Pablo Picasso – L’uomo che di ogni opera faceva un monumento

 

Scrivevamo che FLIP è un angolo di Experiences dove mettere in risalto alcune buone letture; oggi aggiungiamo anche le buone visioni (quelle filmiche, naturalmente). È in televisione la seconda serie di “Genius”. Dopo Einstein, National Geographic racconta, infatti, uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Parliamo di Picasso, la cui biografia televisiva è in onda dal 10 maggio su National Geographic Channel. La serie s’incentra su due momenti dell’esistenza del pittore: la giovane età (grosso modo protratta ai 40 anni) interpretata da Alex Rich, e la maturità (dai 40 ai 92 anni) che vede quale protagonista credibile e convincente Antonio Banderas. Una particolarità, a margine: Pablo Picasso e Antonio Banderas sono ambedue nati a Malaga e l’attore, per sua stessa testimonianza, sembra che abbia in più occasioni rifiutato d’interpretare il ruolo, per deferenza nei confronti del grande “genio” spagnolo. Naturalmente, non c’è alcun bisogno di spiegare chi sia Picasso. Ovunque si appella come “padre del cubismo”. In verità, la svolta cubista si verificò tra il 1906 e il 1907, influenzato dalla retrospettiva sulla pittura di Cezanne, scomparso in quel periodo, e  dalla scultura africana, riscoperta di quell’esotico primitivismo che aveva affascinato Gauguin e tanti dopo di lui. Nel 1907 diede vita a «Les demoiselles de Avignon» che contrassegnò l’inizio della stagione cubista di Picasso, che strinse un intenso sodalizio artistico con George Braque. Le loro opere di questi anni sono sovente indistinguibili. La fase cubista dell’artista malaguegno durò pressappoco dieci anni, ma tanto bastò perché la sua fama raggiungesse un livello impensabile. Molte sono state, in realtà, le aree di sperimentazione artistica di Picasso, che espresse anche attraverso l’impegno civile. Basti pensare all’Esposizione Mondiale di Parigi del 1937, e alla sua interpretazione dell’eccidio di «Guernica», presentato in mostra nel Padiglione della Spagna. Il dipinto rappresenta, infatti, una delle opere più simboliche di tutto il Novecento.

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L’attore nei panni del grande artista nella serie tv ‘Genius’ 

PABLO RUIZ Y PICASSO, semplicemente noto come Pablo Picasso (Malaga, 25 ottobre 1881 – Mougins, 8 aprile 1973) è stato un pittore, scultore e litografo spagnolo di fama mondiale, considerato uno dei protagonisti assoluti della pittura del XX secolo. Snodo cruciale tra la tradizione ottocentesca e l’arte contemporanea, Picasso è stato un artista innovatore e poliedrico, che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte mondiale per esser stato il fondatore, insieme a Georges Braque, del cubismo. Dopo aver trascorso una gioventù burrascosa, ben espressa nei quadri dei cosiddetti periodi blu e rosa, a partire dagli anni venti del Novecento conobbe una rapidissima fama: tra le sue opere universalmente conosciute Les demoiselles d’Avignon (1907) e Guernica (1937). (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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NATIONAL GEOGRAPHIC

Antonio Banderas è Pablo Picasso nella seconda stagione di “Genius”

Il sistema difensivo vialenciano di Antonelli nel 1557

 

La tesi fa parte di un progetto internazionale spagnolo, promosso dall’Istituto Universitario de Restauración del Patrimonio dell’Universitat Politècnica de València, chiamato TOVIVA PROJECT, che si occupa dello studio delle fortificazioni nell’Età Moderna nella costa Ovest del Mediterraneo. La torre presa in esame è Torre de Escaletes, situata nel comune di Santa Pola in provincia di Alicante. Fu costruita per fortificare il sistema difensivo nel 1557 dall’ingegnere italiano Antonelli. Il lavoro è consistito in una prima analisi storica, nel rilievo del modello 3D della torre tramite fotogrammetria (drone e Agisoft Photoscan), un’analisi dei degradi e succesiva proposta di restauro dell’edificio e infine una soluzione di inserimento nel contesto moderno tramite la progettazione di un padiglione aperto contenente un murales con illustrazioni storiche

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Michelangelo Buonarroti – Era mancino ma lavorava con la destra

 

