Sit tibi terra levis. In morte di Giovanni Molonia, storico

Se ne è andato Giovanni Molonia, intellettuale messinese generoso e sagace. Per più di un quarantennio si è occupato di recupero, conservazione e studio delle memorie storiche del territorio peloritano di cui è stato qualificato, attento e meticoloso cultore e divulgatore. È una grave perdita per Messina e per tutti gli studiosi messinesi e non, cultori di storia locale, che, con la sua morte, perdono un importante e significativo punto di riferimento.
Saro Abate
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Giovanni Molonia ci ha lasciato, ma i giganti come lui muoiono soltanto fisicamente perché l’immortalità l’hanno raggiunta con le loro opere. Ci sarà in ogni tempo qualcuno che vedrà un suo articolo di giornale, un libro, un saggio, un catalogo, e in quel momento la morte sarà sconfitta, per sempre.
Nino Principato
Lutto a Messina, è morto lo studioso Giovanni Molonia

Uomo che ha letto tutti i libri, Giovanni è stato uno studioso anomalo, atipico, direi unico nel panorama degli intellettuali messinesi. Lo caratterizzava la refrattarietà a ogni genere di protagonismo, l’assoluta mancanza dell’autoreferenzialità tanto di moda tra coloro che si ritengono dotti, la curiosità infinita verso ogni aspetto della storia della nostra città, l’incredibile abilità nel compulsare archivi, biblioteche, fondi librari pubblici e privati, e mettere in relazione tra loro fonti e notizie di diversa origine e provenienza. Le sue schede su fatti e personaggi della storia messinese erano puntuali monografie in cui non veniva trascurato alcun dato, alcun aspetto della materia trattata. È stato, Giovanni, uno studioso d’altri tempi, al pari degli eruditi messinesi otto-novecenteschi (La Corte Cailler, Arenaprimo, Grosso Cacopardo, Puzzolo Sigillo e altri) da lui tanto amati, i cui scritti in sommo grado padroneggiava.
Sergio Todesco
In ricordo di Giovanni Molonia, l’uomo che ha letto tutti i libri

Io piango semplicemente l’amico. I libri che ha scritto in tutti questi anni parlano per lui. Il mio sentimento? Mi sento ancora più solo di quanto già non fossi. Sit tibi terra levis.
Sergio Bertolami

Un master sullo “Sviluppo economico sostenibile nell’area mediterranea”

Il master internazionale MBA ‘SED MED’ opera su tre assi principali di azione:
– approfondisce alcuni dei temi che emergono dal dibattito attuale delle “energie economiche in atto” e delle istanze delle comunità e dei territori dell’area mediterranea;
– apre a una visione innovativa di integrazione e coordinamento dei sistemi di gestione pubblici e privati sui temi più cogenti che riguardano i settori dello sviluppo economico sostenibile e della “crescita blu”;
– si pone in linea con le direttive europee che riguardano anche la costituzione di una “Macroregione Mediterranea” capace di sciogliere e connettere i flussi per esprimere quel potenziale finora in gran parte inespresso in termini economici, sociali e culturali.

MIC Faenza: Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America

AZTECHI, MAYA, INCA e le culture dell’antica America
MIC (Museo Internazionale delle Ceramiche), Faenza
11 novembre 2018 – 28 aprile 2019
Mostra a cura di Antonio Aimi e Antonio Guarnotta

WEBSITE DELLA MOSTRA

A Faenza, la spettacolare mostra che il MIC Museo Internazionale delle Ceramiche dedica a “Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America” (dall’11 novembre al 28 aprile prossimi, a cura di Antonio Aimi e Antonio Guarnotta) stupirà i visitatori non  soltanto per la strepitosa bellezza e raffinatezza  delle ceramiche esposte – veri e proprio capolavori d’arte – ma anche per i molti, curiosi spunti di  approfondimento che arricchiscono l’esposizione.

Uno dei più curiosi riguarda l’invenzione del gioco con la palla, che può essere considerato progenitore del nostro calcio e di tutti gli sport in cui si usa una palla che rimbalza.Infatti negli altri giochi dell’antichità e degli altri continenti che potrebbero rivendicare un legame analogo si usavano palle che non rimbalzavano.

Lo illustra, nel catalogo edito da Silvana che accompagna la mostra, Antonio Aimi. “Il gioco della palla – scrive Aimi – era presente in molte culture dell’antica America, dalla Mesoamerica alle Ande Meridionali, dall’Area Intermedia all’Amazzonia, ma non nell’Area Peruviana. Quello praticato nella Mesoamerica  può essere considerato il gioco a squadra più antico del mondo, che aveva una centralità sconosciuta altrove e che ha lasciato monumenti impressionanti (il campo da gioco di Chichen Itza è lungo 168 metri) e paraphernalia straordinari.

Il gioco della palla poteva essere praticato – continua il prof. Aimi – in spazi aperti o in costruzioni apposite, gli sferisteri, strutture allungate a forma di “I”, che erano delimitati o da bassi muretti o da grandi costruzioni con pareti inclinate o verticali, in cui, a partire dall’Epiclassico, erano inseriti degli anelli. Il terreno degli sferisteriera diviso a metà dai marcadores che delimitavano il campo di ogni squadra. Il gioco era la reiterazione di eventi dei miti cosmogonici di cui erano stati protagonisti gli eroi culturali e gli stessi dei….

Pur essendo nato come rituale religioso, nel corso del tempo il gioco della palla acquisì sempre più una componente profana, tant’è vero che le cronache riferiscono che alla vigilia della Conquista le partite erano accompagnate da un “tifo” appassionato e da numerose scommesse”.

Ma come si svolgevano quelle partite? I palloni usati erano più piccoli degli attuali. Il loro diametro non superava i 15 centimetri. La palla  poteva essere colpita solo con le anche, le cosce o le ginocchia e ogni squadra doveva rinviare la palla nel campo degli avversari senza farla uscire dallo sferisterio, né farle toccare il terreno. Vinceva chi, commettendo meno errori, arrivava a totalizzare per prima un determinato punteggio.

Ma quelle antiche partite anticipano anche altri sport di oggi. ad esempio la pallacanestro. Se, infatti, nel corso delle partite   una squadra riusciva a far passare la palla attraverso gli anelli, che, a partire dal Postclassico erano stati collocati ai lati del campo, vinceva ipso facto la partita.

“Nel corso di circa 3000 anni di storia mesoamericana si sono sviluppate –sottolinea l’esperto – diverse varianti del gioco. Nella regione dell’Oaxaca si usava una palla di piccole dimensioni che veniva lanciata con guanti pesanti, nell’Area Maya si giocava anche con una palla di grandi dimensioni (circa un metro di diametro) fatta, probabilmente, di una pelle gonfiata. A Teotihuacan, la grande metropoli che dominò la Valle del Messico durante il Periodo Classico, pare che esistessero anche altri due modi di giocare. Il primo prevedeva di colpire la palla coi piedi, il secondo con una mazza e veniva praticato in un terreno aperto delineato da marcadores verticali, mobili e componibili, che, una volta assemblati, sembravano colonne sormontate da una sfera e da un cerchio”. Come a dire, nulla di nuovo sotto il sole dello sport!.