Macroregione Mediterranea e lotta alla criminalità

di Paolo Pantani

La lotta alla criminalità nel Mediterraneo è lotta internazionale soprattutto al traffico di stupefacenti, al traffico di esseri umani e in primo luogo lotta alle mafie e ai reati finanziari e alla corruzione.La lotta al traffico di stupefacenti è una lotta che riguarda soprattutto  il controllo delle rotte marittime e aeree. I sequestri non sono sufficienti a stroncare il traffico.Bisogna intervenire a livello internazionale per rendere comuni le legislazioni più avanzate a tutta l’area mediterranea, soprattutto per il riconoscimento del reato di associazione di tipo mafioso, l’italiano art. 416 bis, e per l’estensione delle leggi consequenziali sul sequestro dei patrimoni mafiosi. Per quanto riguarda  la lotta al traffico di esseri umani, presente inLibia, Tunisia, Turchia, Marocco e in gradi estensioni di territorio sub-sahariano e sahariano, ci vogliono accordi internazionali euro-mediterranei e centro africani. Il nostro Macroassessorato stimola gli Stati interessati alla massima cooperazione. Il dovere dell’accoglienza ai migranti non può conciliarsi con l’assenza di azioni di lotta al traffico infame di esseri umani.Con questi tassi di natalità e con l’apertura di conseguenti nuovi mercati, solo le politiche di sviluppo in loco consentono una crescita equilibrata e del resto bisogna sviluppare le azioni politiche e le repressioni di repellenti traffici di migranti.

Bisogna dare voce alle organizzazioni impegnate nella apertura dei corridoi umanitari. Non possiamo solo accogliere. Bisogna che esercitiamo il dovere etico della responsabilità politica difronte a questi drammi epocali. Anche questo è impegno cristiano. Diceva Paolo VI che la politica è la più alta forma della Carità. E soprattutto occorre concordare una forza di polizia internazionale per reprimere le organizzazioni di trafficanti sulle sponde africane e turche.Naturalmente bisogna sviluppare in ambito macroregionale la lotta alla corruzione e alla criminalità finanziaria.

La Brexit ha reso Malta un nuovo centro della finanza mondiale. Ci sono segnali di gravi episodi di criminalità mafiosa a Malta. La giornalista e blogger Daphne Caruana Galizia è stata uccisa a Bidnija, nell’isola di Malta, da una bomba che ha fatto saltare in aria la sua auto il 18 ottobre 2017. Le indagini sono puntate sulla mafia ed emergono sempre più legami con i trafficanti di petrolio libico nell’isola che sta diventando l’isola del riciclaggio. Non possiamo consentire che La Valletta diventi la città più ricca e malfamata al mondo, come Port Royal in Giamaica, al tempo dei pirati. La sorella Repubblica di Malta, la quale è membro  sia della Unione Europea e  sia del Commonwealth delle ex colonie britanniche, deve predisporre al più presto la stessa legislazione italiana sulla corruzione e sulla mafia.

La Macroregione Mediterranea ha, nella sua missione, l’impegno di sviluppare la lotta alla criminalità. I legislatori del Trattato di Lisbona hanno avuto lungimiranza di definire questo obiettivo. Il Mediterraneo ha conosciuto piraterie e contrabbando. Ora  con la Macroregione Mediterranea non possiamo consentirci di ritornare a queste barbarie, in tempi che dovrebbero essere più gentili, civili, progrediti e democratici, in sostanza, più Civicratici.    

Mudec Milano – Paul Klee. All’origine dell’arte

La mostra Paul Klee. Alle origini dell’arte, a cura di Michele Dantini e Raffaella Resch, presenta un’ampia selezione di opere di Klee sul tema del “primitivismo”, con un’originale revisione di questo argomento che in Klee include sia epoche preclassiche dell’arte occidentale (come l’Egitto faraonico), sia epoche sino ad allora considerate “barbariche” o di decadenza, come l’arte tardo-antica, quella paleocristiana e copta, l’Alto Medioevo; sia infine l’arte africana, oceanica e amerindiana.

Il concetto di “primitivismo” in Klee assume connotazioni diverse rispetto a quelle comunemente utilizzate a proposito delle avanguardie storiche. L’interesse per tutto quanto, in arte, è “selvaggio” e “primitivo” si desta in Klee in coincidenza con il suo primo viaggio in Italia e la scoperta dell’arte paleocristiana a Roma, tra l’autunno del 1901 e la primavera del 1902.

