Emilio Gentile – Ascesa e declino dell’Europa nel mondo

 

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Ci fu un tempo in cui l’Europa era il centro del mondo. La sua supremazia si estendeva su tutto il pianeta, in ogni campo del sapere e dell’agire. Accadeva cento anni fa, all’apice di un’ascesa iniziata quattro secoli prima, con la scoperta del nuovo mondo e la circumnavigazione dei continenti da parte di intrepidi navigatori. All’inizio del Novecento la guerra appariva un rischio evitabile con la diplomazia, dopo oltre quarant’anni di pace e di progresso che sembravano destinati a durare e a diffondersi nel mondo.

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Stanislao Napolano: Divenire, noi del Mezzogiorno, la locomotiva d’Italia

 

In queste pagine presentiamo alcuni degli interventi al Convegno del 7 settembre 2018 presso la Stazione Marittima del porto di Napoli in occasione della presentazione del libro “Per la Macroregione de Mediterraneo occidentale” dei professori Renato D’Amico e Andrea Piraino (Franco Angeli, editore). L’appuntamento è stato organizzato da Paolo Pantani, presidente emerito di Acli Beni Culturali, Stanislao Napolano, presidente dell’Associazione Carlo Filangieri, Giordano Editore e quotidiano online Il Denaro.it.

 

>>> Intervento di Stanislao Napolano

Permettetemi di ringraziare Paolo Pantani per l’invito a partecipare a questo importante convegno che con l’occasione della presentazione del libro dei prof. Piraino e D’Amico, ci permette di confrontarci su una tematica di fondamentale importanza, ci obbliga a fare delle riflessioni sull’Europa e sull’emergere di nuove istanze che portano ad aggregazioni tra aree del vecchio continente e aree extra europee, appunto la macro area del Mediterraneo Centro Occidentale, è qui dove la cultura europea si incontra con la cultura araba, creando opportunità di confronti culturali ed economici, non senza difficoltà e interrogativi.

Questa iniziativa può avviare quel processo virtuoso, che permetterebbe ai paesi del nord Africa di svilupparsi con l’aiuto dell’Europa, consentendo di ridurre i flussi di migrazione, che stanno creando forti tensioni all’interno di diversi paesi europei.

Dobbiamo essere grati a Paolo per la grande intuizione che ha avuto nel credere in questa iniziativa per la costituzione della Macro Regione del Mediterraneo Centro Occidentale, opportunità in cui il Mezzogiorno d’Italia deve poter guadare con interesse e come un’occasione di sviluppo per sé stesso. Il confrontarsi con i grandi paesi rivieraschi del Mediterraneo Centro Occidentale, sia della sponda nord che quella sud, ci permette a noi del Mezzogiorno di avviare iniziative che creerebbero sviluppo con potenzialità molto interessanti.

L’Associazione Carlo Filangieri, di cui mi onoro di presiedere, composta per la maggior parte da giovani professionisti è intitolata al generale e politico della nazione napoletana, figlio di Gaetano Filangieri illustre giurista e filosofo ritenuto tra i massimi giuristi e pensatori napoletani ed europei del diciottesimo secolo, Carlo fu a fianco di Napoleone e fino all’ultimo tentò di modificare le sorti della nazione napoletana. Egli ha incarnato tutto il travaglio di questa nostra terra nel XIX secolo.

La nostra associazione è nata un anno fa circa, con il proposito di rivedere attraverso nuovi percorsi di studio e di ricerca la questione del Mezzogiorno ed ha permesso di riunire intorno a se, giovani professori universitari, imprenditori, economisti, come il prof. Lepore della facoltà di Economia dell’università Parthenope, il prof. Trione dell’università di Bari, il dott. Pierluigi Sanfelice imprenditore attivo nel settore della solidarietà nazionale e internazionale, il dott. Emanuele Raimondo ricercatore presso l’università Luiss Guido Carli di Roma e lo stesso Paolo Pantani motore infaticabile e insostituibile che ci unisce nelle nostre finalità. Abbiamo stabilito una serie di obiettivi definendo anche un cronoprogramma, affinché al termine di questo studio, possa essere presentato ai nostri rappresentanti politici, agli imprenditori, ai media, al mondo universitario, dimostrando che il Mezzogiorno può risollevarsi, può riscattarsi con le proprie forze, attraverso nuovi modelli di sviluppo, scevri da preconcetti ideologici e storici.

