TaoBuk – La “rivoluzione” delle parole si fonde con quella dei luoghi

 

 

Parlare di qualcosa che deve ancora avvenire è curioso, perché non esiste ancora tranne che nelle menti, quelle di coloro che hanno progettato l’Ottava Edizione di TaoBuk e quelle del pubblico che vi parteciperà numeroso. Per cui oltre all’articolo di Stampa che abbiamo scelto di presentarvi, fra i molti che parlano della manifestazione, andiamo a spiluccare notizie, qui e là, volendo cogliere quanto di più allettante troviamo. Al centro di Taobuk c’è  la letteratura: come tutti gli anni, si è individuato un tema attorno al quale dibattere con i maggiori protagonisti della scena culturale, sia internazionale che italiana. Il tema del 2018 è quello delle “rivoluzioni”. Sentiamo perché: «Il 2018 è l’anno in cui ricorrono gli anniversari della scomparsa di Bob Kennedy, Mahatma Gandhi e Martin Luther King; il centenario dalla nascita di Nelson Mandela; l’anniversario della Carta dei Diritti dell’Uomo e della Costituzione Italiana; il cinquantesimo anniversario dai moti del Sessantotto. La storia dell’umanità è costellata da trasformazioni che ne hanno determinato il progresso, il rinnovamento. Ma rivoluzioni sono anche i piccoli cambiamenti che quotidianamente influenzano le nostre esistenze, preludio di ben altri radicali mutamenti della Grande Storia». A questo punto vale chiedersi: che cos’è una rivoluzione? Lo spiegherà, con una lectio magistralis, Amos Oz che si considera un evoluzionista più che un rivoluzionario. Questa è una delle prospettive sotto cui guardare il termine di rivoluzione. Non mancheranno, infatti altre prospettive: la rivoluzione personale di Elizabeht Strout, o la rivoluzione come movimento stellare o come destino di un intero Paese, trattati dal filosofo Fernando Savater; oppure la rivoluzione prodotta dei contenuti dei libri, raccontata da un infaticabile lettore, scrittore e giornalista come Matteo Collura.

Ma le rivoluzioni si possono raccontare anche a viva voce, non solo per iscritto, attraverso gli eventi che hanno fatto la storia. In una prospettiva differente si può osservare la rivoluzione delle idee, ponendo l’interrogativo: come il pensiero, l’arte e la letteratura leggono il cambiamento? In fondo, – dicono gli organizzatori di TaoBuk, coordinati da Antonella Ferrara, presidente e direttore artistico –  è il potere rivoluzionario della narrazione quello da cui tutto parte e a cui tutto si riduce: si può riassumere con quella necessità antropologica innata dell’uomo di raccontare e sentir raccontare storie. Naturalmente non mancheranno, come ogni anno, le tavole rotonde: saranno due, dedicate a editoria e giornalismo. Taobuk è anche arte. Quale arte? «Con la mostra di libri antichi e di pregio “Geografie Sentimentali” il festival vuole valorizzare l’immenso archivio librario proveniente dalla Biblioteca Regionale di Messina, un fondo antico che conserva incunaboli e manoscritti e un patrimonio librario di centinaia di migliaia di volumi sulla storia siciliana arcaica. In mostra ci saranno testi antichi, atlanti, mappe, incisioni e libri con moltissimi riferimenti alla storia della Sicilia antica e al ruolo nevralgico di Messina tra il Medioevo e l’inizio dell’Età Moderna». Insomma le sezioni che compongono questa variegata manifestazione sono molte. Non abbiamo ancora parlato di Arti Visive, Fud Hub, Cinema, TaoKids e neppure degli ospiti, tanti personaggi di primo piano del mondo culturale, editoriale, dello spettacolo. Si ritroveranno tutti sul palco del Teatro Antico e nelle più suggestive location di Taormina per offrire al pubblico la Ottava Edizione del Festival, con l’augurio di trasformare la città in un salotto a cielo aperto della letteratura e delle arti.

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RIVOLUZIONE. Il termine rivoluzione (dal latino revolutio -onis, “rivolgimento, ritorno”, derivato dal verbo revolvĕre “rovesciare”) nel suo significato più ampio indica qualsiasi cambiamento radicale nelle strutture sociali come quello operato ad esempio dalla rivoluzione industriale, da quella tecnologica o in particolare da quella culturale come auspicavano gli illuministi nel secolo XVIII con la redazione dell’Encyclopédie: «Quest’opera produrrà certamente, col tempo, una rivoluzione negli animi ed io spero che i tiranni, gli oppressori, i fanatici e gli intolleranti non abbiano a trarne vantaggio. Avremo reso un servigio all’umanità». (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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CORRIERE DELLA SERA

Omaggio alla creatività ribelle
Tutte le rivoluzioni di Taobuk

Innovazioni del XX secolo: paste colorate e paste glutinate

 


In Francia, all’inizio del Novecento (nel periodo della Belle époque), si diffusero le cosiddette “paste neve”. Erano scagliette leggerissime di pasta. Così raffinate e introvabili da costare dieci volte un’aragosta.

LA PASTA COLORATA
Poiché, invece, gli italiani preferivano le paste condite con pomodoro o con verdure, furono create le paste colorate, tra cui quelle con nell’impasto il 10% di liquido di pomodoro (pasta rossa) o di spinaci (pasta verde). Nel XX secolo, quindi, prese piede anche l’usanza di colorare la pasta, principalmente per dare la sensazione dell’uovo. Inizialmente con lo zafferano, dopo con il cardamomo e adesso con coloranti chimici. I coloranti, già da allora, erano denunziati direttamente sulle etichette o sulle confezioni. L’usanza italiana, tuttavia, non piacque al mercato americano, la cui produzione evitava coloranti (forse per distinguersi nella concorrenza).
Tra le altre sperimentazioni, in Sicilia si diffuse la “pasta a mano, uso Palermo”. La sua caratteristica era quella di non seccare “mai”. In pratica nell’impasto veniva aggiunto più sale (130 grammi di sale ogni chilo di semola), che permetteva di mantenere la morbidezza per lungo tempo.
Il settore delle paste ripiene rappresentò per lungo tempo una sezione mista a sé stante. Essa univa alla preparazione a mano le semplificazioni meccaniche. In pratica si produceva la sfoglia già ritagliata a macchina, a cui succedeva la lavorazione manuale, in genere femminile. Questo venne superato negli anni ‘20, quando apparvero sul mercato le prime macchine per la produzione integrale di ravioli, tortellini e cappelletti.

LA PASTA GLUTINATA
Nello stesso periodo entrano in scena le paste speciali con la presenza di particolari sostanze, ad esempio con l’aggiunta di glutine, diastasate e a uso medicinale. In realtà le proprietà medicinali del glutine erano conosciute da tempo. Nel 1728, infatti, Jacopo Bartolomeo Beccari scrisse un testo sulle sue qualità terapeutiche. Già allora era usanza aggiungere all’impasto della pasta un 10 o 15 % di glutine. Esse sono mirate in particolar modo al mercato dei bambini piccoli, o dei malati e convalescenti. In genere vengono utilizzate come paste da brodo e hanno formati diversi, spaghettini o pastina da minestra.
Il glutine sin dagli inizi, essendo considerato salutare e fortificante, era pubblicizzato sul mercato come tale. Il glutine, comunque, aumentava il valore nutritivo, un ottimo metodo per rinforzare i bambini piccoli e per i deboli di stomaco. Accadeva, a volte, che dei pastai a corto di semole, aggiungessero alla farina bianca del glutine per dargli consistenza.