In seguito al viaggio in Italia Klee si considererà un “epigono”: vale a dire ultimo nato, erede tardivo di un’illustre civiltà giunta al tramonto. E questa conclusione non lo abbandonerà mai in seguito, spingendolo a trasformare, come lui stesso racconta nei Diari, la delusione in “stile”. Ha origine qui, da un’esperienza in parte dolorosa al cospetto dell’Antico, la propensione di Klee alla beffa e al pastiche. L’artista cerca in opere d’arte “primitive” e in repertori desueti quell’arte della deformazione, o “satira in Grande Stile”, che gli permette di infrangere il gusto monumentale e anticheggiante entro cui si era formato a Monaco.

Klee è un grande conoscitore della storia dell’arte occidentale in tutta la sua ampiezza e varietà. Pressoché in ogni momento della sua attività istituisce rapporti nuovi e inattesi con questa o quella componente della tradizione e si nutre di memorie figurative, in modo non nostalgico. Per necessità insieme storica e di temperamento, l’omaggio si intreccia in lui intimamente alla parodia.Pari all’interesse per la caricatura, che evolve in lui rapidamente in direzioni diverse e più complesse della semplice vignetta da foglio di giornale, è l’interesse per il rinnovamento dell’arte sacra, sviluppatosi in particolare a partire dagli anni in cui Klee collabora alle iniziative del Blaue Reiter con Kandinskij e soprattutto con Franz Marc. Klee è convinto che alle origini dell’arte ci sia una religione, un “popolo” o una comunità storica e linguistica provvista di simboli comuni e riti condivisi.

Ed è convinto che occorra oltrepassare le iconografie tradizionali. A partire dal 1912-1913 Klee dissemina le proprie immagini di ideogrammi, rune o elementi “alfabetici” di invenzione. Si sforza di rinviare l’osservatore al processo che sta dietro l’immagine; di sollecitare in lui domande attorno al senso di ciò che vede; di indurlo a leggere e decifrare con attenzione. Guarda all’arte bizantina, all’arte celtica, ovviamente all’illustrazione primo-rinascimentale tedesca per trovare precedenti di un’arte (per lo più sacra) intimamente congiunta alla parola e alla “rivelazione”. In seguito, negli anni Venti e Trenta, il suo interesse per l’epigrafia si nutre di riferimenti agli antichi alfabeti cuneiformi medio-orientali e alla geroglifica egizia. È durante gli ultimi anni della Grande Guerra che Klee vive una sorta di “conversione”, che lo porta a privilegiare temi “cosmici” e a distaccarsi dalle attitudini parodistiche mostrate in precedenza. Klee, in questa fase, immagina di abitare presso “il cuore della Creazione”, vicino alla mente di Dio, e l’arte diventa archetipo, formula di tutte le cose esistenti. I suoi modelli, validi ancora negli anni Venti e Trenta, sono l’illustrazione tedesca tardo-medievale, le miniature celtiche o mozarabiche o l’arte del tempo della «migrazione dei popoli».

Il quadro (o ancor più il disegno) si trasforma in una sorta di pagina di diario “metafisica”: l’opera non si osserva più o meno fuggevolmente, ma “si legge” a vari livelli, come una sorta di partitura musicale. L’artista concepisce l’arte in modo nuovo, “mistico” appunto, in un rapporto indissolubile tra pittura e musica, immagini e parole.
Le sezioni in cui verrà suddivisa la mostra racconteranno questo processo di formazione artistica. Dalla caricatura al periodo in cui Klee si definisce anche “illustratore cosmico”; a un primitivismo di tipo “epigrafico”, la cui sezione di riferimento non a caso verrà intitolata “alfabeti e geroglifiche d’invenzione”.

Una sezione sarà dedicata al teatrino di marionette che Klee aveva costruito per il figlio Felix, a testimonianza del suo interesse per l’espressività infantile e quindi per le origini primordiali dell’arte che l’autore, coerentemente con il suo tempo, riteneva dovessero cercarsi nelle espressioni artistiche di alcune popolazioni di interesse etnografico. Insieme a esemplari di marionette verrà presentata una selezione delle opere etnografiche del MUDEC. I manufatti extraeuropei, lungi dal fornire un elemento di comparazione diretta con i lavori di Klee, riferiscono di come l’artista si sia avvicinato, abbia corrisposto con l’universo fantastico, antropologico e stilistico delle arti extraeuropee.

Infine, la sezione dedicata a “policromie e astrazione”designa un diverso insieme di opere, caratterizzate, oltreché dal rigoroso disegno geometrico per lo più associato a motivi architettonici, dalla trasparenza di differenti velature di colore.
Klee viene quindi presentato sia attraverso le sue opere astratte e policrome, conosciute e amate dal grande pubblico, sia attraverso i suoi meno noti lavori caricaturali; al tempo stesso, puntuali ricerche sulle fonti, sui repertori iconografici e formali e sui documenti testuali danno conto della complessità del sostrato culturale dell’artista, della vastità della sua produzione e dell’ampiezza delle tecniche da lui utilizzate.