Il Bancomat – Distribuisce denaro invece che barrette di cioccolato

 

«Non è facendo le scale che t’accorgi d’essere anziano e neanche dal fatto che dormi meno o che senti poco quando ti parlano. È di fronte al bancomat che la senilità si manifesta in tutta la sua spietatezza». La battuta spiritosa del conduttore radiofonico e televisivo Marco Presta, sintetizza una realtà tutta italiana: la difficoltà ad utilizzare i servizi automatici. Scrive il Sole 24 ore che in un anno un olandese usa strumenti di pagamento alternativi al contante più di 400 volte; un francese più di 300; un italiano soltanto 100. La stessa Bce, conferma che gli italiani pagano cash l’86% delle transazioni, e solo per il 14% usano bancomat, carte di credito, bonifici, Rid e assegni. Oggi, però, ci soffermiamo sull’invenzione e l’utilizzo dei primi bancomat, perché il 27 giugno del 1967 presso la Barclays Bank di Enfield Town, a nord di Londra, è stato installato il primo sportello automatico per il prelievo di contanti. Dunque, bancomat sì, ma per i prelievi, evitando lunghe file agli sportelli. Sorge la domanda: chi è stato quel geniale inventore che ha permesso di risparmiare… se non denaro, almeno tempo? Per la verità gli inventori sono due, uno fortunato e l’altro un po’ meno. Quello fortunato è John Shepherd-Barron, inventore scozzese che ha ideato il suo distributore automatico nel 1965; ma la storia comincia con l’inventore sfortunato, Luther George Simjian, un americano originario dell’Armenia, che ha brevettato il suo Bankograph nel lontano 1939. La macchina di Simjian viene installata dalla City Bank di New York per essere utilizzata durante gli orari di chiusura. Sei mesi dopo è smantellata perché pochissimi l’hanno utilizzata.

L’idea deve nascere al momento giusto, in sintonia con i tempi, che risentono in modo latente l’esigenza di una invenzione: un attimo prima non la condivide nessuno, un attimo dopo qualcuno ha già avuto l’idea. Non è stato così per John Shepherd-Barron. Il lampo inventivo gli è balenato mentre era immerso nella vasca da bagno: «Stavo pensando a un distributore di cioccolata, e immaginai di rimpiazzare le barrette con le banconote». Ventotto anni dopo il primo distributore meccanico di contanti, quello di Simjian, la società De La Rue di Barron installa la nuova macchina alla Barclays Bank di Londra. Non esistono ovviamente card magnetiche, per cui per procedere al prelievo occorre inserire nella macchina un voucher monouso, al quale è associato un numero identificativo. La prima operazione di prelievo è, dunque, eseguita il 27 giugno 1967. In Italia la macchina è installata, invece, nel 1976 dalla Cassa di Risparmio di Ferrara, grazie  al suo direttore, Alberto Pezzini, che l’ha scoperta nel corso di un congresso in Marocco. Il caso rimane isolato ancora per qualche anno. Nel 1982 la Cassa di Risparmio di Torino pubblicizza su “La Stampa” il servizio “Prontabanca”: «uno sportello per prelevare 24 ore su 24, ogni giorno, tutto il denaro che vi serve». Da quel momento tutti gli altri Istituti bancari si adeguano e finalmente nella primavera del 1983, danno vita ad un circuito unico nato dall’accordo iniziale di 275 banche nazionali. Il sistema prende nome di Bancomat, che sta per banco (variante di banca) e (aut)omat(ico). Un nome che ormai usiamo quale sinonimo di sportello automatico, tant’è che in inglese il sistema è identificato come ATM (acronimo di Automated Teller Machine), in francese come distributeur, in spagnolo cajero automático, in tedesco Geldautomat.

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LO SPORTELLO AUTOMATICO, o cassa bancaria automatica e anche sportello automatico di banca, è il sistema per il prelievo automatico di denaro contante dal proprio conto corrente bancario, attraverso l’uso di una carta di debito nei distributori collegati in rete telematica, anche fuori dagli orari di lavoro degli istituti di credito e in località diverse dalla sede della banca presso cui si intrattiene il rapporto di conto corrente. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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DATAROOM/CORRIERE DELLA SERA

Perché pagare in contanti non conviene a nessuno

Analisi di temi ed aspetti del design italiano e del modo di pensare

 

Sfogliamo, guardiamo e leggiamo, questa “analisi logica” di oggetti del design italiano che hanno cambiato il nostro modo di pensare curata da Michele Albera Accompagniamo poi il libro, con un interessante articolo di Repubblica, intitolato “Al Triennale Design Museum le storie del design italiano”. La sfida della mostra: scegliere le creazioni imprescindibili di un museo del design. Scorriamone le prime battute: «Eccola lì, la “parolaccia”: icona. Parolaccia perché ormai sembra impossibile occuparsi di design senza inciampare in qualche icona. A tirarla fuori questa volta è il Triennale Design Museum. Che, dopo dieci edizioni in cui ha esplorato temi e aspetti specifici, al punto da offrire del termine museo una nuova definizione, quest’anno ci parla di storia del design italiano e, appunto, di icone, termine inflazionato ma difficile da sostituire. Ma perché cambiare? E soprattutto perché tornare all’antico, almeno all’apparenza? Ne parliamo con la direttrice Silvana Annicchiarico (leggi qui l’intervista completa)».

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