La nostra associazione nasce con le stesse motivazioni per cui si è costituita l’Unione Europea. Abbiamo pensato, che anche le nostre sei regioni peninsulari del Mezzogiorno, avessero questa esigenza, in quanto, se prendiamo in considerazione solo il numero di abitanti della Basilicata o del Molise riescono a stento ad eguagliare numericamente un quartiere di Napoli, ma analizzando anche gli altri dati presi a prestito da SVIMEZ, vediamo che ogni regione del Mezzogiorno peninsulare presenta numeri insignificanti in un contesto europeo, se invece immaginassimo insieme le sei le regioni, qualcosa in più rappresenteremmo e da questo qualcosa in più vorremmo partire e capire fin dove si può arrivare.

Indico sei regioni per motivi oggettivi, la Sicilia e la Sardegna sono regioni a statuto speciale, che avrebbero già le possibilità di poter attuare iniziative autonome per avere un buon sviluppo, e tra l’altro si rimane basiti quando si confronta la realtà siciliana, con quella del Trentino Alto Adige. La Sicilia, una Regione ricca, che potrebbe essere la locomotiva del nostro Mezzogiorno è sempre additata per le sue “performance” negative.

Noi vogliamo focalizzare la nostra attenzione e i nostri sforzi inizialmente sul territorio peninsulare, poi ci confronteremo con le altre due regioni, ma prima vogliamo fare ordine qui, trovare qui le prime risposte all’esigenza di creare un mondo dove i nostri figli non debbano più emigrare, dove si possano creare nuove opportunità di lavoro, dove si possa ricostruire una solidarietà civile, dove la legalità non debba essere sollecitata e bramata. Noi puntiamo e crediamo molto nei giovani, essi sono il nostro target, noi lavoriamo per loro!

Noi guardiamo ai nostri concittadini e tentiamo con la nostra iniziativa, di contribuire a un miglioramento della qualità della nostra vita per dare speranza in queste terre, migliorare il rapporto tra domanda e offerta facendo crescere le occasioni di lavoro per tutti, far sì che vivere nel Mezzogiorno d’Italia non sia più una iattura!

Dobbiamo immaginare come se fino ad oggi avessimo vissuto una tragica guerra, ora ci troviamo tra le macerie di questo conflitto, per cui da adesso, in una fase post bellica vogliamo avviare una nuova fase storica, per cui come è avvenuto in altre parti del mondo, come ad esempio in Corea del Sud, in Indonesia, nel Vietnam, rimetterci in gioco, senza recriminare nulla, senza lamentose questue, partire da ciò che abbiamo, anche se questo può apparire a una prima lettura poco!

Da dove possiamo partire? Possiamo ad esempio partire dal nostro gettito fiscale, perché anche noi nel Mezzogiorno abbiamo un nostro gettito fiscale, dal sommerso da far emergere e tante altre risorse nascoste che potrebbero contribuire alla nostra ripresa. Poter partire da questa base individuando pochi, ma strategici investimenti per infrastrutture e fondi per incentivare l’imprenditoria, naturalmente ribadiamo, stiamo a un livello di studio che si sta approfondendo e sarà nostra cura far conoscere a voi tutti, i risultati.

Ritorniamo a questo costante richiamo e interesse verso il Mezzogiorno, che ha suscitato, ha provocato, ha sollecitato centinaia di convegni, dibattiti, confronti, senza mai riuscire a trovare il bandolo della matassa o tirare il ragno dal buco. Cosa ancora più stupefacente è che tutti questi dibattiti e confronti, ufficialmente richiamavano e richiamano il Mezzogiorno come tema, ma poi si discuteva e si discute delle singole regioni di questa vasta area del nostro paese, mai immaginate come una forza unica, accomunate da un unico destino!

Chiedo a voi esperti di economia, di finanza, di imprese, perché l’Europa ha deciso di unirsi? Ci è stato detto che la globalizzazione ci costringeva a confrontarci con realtà economiche e industriali molto forti, per cui l’Italia, la Germania, la Francia ognuna da sola non avrebbe avuta la capacità di misurarsi, con le economie emergenti della Cina, l’India, il Pakistan, il Brasile e quelle storiche come gli Stati Uniti d’America. Bene, se trasliamo tale esigenze nella nostra Italia e al nostro Mezzogiorno in particolare, la Basilicata, il Molise, la Calabria, la Campania, l’Abruzzo e la Puglia, ognuna da sola, cosa possono rappresentare? Che potenzialità hanno per potersi misurare in un contesto globale, come quello in cui viviamo ormai da oltre un ventennio? Come confrontarsi anche all’interno della costituenda Macro Regione del Mediterraneo Centro Occidentale?

