Adriano Olivetti – A Ivrea il personal computer prima di Steve Jobs

 

Adriano Olivetti

 

«Il sogno di Olivetti è fare di Ivrea la capitale della cultura industriale italiana. Un progetto in cui far confluire cristianità e umanesimo, le scienze sociali e l’arte, la tecnologia e la bellezza». Scrive così Aldo Cazzullo nell’articolo del Corriere della Sera che presentiamo nel FLIP di oggi per commentare la notizia che «Ivrea, la città ideale della rivoluzione industriale del Novecento, è il 54esimo sito Unesco italiano. Un riconoscimento che va a una concezione umanistica del lavoro propria di Adriano Olivetti». Questa volta a parlare è il Ministro dei beni e delle attività culturali, Alberto Bonisoli, che ha annunciato l’iscrizione di “Ivrea Città Industriale del XX Secolo” nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. La decisione è stata presa a a Manama in Bahrei durante i lavori del 42° Comitato del Patrimonio Mondiale, iniziati il 24 giugno e che termineranno il 4 luglio. Sin da ora Ivrea porta l’Italia in testa alla lista mondiale dei siti Unesco, organismo culturale dell’Onu: 54 sono quelli che rappresentano il nostro Paese, 52 quelli appartenenti alla Cina, 47 alla Spagna. Perché Ivrea? Con la fondazione della prestigiosa fabbrica di macchine per scrivere fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, la città di Ivrea diviene un vero e proprio progetto industriale, sociale e culturale del XX secolo. Si sperimentano innovative idee sociali e architettoniche connesse a visionari processi industriali niente affatto scissi dal benessere della comunità locale. Questo spirito innovativo è colto nella sua essenza dalla scheda ufficiale che possiamo leggere per intero sulle pagine ufficiali dell’Unesco: «Il sito, che si trova in Piemonte e si estende per circa 72.000 ettari, è costituito da un insieme urbano e architettonico, di proprietà quasi esclusivamente privata, caratterizzato da 27 beni tra edifici e complessi architettonici, progettati dai più famosi architetti e urbanisti italiani del Novecento. Si tratta di edifici costruiti tra il 1930 ed il 1960 e destinati alla produzione, a servizi sociali e a scopi residenziali per i dipendenti dell’industria Olivetti. L’insieme rappresenta l’espressione materiale, straordinariamente efficace, di una visione moderna dei rapporti produttivi e si propone come un modello di città industriale che risponde al rapido evolversi dei processi di industrializzazione nei primi anni del ‘900».

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ADRIANO OLIVETTI (Ivrea, 11 aprile 1901 – Aigle, 27 febbraio 1960) è stato un imprenditore, ingegnere e politico italiano, figlio di Camillo Olivetti (fondatore della Ing C. Olivetti & C, la prima fabbrica italiana di macchine per scrivere) e Luisa Revel e fratello degli industriali Massimo Olivetti e Dino Olivetti. Uomo di grande e singolare rilievo nella storia italiana del secondo dopoguerra, si distinse per i suoi innovativi progetti industriali basati sul principio secondo cui il profitto aziendale deve essere reinvestito a beneficio della comunità. Per tutelare e promuovere la figura di Adriano Olivetti e il suo pensiero gli eredi hanno costituito nel 1962 la Fondazione Adriano Olivetti con sede a Roma e a Ivrea. (Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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CORRIERE DELLA SERA

Ivrea patrimonio Unesco, tecnologia e umanesimo nella città ideale di Olivetti

Gusti e formati iniziali della pasta fresca

 

Lasagne con formaggio grattugiato sopra (e varie spezie), sono tra i primi piatti di pasta consumati nel primo medioevo. Una lavorazione, quindi, semplicissima, dove è la pasta ad essere l’ingrediente principale. È in pratica una sfoglia sottile, ritagliata in quadrotti regolari. Le lasagne, in un’altra ricetta, erano cotte nel brodo di cappone e poi servite con grasso dello stesso cappone e formaggio. Questi riquadri, in alternativa erano presentati in strati sovrapposti, con un ripieno di noci. Nell’impasto potevano essere aggiunte chiare d’uovo o acqua di rose. Già nell’antichità la pasta si lavorava o meno colorata con zafferano. L’usanza durò fino al XVII secolo. Questa tecnica, in seguito, verrà riscoperta nell’età industriale.
In Italia la tendenza, già in epoca antica, fu quella di creare sempre nuovi formati. Così verranno realizzati I croseti, simili alle orecchiette pugliesi, o le formentine, somiglianti alle tagliatelle, citate nel 1337 e un secolo dopo dal cuoco Martino. Venivano consumate a Reggio Emilia. Le formentine erano dette, anche, pancardelle dai mantovani, forse simili alle attuali pappardelle. Queste rientrano nel menù di Domenico Romoli, cuoco professionista, impiegato al “servizio di bocca” nelle corti cardinalizie di Roma. Tra le sue ricette erano presenti le pappardelle alla lepre di Grosseto e di Arezzo, o pappardelle alla romana.

Strozzapreti

Alla fine del XV secolo, si trovano i longeti avantazadi, mentre, nel secolo seguente, appaiono i famosi strozzapreti, divenuti poi tradizionali a Napoli. Il cuoco Scappi cucina diversi piatti con formati vari, ma realizzati questa volta con semola di grano duro. Le sue ricette, ma in genere nel corso dell’intero secolo, tendono al dolce, come gusto predominante nella cucina dell’epoca. All’impasto viene, infatti, aggiunta una grande quantità di zucchero. Negli stessi impasti prende piede di inserire numerose uova.
Il cuoco Antonio Latini (nel XVII secolo) confeziona tagliolini con due uova intere più 2 tuorli. L’abbondanza di uova regna in una ricetta di Francesco Chapusot. Realizza, infatti, delle tagliatelle con ben otto tuorli in una libbra di farina, a cui viene aggiunto formaggio grattugiato (un’oncia) e burro fresco (mezza oncia). Una specie di tagliarini alla piemontese. Successivamente, nel XVII secolo, nell’impasto viene pure aggiunto del latte.
Nel 1610, Vittorio Lancellotti, cuoco professionista, presenta, in un banchetto, delle sfoglie di pasta ottenute con farina, latte, burro, rossi d’uova e pinoli. Le lasagne venivano, quindi, cotte e servite con una spolverata di parmigiano grattugiato. La stessa lavorazione è realizzata da Giovanni del Turco, musicista e quindi cuoco amatoriale, con un impasto di farina, latte e acqua tiepida. Esegue una ricetta di maccheroni alla veneziana, dalla forma dissimile da lunghi nastri o quadrati di pasta, di cui abbiamo parlato. Il piatto era portato in tavola, con un condimento composto da burro fresco, parmigiano grattugiato, con in più un tocco di cannella.