La conferma che Michelangelo fosse mancino viene da un libro: la biografia del maestro scritta Raffaello da Montelupo, suo assistente. Vi si racconta come cercasse abitualmente di adoperare la mano destra, salvo che nelle azioni di forza. In realtà Michelangelo nascondeva la propria natura per via dei pregiudizi che al tempo screditavano i mancini. La sinistra era considerata la mano del diavolo – dipinto nelle iconografie medievali con due arti identici e non speculari – quindi la sinistra era la mano «sbagliata», che predisponeva all’eresia e all’apostasia. Le prove di un Michelangelo mancino affiorano nelle analisi del tratto effettuate sui disegni oppure sono evidenziate nello studio dell’esperto di medicina nell’arte Davide Lazzeri pubblicato sul Journal of the Royal Society of Medicine. Lazzeri spiega l’artrite degenerativa «che ha colpito la mano di Michelangelo, in particolare la mano sinistra come si evince dai quadri, usata per i lavori di forza come scolpire e cesellare. Altro elemento suggestivo è che Michelangelo in giovane età intaglia e incide un crocifisso per l’abbazia di Santo Spirito in cui l’iscrizione è dipinta da destra a sinistra, molto probabilmente perché all’epoca era ancora più abile con la mano sinistra nella pittura». Michelangelo non è stato comunque l’unico mancino fra gli artisti celebri; troviamo, infatti, pittori come Leonardo o Picasso, letterati come Kant o Kafka, ma anche musicisti quali Beethoven, Bob Dylan, Jimi Hendrix. Il Giornale torna sull’argomento Michelangelo e FLIP segnala l’articolo ai propri lettori.

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MICHELANGELO BUONARROTI (Caprese, 6 marzo 1475 – Roma, 18 febbraio 1564) è stato uno scultore, pittore, architetto e poeta italiano. Protagonista del Rinascimento italiano, fu riconosciuto già al suo tempo come uno dei maggiori artisti di sempre. Fu nell’insieme un artista tanto geniale quanto irrequieto. Il suo nome è collegato a una serie di opere che lo hanno consegnato alla storia dell’arte, alcune delle quali sono conosciute in tutto il mondo e considerate tra i più importanti lavori dell’arte occidentale: il David, la Pietà del Vaticano, la Cupola di San Pietro o il ciclo di affreschi nella Cappella Sistina sono considerati traguardi insuperabili dell’ingegno creativo. Lo studio delle sue opere segnò le generazioni successive, dando vita, con altri modelli, a una scuola che fece arte “alla maniera” sua e che va sotto il nome di manierismo.(Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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IL GIORNALE

Michelangelo, un genio mancino costretto a lavorare con la destra

Il patrimonio architettonico delle valli pre-sahariane

 

La realizzazione di questo manuale è nata dalla volontà di fermare le cattive pratiche che riguardano il patrimonio costruito nel sud del Marocco, al fine di preservare ciò che rimane del suo eccezionale carattere tradizionale. L’architettura di queste valli, come il sito del patrimonio mondiale di Ait Benhaddou, è unica e fragile. I fattori di degrado sono numerosi e le volontà di cambiamento sono molto forti; ogni sostituzione di porta, ogni decorazione erosa o ogni ricostruzione di blocchi di brezza rappresenta un passo verso la scomparsa di questa ricchezza. La conservazione dello splendore di queste antiche strutture non preclude la modernizzazione della vita e il miglioramento del comfort dei suoi abitanti. Tuttavia, alcune regole etiche devono essere rispettate in modo da non distruggere i valori culturali di cui queste pareti sono cariche. Le regole di buona pratica nella conservazione sono proposte in questo manuale.