Di conseguenza lo sviluppo del nostro Mezzogiorno deve essere affrontato, come sviluppo del Mezzogiorno, quindi non commettendo l’errore di voler programmare piani di sviluppo per ogni singola regione, ma definire piani di sviluppo per tutta l’area geografica del Mezzogiorno, da una comune cabina di regia. In quante occasioni si è parlato dello sviluppo dei porti del Mezzogiorno, Gioia Tauro, Brindisi, Salerno, Napoli, come porte d’acceso per l’Europa, da Sud. Bene, se vogliamo seriamente affrontare questo tema, il primo problema che ci troviamo d’avanti è l’interconnessione tra questi porti e la carenza d’infrastrutture, oltre ad aspetti di pari importanza di tipo organizzativo e di legalità, che non vanno dimenticati. Il settore marittimo che è stato uno dei maggiori punti di forza del Mezzogiorno da circa due secoli, deve essere potenziato e tutelato, come nostra eccellenza. Se invece continuiamo a ragionare con la visione regionalistica, ogni Regione potrebbe progettare iniziative non compatibili con le altre ed è il risultato che spesso abbiamo ottenuto. Quello delle infrastrutture è uno dei punti fondamentali, strategici per il nostro Mezzogiorno, in quanto negli anni passati sono state avviate moltissime opere, ma in larga parte sono rimaste incompiute, questo perché, alla base vi erano finalità esclusivamente regionali, mentre non vi era una programmazione strategica di ampio respiro che avrebbe dovuto coinvolgere anche le regioni limitrofe e l’intera area meridionale. Oltre a questi aspetti, si può considerare la realizzazione di una politica di sviluppo delle “Startup”, da ritenere come cellule staminali totipotenti che interconnettendosi creino una rete di industrializzazione, realizzando la spinta propulsiva per il Mezzogiorno, da questo, guardare alla sponda meridionale del Mediterraneo come area in cui noi del Mezzogiorno possiamo offrire il nostro know-how ai paesi del Nord Africa con ricadute dirette per la nostra imprenditoria. Il Mezzogiorno non può essere solo il mercato di altri, ma deve essere anche attore nella produzione industriale in senso lato, poiché solo in questo modo si creano posti di lavoro concreti e duraturi.

Colgo l’occasione per ricordare un recente articolo di Isaia Sales, sul bilancio fallimentare delle Regioni, ma quelle del Mezzogiorno, in particolare. La modifica del titolo V della Costituzione con la delega alle Regioni delle materie di legislazione concorrente quelle relative all’art. 117.3 della Cost.:

  • a) rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni;
  • b) commercio con l’estero;
  • d) istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;
  • f) ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;
  • g) tutela della salute;
  • l) protezione civile;
  • m) governo del territorio;
  • n) porti e aeroporti civili;
  • o) grandi reti di trasporto e di navigazione;
  • p) ordinamento della comunicazione;
  • q) produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;
  • r) previdenza complementare e integrativa;
  • s) armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
  • t) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;
  • u) casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;
  • v) enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

In queste materie concorrenti come sono intervenute le regioni del Mezzogiorno, come hanno sfruttato queste opportunità?

In realtà i risultati alla modifica del Titolo V della Costituzione sono stati a mio avviso, non il fallimento di una legge sbagliata, ma la cartina tornasole del valore dei nostri amministratori, in quanto le regioni del centro nord ne hanno beneficiato considerando l’opportunità che tale modifica offriva alle regioni stesse e traendone il massimo beneficio. Per noi invece vi è stato un arretramento generale, perché non si è compreso la portata di tale cambiamento, in quanto i nostri amministratori non sono stati all’altezza del momento storico, come è accaduto in più occasioni nel passato, per cui la modifica del titolo V° è stato un fallimento esclusivo per le nostre regioni. Bisogna anche smascherare il refrain che la solita Lombardia o il Veneto ci abbiano penalizzati con scelte egoistiche e antimeridionali. Posso affermare a ragion veduta in quanto presente alle trattative a livello ministeriale per la Sanità, negli anni ottanta e novanta, chi osteggiava le regioni meridionali, erano la Toscana, l’Emilia Romagna, l’Umbria! I contratti della Sanità, i modelli organizzativi in Sanità sono sempre stati realizzati da queste regioni e noi l’abbiamo subiti, perché assenti a quei tavoli e chi è assente ha sempre torto, questa è la realtà delle cose! Quanto affermo, non più di tre mesi fa, fu ribadito dal prof. Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore della Sanità ad un convegno qui a Napoli presso il CNR

