersi mai… Le storie scritte possono venire rubate, trafugate, corrotte, riraccontate o riscritte con altre parole e in altre lingue superando il corso dei secoli, mentre i fatti della vita si consumano e scompaiono per sempre dopo che sono avvenuti».