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Tutankhamun – Nessuna stanza segreta all’interno della sua tomba

 

«Riuscite a vedere qualcosa?» domandò Lord Carnarvon. «Sì, cose meravigliose!» rispose Howard Carter. È il dialogo tra Lord Carnarvon, il finanziatore della ricerca, e Howard Carter, il tenace archeologo, in occasione della prima visione della Camera Funeraria KV62. In quel momento il nome del re fanciullo si impose al mondo contemporaneo. Quando, però, il 16 febbraio del 1924 Carter dispose di aprire il sarcofago, Lord Carnarvon, era scomparso l’anno precedente. «Diedi l’ordine. Fra il profondo silenzio, la pesante lastra si sollevò. La luce brillò nel sarcofago. Ci sfuggì dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi: l’effige d’oro del giovane re fanciullo». La mummia intatta del faraone era collocata in un sarcofago d’oro massiccio pesante circa 110 kg, con il volto coperto da una maschera aurea riproducente le sembianze del defunto. Quella maschera funebre è ormai famosa quanto le meraviglie dell’Antico Egitto. Rimaneva sapere se la tomba di Nefertiti, bellissima sposa del faraone Akhenaton, padre del giovane re, si trovava o meno oltre la camera mortuaria di Tutankhamon, dietro a supposte porte murate. La tesi, infatti, era ed è che il faraone bambino, morto senza avere avuto il tempo di realizzare una tomba all’altezza della sua immagine divina, dimorasse provvisoriamente in quella realizzata per Nefertiti, anzi che la regina fosse deposta in qualche stanza attigua non ancora rivelata. Sembra, invece, che oggi si sia posto fine a questa controversia nata dall’ipotesi dell’egittologo Nicholas Reeves, cioè che la tomba della regina Nefertiti potesse essere dietro i dipinti a nord e a ovest della camera mortuaria. Non c’è niente di niente, con buona pace delle ipotesi e grazie ai rilevamenti scientifici.

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NEBKHEPERURA TUTANKHAMON (1341 a.C. circa – gennaio/febbraio 1323 a.C. circa), precedentemente noto come Tutankhaton e conosciuto semplicemente come Tutankhamon, è stato un sovrano egizio appartenente alla XVIII dinastia. Dodicesimo re della XVIII dinastia, facente parte del cosiddetto Nuovo Regno, è anche noto come “il faraone fanciullo”, essendo assurto al trono in giovanissima età, tra i nove e i dieci anni. La non trascrizione delle vocali nell’antica lingua egizia comporta oggi che il suo nome venga spesso riportato, anche a seconda della lingua, come Tutanchamun, Tutankhamun, Tutankhamen, Tutenkhamen, Tutenkhamon (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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LA REPUBBLICA

Torino, svelato il mistero di Tutankhamun: la tomba di Nefertiti non esiste

Fortuna di Lisippo nel Mediterraneo di Alessandro Magno

 

La fortuna dell’opera di Lisippo di Sicione, il celebre bronzista contemporaneo di Alessandro Magno, è indagata in queste pagine con sollecitazioni e proposte inedite in merito all’aspetto più ‘imprenditoriale’ della sua attività artistica. Riconosciuta l’eredità dei prototipi lisippei in età ellenistica e romana, si esplorano qui i meccanismi di tale ampia diffusione, derivante dai contesti storico-politici, religiosi ed economico-commerciali dell’epoca. Con questo sguardo attento alle modalità e alle circostanze della trasmissione di modelli iconografici nel Mediterraneo si inaugura la nuova collana “Ptolemaica. Studi sul Mediterraneo”, che riguarderà i luoghi dell’impero tolemaico – in primis Libia, Antica Palestina, Cipro – con particolare attenzione all’eredità storico-politica, culturale e artistica delle età precedenti e al portato di valore internazionale per quelle successive.

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Jean de Reveillon – Il vescovo di Sarlat che portò pace nel meridione d’Italia