Noi sosteniamo e propugniamo la piena nostra responsabilizzazione, come spesso mi trovo a dire, il nostro destino è nelle nostre mani, e quale miglior occasione in un confronto con le realtà che si trovano sulle sponde del Mediterraneo? Ma anche in questo caso, non possiamo affrontare questa importante e impegnativa iniziativa, in ordine sparso, senza la consapevolezza di una nostra forte responsabilità verso i nostri concittadini. Per vincere queste sfide bisogna essere attori attivi e sempre presenti nei momenti decisionali in quelli critici e definitivi.

Ho rappresentato in molte occasioni all’amico Pantani, che aderire all’area della macro regione del Mediterraneo Centro Occidentale, deve coincidere con la costituzione della macro regione del Mezzogiorno, in quanto gli altri partecipanti, hanno un background di notevole spessore. Ci troviamo di fronte a entità statali, come ad esempio Malta, di estensione pari alla nostra isola d’Elba, è però uno stato, per cui una regione come la Campania o la Puglia, da sole non sarebbero dei validi interlocutori.

Costituendo la Macro Regione del Mezzogiorno e utilizzando gli strumenti normativi previsti dall’art. 117 della Costituzione, si possono definire accordi internazionali e con l’Unione europea, facilitazioni per il commercio con l’estero, favorire con normative regionali specifiche, l’apertura del nostro Mezzogiorno a investitori stranieri.

Il nostro Mezzogiorno è costituito da 20 milioni di abitanti, una entità ragguardevole se rapportata ai 28 paesi della Comunità Europea, per comprendere cosa significa, solo la Germania, la Francia, il Regno Unito, Italia, la Spagna e la Polonia sono i paesi con un maggior numero di abitanti rispetto al Mezzogiorno. I paesi rimanenti ne hanno molto di meno, tra questi: la Norvegia, la Svezia, il Belgio, il Portogallo. Potremmo essere una realtà non di poco conto se ci crediamo e iniziamo a remare tutti nella stessa direzione.

L’importanza di dare vita alla Macro Regione del Mezzogiorno diviene strumento strategico anche per confrontarsi all’interno della nostra nazione. Pensate a un presidente di una tale realtà, che si confronta al tavolo della conferenza Stato – Regioni, non avremo più i timori, le perplessità, che a ogni finanziaria o ad ogni aggiustamento dei conti pubblici, giustamente l’autorevole Nando Santonastaso ci segnala con allarme e angoscia, ma essendo realista posso immaginare una tappa intermedia in cui la meta potrebbe essere un coordinamento funzionale delle Regioni Meridionali, dove si concordano gli obiettivi e si pianificano le tappe, con verifiche puntuali dei risultati che si ottengono, come avviene in ogni gestione imprenditoriale accorta e seria.

Cosa manca quindi per invertire la nostra attuale condizione? Essere convinti che ciò che facciamo lo facciamo per il nostro Mezzogiorno, una forte volontà a contrastare l’attuale stato delle cose, una forte motivazione a contare solo sulle nostre forze, poiché noi, fuori dalla nostra terra siamo i migliori e siamo gli artefici dei successi di altri in realtà lontane da qui, dare vita e formare un forte senso di appartenenza con la riscoperta del nostro passato, delle nostre tradizioni. Trovare le soluzioni per creare lavoro, permettendo ai nostri giovani di rimanere qui e dare la possibilità a chi è andato via, di ritornare aiutandoci con le loro positive esperienze a contribuire fattivamente alla crescita del nostro Mezzogiorno e anche dell’Italia, poiché potremo avere finalmente anche l’ambizione di divenire noi la locomotiva d’Italia.

 

Ceramiche italiane dal medioevo ai giorni nostri: Guida alle collezioni

 

Sin dal Medioevo Faenza si distinse come centro ceramico di primaria importanza, tanto da legare il proprio nome alla tipologia che nei secoli maggiormente la contraddistinse, la maiolica per l’appunto, conosciuta dalla seconda metà del ‘500 in tutta Europa con il termine faÏence. In epoca medievale gli artefici faentini svilupparono una brillante fase “arcaica” con la produzione di maioliche (perlopiù boccali, ma anche albarelli, versatoi, ciotole, coppe, ecc.) dipinte nella caratteristica bicromia bruno manganese e verde “ramina” (più raramente blu) con un ricco repertorio decorativo di motivi zoomorfi, fitomorfi, epigrafici e araldici, questi ultimi spesso riferiti a famiglie e personaggi illustri della città. 

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Pasquale Persico: Non è possibile avvantaggiare solo una parte del Paese

 

In queste pagine presentiamo alcuni degli interventi al Convegno del 7 settembre 2018 presso la Stazione Marittima del porto di Napoli in occasione della presentazione del libro “Per la Macroregione de Mediterraneo occidentale” dei professori Renato D’Amico e Andrea Piraino (Franco Angeli, editore). L’appuntamento è stato organizzato da Paolo Pantani, presidente emerito di Acli Beni Culturali, Stanislao Napolano, presidente dell’Associazione Carlo Filangieri, Giordano Editore e quotidiano online Il Denaro.it.

 

>>> Intervento di Pasquale Persico

Il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, apre all’ipotesi di costituzione di una Macroregione del Mediterraneo Centro Occidentale. L’esponente del Governo ne parla durante la conferenza stampa di anticipazione del Rapporto Svimez, la notizia potrebbe avere implicazioni politiche importanti, perché il dibattito serio sulla nascita delle Macroregioni (quella del Mediterraneo centro occidentale ed quella Orientale) presuppone una modifica costituzionale sulle competenze delle le Regioni e delle le aree vaste, riorganizzate per il raggiungimento di una nuova efficacia della governance interistituzionale, in una visione federalista degli Stati Uniti d’Europa.
Ma, a parte la difficoltà di avviare in Europa una riforma politica che rafforzi l’Euro e la politica fiscale, la stessa Ministra Lezzi sottovaluta quanto bolle in pentola nelle commissioni parlamentari o in stanze più ristrette per delineare e soddisfare la richiesta di alcune regioni del Nord compresa L’Emilia e Romagna, di più autonomia e di più competenze a partire dalla istruzione.
I criteri di riassegnazione delle risorse prevedono un tacito accordo che invece di riconoscere una equità e comparabilità degli standard di infrastrutture e servizi, parta dallo stato attuale per cristallizzare l’attuale divario e sancire che i diversi livelli di qualità e quantità degli standard sono anche una misura del tipo di domanda che viene dalla popolazione.
Pertanto, le regioni che hanno una capacità fiscale maggiore possono diminuire il loro contributo alle altre regioni per il solo fatto che anch’esse devono migliorare le performance dei propri standard di servizi. Esse devono attingere al loro risparmio fiscale. Si cristallizza, così, il divario e non tengo conto che è tutto il sistema paese che deve essere messo in recupero della produttività totale dei fattori e che al Mezzogiorno deve essere data la possibilità di partecipare al gioco delle nuove autonomie e delle nuove competenze.
Ecco, se la Ministra è consapevole, la battaglia costituzionale potrebbe avere una prospettiva per la politica del riequilibrio dell’efficacia della governance delle regioni e delle aree vaste e del Mezzogiorno in particolare, che invece a breve diventerà la ferita profonda per la incapacità del sistema Italia di affrontare il divario nord- Sud così come delineato da Giannola nel rapporto Svimez.
La raccomandazione da fare, allora, è quella di non continuare ad ipotizzare la doppia produttività e la doppia politica dei redditi tra nord e sud dell’Italia e dell’Europa, ma ispirarsi al principio della cipolla come organizzazione sociale sana. Quando è sana la cipolla può essere tagliata guardando alla sua omogeneità come principio che rasserena sull’esito della sua efficacia. Per il Paese è un modo per dire che non è possibile pensare di poter avvantaggiare ancora solo una parte di esso lasciando marcire l’altra parte, questa visione sarebbe miope e di breve respiro culturale, e come la cipolla puzzerebbe di marcio anche durante il cucinare.

 

Il ruolo della pasta nella struttura del menù italiano

 