L’antico palazzo episcopale di Sarlat

La notizia riportata dal corrispondente del Corriere della Sera è curiosa come non mai. Riguarda Sarlat-la-Canéda, comune francese di diecimila abitanti nella regione della Nuova Aquitania. Il piccolo borgo è restato legato alle origini medievali, giacché le sue strade sono ancora senza nome e occorrerà intitolarle quanto prima ai personaggi autorevoli che hanno fatto la storia di quei luoghi. Experiences vorrebbe proporre il nome di Jean de Reveillon, vescovo della diocesi di Sarlat, dal 2 ottobre 1370 fino alla sua morte nel 1396. Nel catalogo dei libri pubblicati da Experiences compare, infatti, il prezioso volume scritto a quattro mani da Sergio Bertolami e Rosa Manuli, intitolato “ex Aqua”. La vicenda che vi si descrive – relativa allo studio dell’area falcata di Messina e del suo toponimo di San Raineri – ha come fulcro la firma del Trattato di Avignone del 1371, voluto da papa Gregorio XI. Nel tentativo di pace tra angioini ed aragonesi, per porre fine ad una guerra che contava ormai novant’anni, il papa Gregorio XI proteggeva e vigilava costantemente la regina Giovanna I di Napoli, attraverso collaboratori fidati quali Niccolò Spinelli e Raimondo del Balzo, nonché proprio il vescovo di Sarlat Jean de Reveillon. Grazie ad un’opera di ricucitura politica molto complessa, il papa riuscì a condurre a buon fine il matrimonio tra il siciliano Federico IV d’Aragona ed Antonia del Balzo, nipote della regina angioina Giovanna I di Napoli.
La principessa Antonia accompagnata dal vescovo di Sarlat, legato pontificio, e dagli ambasciatori siciliani e napoletani, sbarcò sulla riva del porto falcato di Messina in prossimità del Faro, accolta con grandissimo giubilo dallo sposo e da tutte le autorità della cittadinanza messinese. Due giorni dopo, il 26 ottobre 1373, furono fastosamente celebrate le nozze dal legato pontificio nel Duomo di Messina. Ciò che più conta, sotto il profilo politico, è che il re aragonese Federico poco meno di un mese dopo annunzierà di avere giurato il 17 dicembre il trattato di pace nelle mani del vescovo di Sarlat ed in presenza dei grandi del regno. Si compivano così le operazioni relative alla pace, la quale, sulla base del Trattato di Avignone dell’anno precedente, era stata concordata dal re Federico con la regina Giovanna I nel 1372; modificata dal pontefice e ratificata dalle parti contraenti il 31 marzo 1373 ad Aversa. Fu quindi sottoscritta da Federico IV in persona il 17 dicembre 1373 nel palazzo reale di Messina, dove il 17 gennaio del nuovo anno prestava giuramento di fedeltà al papa (che tolse la scomunica sull’isola di Sicilia) nelle mani del vescovo Sarlat, suo legato.
Per la verità, il re aragonese, è passato alla storia come “Federico il semplice” vale a dire “lo stupido”; con questo soprannome lo appella il grande storico Tommaso Fazello. In realtà, a differenza degli avi, è grazie al suo tenace agire che la pace si è concretizzata veramente, dimostrando di fatto – scrive Francesco Renda nella sua documentata Storia della Sicilia dalle origini ai nostri giorni, (Sellerio editore, Palermo 2003) – «che non fu poi così semplice se con il trattato di pace del 1372 sciolse il nodo storico che non era riuscito a sciogliere il nonno Federico III, cioè pose fine alla guerra dei 90 anni e raggiunse il riconoscimento internazionale del Regno di Sicilia».

SARLAT-LA-CANÉDA è un comune francese di 10.082 abitanti situato nel dipartimento della Dordogna nella regione della Nuova Aquitania, sede di sottoprefettura (arrondissement). Lo sviluppo della cittadina avvenne in epoca medievale, intorno ad una abbazia benedettina, che ancor oggi rimane centro turistico di interesse internazionale (candidato come patrimonio dell’umanità UNESCO). La sua moderna rivalutazione, spinta anche dal lavoro del ministro della cultura francese (1960-69) André Malraux, l’ha resa importante e riconosciuta come città medievale. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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CORRIERE DELLA SERA

Sarlat, dove le strade non hanno nome. E Internet non arriva

Stabilimenti per la pasta nell’Italia di fine Ottocento

 

L’apparire di nuove tecnologie comincia a cambiare il mondo. Nel campo della pasta, le vecchie aree e le storiche città del Sud verranno meccanizzate. Ma le nuove possibilità permettono il fiorire di attività anche in posti senza grande storia. Così a Torre Annunziata e Gragnano, si affiancano il pastificio Tommasini di Milano, come in Toscana, il pastificio Dolfi e la Buitoni di Sansepolcro, fondata già nel 1827, ambedue premiati all’esposizione di Parigi del 1900 con una medaglia d’oro per la qualità dei prodotti. A Fara San Martino a Chieti (in Abbruzzo), spicca, dal 1887, il pastificio De Cecco, fondato da Filippo De Cecco. Ancora esistente è pure la Agnesi di Pontedassio (Imperia), nata nel 1824. Ormai chiuso è, invece, sempre in Liguria, il pastificio Astenga di Savona. Ancora a Parma, nel 1911, si costituisce la Barilla, la cui pasta continua ad essere affermata attualmente.
A Parma il pastificio più rinomato è quello di Ennio Braibanti, I suoi figli, Mario e Giuseppe Braibanti, divennero, nel 1933, gli ideatori e i realizzatori della pressa continua. Insieme aprirono, pure, il primo pastificio totalmente automatizzato, che, all’inizio dello scorso secolo sfornava pastine glutinante all’uovo, molto richieste, e paste con formati esclusivi.