Oggi la pasta è servita come primo, dopo l’antipasto. Ma non è stato sempre così. Il menù era profondamente diverso. Comincia a variare nella seconda metà nell’Ottocento. Precedentemente, nei pranzi nobiliari la pasta non aveva un ruolo fisso. Il pranzo era suddiviso in quattro portate principali: antipasti, lessi, fritti e frutta. A loro volta queste portate comprendevano 4 o 5 piatti differenti. Così troviamo, con Romoli, le pappardelle alla romana servite con la frutta, che di per sé conteneva piatti dolci (i moderni dessert). Ma troviamo anche i maccheroni risolati alla fiorentina nella sezione del fritto.
La pasta inizia ad acquisire maggiore importanza verso la fine del Settecento, conquistando il ruolo di entrée (l’apertura del pranzo) con la fine dell’Ottocento. Ce lo riporta il libro di anonimo il Cuoco piemontese. Nelle famiglie napoletane benestanti, viene servita almeno tre volte a settimana. Quando non vi è la portata della pasta il suo ruolo trova sostituzione con altre ricette (da uno o due piatti).
Artusi testimonierà questa nuova importanza con uno schema di menù, dove il primo piatto consiste in una minestra di pasta. Anche se non è denominata pastasciutta, la posizione predominante è comunque conquistata.

 

Paolo Pantani: Allargare il processo di partecipazione decisionale

 

In queste pagine presentiamo alcuni degli interventi al Convegno del 7 settembre 2018 presso la Stazione Marittima del porto di Napoli in occasione della presentazione del libro “Per la Macroregione de Mediterraneo occidentale” dei professori Renato D’Amico e Andrea Piraino (Franco Angeli, editore). L’appuntamento è stato organizzato da Paolo Pantani, presidente emerito di Acli Beni Culturali, Stanislao Napolano, presidente dell’Associazione Carlo Filangieri, Giordano Editore e quotidiano online Il Denaro.it.

 

>>> Intervento di Paolo Pantani

La Macroregione è uno strumento comunitario approvato dalla Comunità Europea, nato con lo scopo di favorire la partecipazione al processo decisionale non solo degli stati ma anche delle regioni, degli enti locali e della società civile in aree circoscritte dello spazio europeo.

Gli interventi concordati in ambito Macroregionale possono essere sostenuti dai fondi strutturali e da investimenti europei per affrontare le sfide comuni relative ad una determinata area geografica. Gli stati di una determinata macroregione possono appartenere oppure no all’Unione Europea.

Nel 2009 venne istituita la prima macroregione denominata Regione del Mar Baltico, nel 2010 la regione del Danubio, nel 2014 l’Unione europea per l’Adriatico e Ionio ed infine nel 2015 venne istituita la macroregione Alpina:

La strategia UE per la Macroregione del Mar Baltico (EUSBSR) ha tre obiettivi principali: salvaguardare il mare, potenziare le infrastrutture per migliorare i collegamenti all’interno della macroregione e accrescere il benessere dei cittadini, anche combattendo la criminalità organizzata.

La strategia UE per la Macroregione del Danubio (EUSDR) ha quattro ambiti prioritari: promuovere i collegamenti nella regione del Danubio; proteggere l’ambiente; creare prosperità e rafforzare la regione anche dal punto di vista della sicurezza.

La strategia UE per la Macroregione Adriatica e Ionica (EUSAIR) promuove una crescita sostenibile in termini economici e sociali della regione adriatico-ionica, supportando al contempo il processo di integrazione dei paesi balcanici dell’area. La Strategia riguarda principalmente le opportunità dell’economia marittima: trasporti mare – terra, protezione dell’ambiente marino, turismo sostenibile e connettività in campo energetico.

La strategia UE per la Macroregione alpina (EUSALP) interessa quattro ambiti di intervento. Il primo è quello di crescita economica e innovazione, ad esempio mediante attività di ricerca su prodotti e servizi specifici della regione alpina; poi connettività e mobilità, con il miglioramento della rete stradale e ferroviaria e l’espansione dell’accesso a Internet via satellite nelle aree remote. Seguono interventi nel campo di ambiente ed energia, con la messa in comune delle risorse per salvaguardare l’ambiente e la promozione dell’efficienza energetica nella regione.

Sull’esperienza di queste quattro macroregioni è nata l’idea di proporre la costituzione della Macroregione Mediterranea Centro-Occidentale.
Con la revisione delle reti di Trasporto TEN-T (Trans-European Networks–Transport), prevista nel 2021 e la revisione del Regional Transport Action Plan (RTAP 2021-2026) si potrebbe formalizzare il piano di integrazione tra la Rete di Trasporto TEN-T e la Rete di Trasporto Trans-MED (TMN-T). Tali accordi dovrebbero creare le condizioni non solo per il completamento nei tempi stabiliti degli interventi previsti sia nel Sud Europa che nel Nord Africa, ma anche per la realizzazione dell’Afrotunnel di Gibilterra e del collegamento stabile nello Stretto di Messina, realizzati nel rispetto delle Specifiche Tecniche di Interoperabilità Europee e nella pianificazione del loro uso in esercizio.

Insieme a nuove opportunità di lavoro, le nuove infrastrutture sarebbero trainanti per implementare la integrazione al processo di globalizzazione del commercio mondiale, nonché di tenere conto dell’inarrestabile aumento demografico del continente africano nei prossimi decenni.

La nuova Macroregione Mediterranea Centro-Occidentale (MMCO) potrebbe avere i seguenti obiettivi:

  • Salvaguardare il mare Mediterraneo;
  • Promuovere la reciproca conoscenza e socializzazione tra i popoli;
  • Promuovere una crescita sostenibile in termini economici, sociali e culturali in tutta l’area sia nelle regioni del sud Europa che in quelle del nord Africa (istruzione superiore e ricerca);
  • Migliorare le infrastrutture stradali e ferroviarie, dei porti, degli interporti e degli aeroporti per creare un Sistema integrato e nuove opportunità di sviluppo che riducano la necessità di migrazione;
  • Sviluppare e gestire un piano condiviso di utilizzo delle energie alternative (piano solare del mediterraneo, eolico, ecc.);
  • Sviluppare e gestire un comune sistema di protezione civile e controllo delle migrazioni;
  • Combattere la delinquenza comune e organizzata.

Le attività di cooperazione in atto tra i paesi dell’Unione per il Mediterraneo potrebbero favorire la creazione della Macroregione Mediterranea Centro Occidentale con lo scopo di allargare il processo di partecipazione decisionale tra gli stati anche alle regioni, agli enti locali, alla società civile.

 

Pietro Trabucchi – Resisto dunque sono

 

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Noi siamo costruiti per convivere quotidianamente con lo stress. A questo scopo possediamo dentro di noi, come un dono, un insieme di risorse che abbiamo ereditato dal passato e che costituiscono la nostra «resilienza». Ed è la resilienza la norma negli esseri umani, non la fragilità; la resilienza psicologica, ovvero la capacità di persistere nel perseguire obiettivi difficili, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà che ci si presentano.

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Polly Morland – Come prendere decisioni

 

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La nostra è una società sempre più avversa al fattore rischio, un concetto spesso associato agli sport estremi o alle azioni di certi avventurieri della finanza e dell’imprenditoria. Tuttavia gran parte degli psicologi concorda che l’attenzione eccessiva verso la «sicurezza» ha prodotto una generazione di adulti ansiosi e privi di fiducia in se stessi. In Come prendere decisioni Polly Morland traccia nove spaccati di vita reale.

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Anna Del Sorbo: Adeguare i modelli di governance alla competizione

 

In queste pagine presentiamo alcuni degli interventi al Convegno del 7 settembre 2018 presso la Stazione Marittima del porto di Napoli in occasione della presentazione del libro “Per la Macroregione de Mediterraneo occidentale” dei professori Renato D’Amico e Andrea Piraino (Franco Angeli, editore). L’appuntamento è stato organizzato da Paolo Pantani, presidente emerito di Acli Beni Culturali, Stanislao Napolano, presidente dell’Associazione Carlo Filangieri, Giordano Editore e quotidiano online Il Denaro.it.

 