Mulino Agnesi

FABBRICHE DEL SUD
Contemporaneamente, la tecnologia importata nel Sud Italia mette in evidenza molti pastifici anche in questa area. Sono inizialmente delle piccole industrie, ma ben attrezzate. Ad esempio, lo stabilimento Scaramella e l’azienda Amato & C. di Salerno, premiata all’esposizione parigina del 1900, e tutt’ora molto conosciuta. A Gragnano opera, invece, il pastificio Alfonso Garofano, fondato nel 1842 e premiato anch’esso all’esposizione di Parigi del 1900. Purtroppo, ha chiuso nel 1970. Attualmente esiste un altro pastificio Garofano, che però è stato fondato nel 1935.
Tra i maggiori stabilimenti siciliani, si distinse il pastificio Russo di Termini Imerese ed altri quattro: due posti a Catania, uno a Palermo ed un altro a Caltanissetta.
Nella zona pugliese operavano pastifici a Bari, Brindisi e Foggia. Sono divenuti pastifici storici quelli di F. Tamma e C. di Bari e l’azienda F.lli Divella di Rutigliano (Bari).
Le industrie meridionali, ed in particolare siciliane, avevano come caratteristica quella di unire un mulino ad un pastificio.

 

Javier Cercas – Mi rendo conto che le persone hanno dimenticato tutto

 

«Riflettiamo sull’Europa con Javier Cercas» così annuncia la Home del prossimo Salone del Libro di Torino. Perché Javier Cercas e chi è? Alla prima domanda troviamo risposta sul medesimo sito del Salone: «Siccome il futuro è al centro di quest’edizione, abbiamo chiesto a un grande scrittore europeo di ragionare insieme a noi sul concetto di Europa. Cos’è l’Europa nel XXI secolo, o cosa dovrebbe essere? È un’eterna incompiuta? È un’astrazione? È la grande speranza di tutti noi?». Quindi giovedì 10 maggio, in apertura di Salone, il pubblico ascolterà la lezione magistrale di Javier Cercas. Ma chi è questo scrittore spagnolo? Lo leggiamo nell’intervista di Marco Belpoliti rilasciata in occasione del suo ultimo romanzo, uscito lo scorso anno e visto che noi di FLIP siamo tipi curiosi abbiamo trovato come sfogliarne pure le prime pagine.

SFOGLIA LE PRIME PAGINE DEL SUO ULTIMO ROMANZO: Il sovrano delle ombre

 

JAVIER CERCAS MENA (Ibahernando, 1962) è uno scrittore e saggista spagnolo. Lavora anche come colonnista per il quotidiano spagnolo El País, e per anni è stato anche insegnante universitario di Filologia. La sua opera è principalmente narrativa, e si caratterizza per la mescolanza di vari generi letterari, l’uso del cosiddetto romanzo non-fiction e l’unione di cronaca e saggio con la finzione. Ha anche realizzato varie traduzioni di opere di altri autori. A partire dal suo romanzo di successo Soldados de Salamina, le sue opere sono state tradotte in più di venti paesi ed in più di trenta lingue. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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DOPPIOZERO

Scrittore o intellettuale? Intervista a Javier Cercas

Ridisegnare il contesto dell’architettura italiana

 

L’Atlante IUAV, dell’architettura italiana degli anni ’50 e ’60, è il risultato di uno spoglio – ancora provvisorio e in corso di implementazione – delle riviste di architettura e di ingegneria pubblicate in Italia dal 1945 al 1970. Lo spoglio – fondamentale per poter ricostruire una mappatura esaustiva degli edifici realizzati e dei progetti pubblicati sulle principali pubblicazioni di settore – è stato necessario per cercare di ridisegnare il contesto dell’architettura italiana di quegli anni.

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