>>> Intervento di Anna Del Sorbo*

La creazione di una quinta macroregione, quella del Mediterraneo Occidentale, è ipotizzata non solo come un proseguimento di esperienze già in atto a partire dal 2009, con le creazioni della Baltica, della Danubiana, della Adriatico-Jonica e della Alpina, ma anche come uno strumento di una strategia di grande respiro.
Il futuro dell’Europa delle comunità territoriali, il recupero del rapporto tra cittadini e istituzioni, si coniuga in questo caso con la ricerca di una più completa identità europea.
Con la piena valorizzazione, finalmente!, dell’Europa Mediterranea attraverso un dialogo più stretto e strategie di crescita più interagenti e integrate con i Paesi della sponda Sud. Nella consapevolezza, come ricorda il Professor Piraino, che appena un terzo dei cinquecento milioni di abitanti dell’area mediterranea sono cittadini dell’Unione Europea. Da imprenditrice e rappresentante del mondo associativo, sono molto interessata a prospettive che favoriscano lo sviluppo economico e sociale attraverso nuove forme di dialogo territoriale, che facciano leva su esigenze comuni.
L’ Italia piattaforma naturale del Mediterraneo ed in modo principale le regioni del Sud sono strategiche per l’economia del mare.
I campi di intervento su cui in linea prioritaria si potrebbe trovare un terreno fertile per le strategie cooperative sono stati indicati nella blue e nella green economy, nell’economia soft e slow, nella cultura e nell’istruzione, nel turismo, nell’energia, e naturalmente nella ricerca e nell’innovazione.
Per la Green Economy con la normativa in vigore dell’IMO si parla di una riconversione di oltre 7000 navi tra installazione di Scrubber e Ballast Water Management System.
Comprendiamo bene che dinanzi a queste enormi opportunità, il ruolo della supply chain di Big Player-attori di questo cambiamento- è veramente centrale.
Ritengo che la vera sfida sarà far credere le nostre PMI, sia in termini di sinergie creando reti dia in termini di competitività attraverso processi di innovazione ed internazionalizzazione.
Sono piste che stiamo cercando di percorrere con sempre maggiore determinazione anche sulla nostra scala locale campana e che, proprio per questo, per avere cioè già avviato iniziative specifiche, sappiamo bene debbano essere rilanciate su una dimensione più vasta.
Ricordo, ad esempio, che proprio in Campania è stato costituito il Cluster Tecnologico Nazionale BIG – Blue Italian Growth. Per la Blue Ecomomy, in pratica, è stata costituita una piattaforma di dialogo tra sistema pubblico della ricerca e le imprese, con funzioni di coordinamento tra ricerca pubblica e ricerca privata, tra governo e politiche territoriali.
Il Cluster BIG, pur in un ambito di riferimento territoriale e istituzionale ancora delimitato, è comunque espressione del tentativo di rompere schemi, di aggregare funzioni, di promuovere uno sviluppo che parta da esigenze e potenzialità di sviluppo concrete, dalle vocazioni dei territori.
Ricordo, al riguardo, che la filiera della cosiddetta “Economia del Mare” che rappresenta il 2% del PIL nazionale, è di grande interesse strategico per l’economia del Paese, ed in particolare del Mezzogiorno, generando un valore aggiunto in Italia pari a 44,4 miliardi di euro di cui 14,7 miliardi di euro originati nel Mezzogiorno (circa il 33%; dati SRM Società Studi e Ricerche del Mezzogiorno).
Lo sviluppo ulteriore di questa filiera è evidentemente collegato alla capacità della Campania, del Mezzogiorno continentale e insulare, di potenziare business ma anche e soprattutto individuare temi e valori comuni con altre aree del Mediterraneo.
La crisi delle regioni da una parte, e dall’altra il declino di un modello d’Europa accentratrice, normativo burocratica, vincolistica e scollegata dai territori è un dato che avvertiamo quotidianamente e che ha come contraltare il rilancio dei nazionalismi.
La prospettiva di soluzioni nuove che sappiano riavvicinare la politica ai problemi della gente e alle esigenze del mondo produttivo, a partire dalle piccole e medie imprese che ne rappresentano così tanta parte in Italia e in Europa, non può che intrigarci e renderci disponibili a ogni forma di collaborazione concreta, basata su strategie, programmi e azioni.
Come Confindustria siamo convinti che la strada per lo sviluppo non possa prescindere da un modello di crescita che recuperi il valore trainante dell’impresa, al servizio di una società inclusiva, che promuova lavoro qualificato e produttivo, che riconfiguri gli iter formativi, che non trascuri impegni e responsabilità e sappia pertanto perseguire anche una graduale riduzione del debito pubblico.
Ma per cogliere questi obiettivi c’è bisogno anche di modelli di governance adeguati alle esigenze della moderna competizione. In tal senso, l’idea di Macroregioni che superino i confini nazionali, che siano concepiti sulla base di funzioni e non si risolvano dunque nella sovrapposizione di nuove istituzioni, è di sicura suggestione, al di là dei risultati dei tentativi finora attuati.
C’è tuttavia bisogno di farle marciare concretamente, tanto più che per la loro operatività sono comunque indispensabili percorsi e intese istituzionali. Il mondo dell’impresa è da sempre impegnato a misurarsi su obiettivi pragmatici ma – e lo abbiamo dimostrato ancora una volta con le Assise di Verona – sa anche che per creare sviluppo serve una vision, avere chiare le direttrici di marcia per quella che dovrà essere la nostra società nel prossimo futuro.
Su queste basi, siamo pronti a fornire ogni possibile contributo che vada nella direzione auspicata.

 

Anna Del Sorbo, presidente del gruppo Piccola Industria dell’Unione Industriali di Napoli. “La Macroregione del Mediterraneo Occidentale e l’interesse degli industriali campani”.